Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-03-2012, n. 3515 Notificazione degli atti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con tre ricorsi alla commissione tributaria provinciale di Bari la società ME.CO.M Meridionale Costruzioni Meccaniche Spa. proponeva opposizione avverso cinque cartelle di pagamento, che la società S.E.S.I.T. Puglia, concessionaria del servizio di riscossione tributi, le aveva fatto notificare ai fini delle imposte, due per Irpeg ed Ilor per gli anni 1992-93, e tre per Iva relativa alle stesse annualità ed al 1994, con l’applicazione delle relative sanzioni, oltre agli interessi. Questa deduceva che gli atti esecutivi non erano stati regolarmente notificati, come pure i prodromici avvisi di accertamento; non erano muniti della necessaria motivazione; l’ufficio era incorso in decadenza per non avere iscritto tempestivamente le imposte a ruolo, nè le cartelle erano state emesse nel termine previsto; le sanzioni erano prescritte, e pertanto chiedeva l’annullamento di quegli atti.

Instauratosi il contraddittorio, l’ente impositore e l’esattoria eccepivano l’infondatezza dei ricorsi, in quanto la notifica degli atti era stata sempre tentata nella sede della società indicata a (OMISSIS), risultata però "fittizia", e poi in quella di (OMISSIS) a mani di soggetto dichiaratosi legale rappresentale o incaricato alla ricezione della corrispondenza, tale P.C., senza dire che poi in definitiva la pretesa nullità era stata sanata col raggiungimento dello scopo degli atti notificatori.

Quella commissione, in accoglimento dei ricorsi, riunitili, annullava quelle cartelle.

Avverso la relativa decisione l’agenzia delle entrate proponeva appello principale e la Sesit Puglia a sua volta quello incidentale condizionato, cui la contribuente, dal suo canto, resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Puglia stessa, la quale li accoglieva, osservando che gli avvisi di accertamento erano stati notificati, come pure le cartelle di pagamento, e che comunque l’eventuale irregolarità era stata sanata dalla tempestiva conoscenza degli atti da parte della contribuente, che aveva impugnato gli atti esecutivi, posto che le norme processualcivilistiche al riguardo devono intendersi estese anche per la sanatoria degli atti amministrativi in materia tributaria, mentre nessuna decadenza si era verificata per l’iscrizione a ruolo delle imposte.

Contro questa pronuncia la società Mecom ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a otto motivi, ed ha depositato memoria, mentre l’agenzia delle entrate non si è costituita e la società E.TR. Esazione Tributi Spa., incorporante della Sesit, resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1) Col primo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, in quanto la CTR non riportava la concisa esposizione del fatto e delle ragioni poste a base del giudizio nella sentenza impugnata, che perciò è affetta da nullità.

Il motivo è infondato, atteso che il giudice di appello esponeva concisamente il fatto e le ragioni per cui disattendeva quelle addotte dall’appellata, pertanto non è dato riscontrare il vizio denunziato col motivo addotto. Invero il giudice, anche d’appello, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, ma è necessario e sufficiente, in base all’art. 132 cod. proc. civ., n. 4, che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 22845 del 10/11/2010, n. 10569 del 02/08/2001).

2) Col secondo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, giacchè il giudice di appello non considerava che le appellanti avevano impugnato la decisione di primo grado solo con riferimento alla notifica degli avvisi di accertamento e non anche delle cartelle, sicchè per tale verso essa era passata in giudicato (interno).

La censura non ha pregio, atteso che la sentenza impugnate riporta nella sua parte narrativa che l’ufficio di Bari dell’agenzia delle entrate aveva dedotto nel suo che "le cartelle erano state emesse legittimamente e ritualmente notificate" (….) e che le stesse "sono state notificate con vicende ex art. 140 cod. proc. civ.". Tali affermazioni in fatto costituiscono sostanzialmente rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’agenzia delle entrate e che la società aveva proposto nel giudizio davanti alla commissione tributaria regionale, deducendo che l’appellante non aveva impugnato l’unica "ratio decidendi" della sentenza di primo grado, la quale aveva dichiarato la nullità delle cartelle esclusivamente sulla base di quella relativa alla notificazione delle stesse (con conseguente infondatezza della denunzia di omessa pronunzia su tale eccezione). Quindi la sentenza della commissione tributaria regionale avrebbe dovuto essere impugnata o per revocazione (in ragione dell’errore di percezione sul contenuto dell’impugnazione avversaria), ovvero censurata in cassazione per erronea ed illegittima o comunque non motivata interpretazione dell’atto di gravame. Il ricorso qui in esame non ha invece contestato il contenuto attribuito all’atto di appello dalla sentenza impugnata e comunque non lo ha fatto in modo specifico e conforme al requisito dell’autosufficienza, nè ha formalizzato alcuna specifica censura al riguardo nei sensi già detti.

3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge, poichè il giudice di appello non delibava la questione relativa alla inammissibilità dell’appello incidentale della Sesit per tardività, dal momento che esso era stato proposto l’11.11.2004, sebbene quello principale dell’agenzia fosse stato notificato ad essa il 6.5.2004, e quindi ben oltre il prescritto termine di giorni 60, con la conseguenza che tutte le censure dell’esattoria non potevano essere proposte e la sentenza gravata per tal verso era passata in giudicato.

Anche per tale doglianza valgono le stesse considerazioni del motivo precedente, nel senso che esso è generico, dal momento che la ricorrente non ha specificato in ricorso dettagliatamente la parte del relativo atto di appello in cui avrebbe prospettato la censura alla CTR, violando perciò il principio dell’autosufficienza del gravame, oltre ad essere nuovo, perchè non prospettato al giudice di appello. Ma, a parte tale rilievo preliminare, essa comunque è infondata, posto che la concessionaria ben poteva al limite proporre impugnazione tardiva ex art. 334 c.p.c., atteso che l’appello dell’agenzia era tempestivo. Ciò va rilevato comunque – "ad abundantiam" – che il giudice del gravame rilevava esattamente per implicito che le doglianze della Sesit relative alla regolarità o sanatoria degli atti impositivi ed esecutivi, peraltro riportate nelle controdeduzioni afferenti alla costituzione in giudizio, e perciò tempestive, erano fondate. Infatti la sanatoria dei medesimi per raggiungimento dello scopo costituisce espressione di un principio di ordine generale applicabile sia agli atti processuali, per i quali è stato codificato, sia, in mancanza di impedimenti di carattere normativo o logico sistematico, a quegli atti di natura sostanziale che, come quelli di imposizione fiscale, per avere efficacia e consentire all’interessato l’impugnazione in sede giudiziaria, devono essere notificati. Quanto agli atti impositivi, in particolare, il principio trova applicazione sia che la nullità attenga alla notificazione dell’atto, sia che essa discenda dalla mancata o insufficiente indicazione del soggetto che lo ha emesso. Ne consegue che le nullità che traggano origine dalla mancata o inesatta indicazione del soggetto che ha emanato l’atto impositivo, che siano tali da indurre in errore circa la sua provenienza, sono sanate, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., dalla proposizione del ricorso nei confronti del soggetto che lo ha formato, legittimato a contraddire, come nella specie (V. pure Cass. Sentenza n. 7498 del 12/04/2005, Sezioni Unite: n. 19854 del 2004).

4) Col quarto motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che l’appellante agenzia aveva omesso di impugnare la sentenza nella parte in cui il primo giudice riteneva illegittime le notifiche delle cartelle di pagamento, mentre invece essa appellante proponeva soltanto la questione con riferimento agli atti prodromici di accertamento, con la conseguenza che in tal modo la relativa pronuncia era passata in giudicato, sicchè il giudizio del giudice del gravame attinente alla pretesa regolarità delle notifiche degli atti impositivi comunque non poteva avere riflessi su quelli successivi dell’esazione.

Il motivo rimane assorbito da quanto più sopra enunciato.

5) Col quinto motivo la ricorrente lamenta violazione; di norme di legge, poichè il giudice di appello disattendeva la questione relativa alla inammissibilità dell’appello incidentale della Sesit per carenza d’interesse e per tardività, dal momento che esso era stato proposto ben oltre quello per impugnare, peraltro scaduto persine per l’appello principale, con la conseguenza che tutte le censure dell’esattoria non potevano essere proposte e la sentenza gravata per tal verso era passata in giudicato.

Il motivo è generico, dal momento che la ricorrente non ha specificato in ricorso dettagliatamente la parte dell’atto di controdeduzioni in cui avrebbe prospettato la questione alla CTR, violando perciò il principio dell’autosufficienza del gravame. Ma, a parte tale rilievo preliminare, esso comunque è infondato, posto che il giudice del gravame rilevava esattamente per implicito che le doglianze della concessionaria relative alla regolarità o sanatoria degli atti impositivi ed esecutivi, peraltro riportate nelle controdeduzioni afferenti alla costituzione in giudizio, e perciò tempestive, erano fondate. Infatti la sanatoria degli atti per raggiungimento dello scopo costituisce espressione di un principio di ordine generale applicabile sia agli atti processuali, per i quali è stato codificato, sia, in mancanza di impedimenti di carattere normativo o logico sistematico, a quegli atti di natura sostanziale che, come gli atti di imposizione fiscale, per avere efficacia e consentire all’interessato l’impugnazione in sede giudiziaria, devono essere notificati. Quanto agli atti impositivi, in particolare, il principio trova applicazione sia che la nullità attenga alla notificazione dell’atto, sia che essa discenda dalla mancata o insufficiente indicazione del soggetto che lo ha emesso. Ne consegue che le nullità che traggano origine dalla mancata o inesatta indicazione del soggetto che ha emanato l’atto imponitivo, che siano tali da indurre in errore circa la sua provenienza, sono sanate, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., dalla proposizione del ricorso nei confronti del soggetto che lo ha formato, legittimato a contraddire, come nella specie (V. pure Cass. Sentenza n. 7498 del 12/04/2005, Sezioni Unite: n. 19854 del 2004).

Peraltro la Sesit aveva interesse ad impugnare pure la sentenza di prime cure, posto che l’agenzia era rimasta soccombente e tale esito necessariamente avrebbe avuto riflessi negativi anche nella sua sfera di rapporti con l’ente impo-sitore oltre che con la contribuente.

6) Col sesto motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, e vizi di motivazione, in quanto la CTR non considerava che gli avvisi di accertamento erano stati notificati all’amministratore P.C. a (OMISSIS), e cioè in Basilicata, e non invece a (OMISSIS) presso la sede della società, sicchè la notifica era nulla e non poteva essere sanata dalla impugnazione delle successive cartelle di pagamento, per le quali peraltro l’iscrizione a ruolo era tardiva, posto che essa doveva effettuarsi semmai entro il secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento era divenuto definitivo, mentre era stata compiuta nel mese di novembre 2000.

La doglianza non ha pregio, dal momento che esattamente la CTR osservava che quegli atti impositivi ed esecutivi erano stati e-messi entro i termini previsti e prorogati, nonchè notificati al legale rappresentante della società, che poi li aveva tempestivamente impugnati, peraltro così sanando ogni eventuale vizio, con la conseguenza che le cartelle erano regolari.

Gli assunti sono esatti, posto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la proroga dei termini in scadenza al 31 dicembre 1998, prevista dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 9, comma 2, si applica anche alla notificazione della cartella esattoriale emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, tenuto conto del carattere ordinatorio del termine annuale previsto da quest’ultima disposizione, e della conseguente necessità di far riferimento, per la provenienza notifica, al termine per l’iscrizione a ruolo di cui al combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 1 e del D.P.R. n. 600, art. 43, comma 1 cit. (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 10987 del 13/05/2009, Sezioni Unite: n. 21498 del 2004). Peraltro nella presente la L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 9, comma 1, il quale prevede che i termini di decadenza per il controllo formale delle dichiarazioni presentate negli anni dal 1994 al 1998 sono fissati al 31 dicembre 2000, si applica anche alle dichiarazioni relative all’anno di imposta 1993, presentate nel 1994 (V. pure Cass. Sentenze n. 25578 del 04/12/2009, n. 10987 del 2009).

Inoltre la notifica era avvenuta a mezzo di persona che si qualificava come amministratore, senza che il messo dovesse prima accertarsi dell’effettiva sua condizione, per la quale semmai era onere della Mecom fornire la prova della mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio, peraltro tentato senza successo presso la sede della società. Invero la disposizione dell’art. 46 cod. civ., secondo cui, qualora la sede legale della persona giuridica sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della medesima anche quest’ultima, vale anche in tema di notificazione, con conseguente applicabilità dell’art. 145 cod. proc. civ.. Ne consegue che, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica presso la sede legale o quella effettiva, è sufficiente che il consegnatario sia legato alla persona giuridica stessa da un particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, eventualmente provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza.

Sicchè, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario o postale risulti in alcuna delle predette sedi la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede stessa, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere alle sue dipendenze, non era addetta neppure alla ricezione di atti, per non averne mai ricevuto incarico alcuno, onere tuttavia non assolto nella specie. Peraltro in mancanza di sede effettiva della Mecom a (OMISSIS) ben potevano i notificanti provvedere all’adempimento presso la residenza o domicilio dell’amministratore, ancorchè fuori Comune (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 12754 del 14/06/2005, n. 3620 del 2004).

7) Col settimo motivo la ricorrente denunzia violazione di norme di legge e vizi di motivazione, giacchè la CTR non considerava che ormai gli enti impositori erano incorsi in decadenza sia per l’iscrizione a ruolo che per l’emissione delle cartelle.

Il motivo rimane assorbito da quanto enunciato rispetto al precedente.

8) Con l’ottavo motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge, poichè il giudice di appello non considerava che la documentazione fornita dall’appellante era costituita da atti inseriti nel fascicolo dell’agenzia e non prodotti nè in primo nè in secondo grado, ma erano allegati al ricorso in appello, ed inoltre erano in parte diversi da quelli oggetto d’impugnazione nel presente processo, tanto che avevano numeri di ruolo differenti da quelli effettivamente in contestazione.

La censura ha dei profili di carattere nuovo relativamente alla difformità dei documenti, e sotto questo aspetto è inammissibile, anche se nel complesso è infondata, trattandosi di documenti che nel processo tributario possono essere prodotti anche in appello. Dal momento che nel processo tributario regolato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, atteggiantesì come tipico procedimento documentale, alla luce del fondamentale principio di specialità fatto salvo dall’art. 1 – in forza del quale nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria prevale quest’ultima – non può trasferirsi "tout court" l’esegesi dell’art. 345 cod. proc. civ., comma 3, in tema di produzione di documenti in appello, nel senso che tale disposizione fissa sul piano generale il principio dell’inammissibilità dei "nuovi mezzi di prova" e, quindi, anche delle produzioni documentali. Infatti l’art. 58 del nuovo processo tributario, oltre a consentire al giudice d’appello di valutare la possibilità di disporre "nuove prove" (comma 1), fa espressamente "salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti" (comma 2) (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 3611 del 20/02/2006, Sezioni Unite: n. 8203 del 2005).

Quindi in definitiva le doglianze della contribuente non riescono ad intaccare le valutazioni e considerazioni del giudice del gravarne, onde queste vanno complessivamente condivise, con il conseguente rigetto del ricorso.

Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore della controricorrente, e che liquida in complessivi Euro 100,00 per esborsi ed Euro 10.000,00 (diecimila/00) per onorario, oltre a quelle generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *