Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-03-2012, n. 3514 Notificazione degli atti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con tre ricorsi alla commissione tributaria provinciale di Bari la società ME.CO.M Meridionale Costruzioni Meccaniche Spa. proponeva opposizione avverso quattro cartelle di pagamento, che la società S.E.S.I.T. Puglia, concessionaria del servizio di riscossione tributi, le aveva fatto notificare ai fini delle imposte Irpeg ed Ilor per gli anni 1994-95, patrimoniale per le imprese 1994, e Iva 1995, con l’applicazione delle relative sanzioni, oltre agli interessi. Questa deduceva che gli atti esecutivi non erano stati regolarmente notificati, come pure i prodromici avvisi di accertamento; non erano muniti della necessaria motivazione; per qualcuno l’ufficio era incorso in decadenza per non avere iscritto tempestivamente le imposte a ruolo, nè le cartelle erano state emesse nel termine previsto; le sanzioni erano prescritte, e pertanto chiedeva l’annullamento quegli atti esecutivi.

Instauratosi il contraddittorio, l’ente impositore e l’esattoria eccepivano l’infondatezza dei ricorsi, in quanto la notifica degli atti era stata sempre tentata nella sede indicata di (OMISSIS) della società, risultata però "fittizia", e poi in quella effettiva di (OMISSIS) in Basilicata a mani di soggetti dichiaratisi rispettivamente amministratore o incaricato alla ricezione della corrispondenza, senza dire che poi in definitiva la pretesa nullità era stata sanata col raggiungimento dello scopo degli atti notificatori.

Quella commissione, in accoglimento dei ricorsi, riunitili, annullava gli atti esecutivi.

Avverso la relativa decisione l’agenzia delle entrate proponeva appello principale e la Sesit Puglia a sua volta quello incidentale, cui la contribuente, dal suo canto, resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Puglia stessa, la quale li accoglieva, osservando che gli avvisi di accertamento erano stati notificati, come pure le cartelle di pagamento, e che comunque l’eventuale irregolarità era stata sanata dalla tempestiva conoscenza degli atti da parte della contribuente, che aveva impugnato gli atti esecutivi, posto che le norme processualcivilistiche al riguardo devono intendersi estese anche per la sanatoria degli atti amministrativi in materia tributaria.

Contro questa pronuncia la società Mecom ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a otto motivi, ed ha depositato memoria, mentre l’agenzia delle entrate non si è costituita e la società E.TR. Esazione Tributi Spa., incorporante della Sesit, resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1) Col primo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, in quanto la CTR non riportava la concisa esposizione del fatto e delle ragioni poste a base del giudizio nella sentenza impugnata, che perciò è affetta da nullità.

La censura non ha pregio, atteso che il giudice di appello esponeva concisamente il fatto e le ragioni per cui disattendeva quelle addotte dall’appellata, pertanto non è dato riscontrare il vizio denunziato col motivo addotto. Invero il giudice, anche d’appello, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, ma è necessario e sufficiente, in base all’art. 132 cod. proc. civ., n. 4, che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 22845 del 10/11/2010, n. 10569 del 02/08/2001).

2) Col secondo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, giacchè il giudice di appello non considerava che le appellanti avevano impugnato la decisione di primo grado solo con riferimento alla notifica degli avvisi di accertamento e non anche delle cartelle, sicchè per tale verso essa era passata in giudicato (interno).

La censura non ha pregio, atteso che la sentenza impugnata riporta nella sua parte narrativa che l’ufficio di Bari dell’agenzia delle entrate aveva dedotto nel suo che "le cartelle erano state emesse legittimamente e ritualmente notificate" (….) e che le stesse "sono state notificate con vicende ex art. 140 cod. proc. civ.". Tali affermazioni in fatto costituiscono sostanzialmente rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’agenzia delle entrate e che la società aveva proposto nel giudizio davanti alla commissione tributaria regionale, deducendo che l’appellante non aveva impugnato l’unica "ratio decindendi" della sentenza di primo grado, la quale aveva dichiarato la nullità delle cartelle esclusivamente sulla base di quella relativa alla notificazione delle stesse (con conseguente infondatezza della denunzia di omessa pronunzia su tale eccezione). Quindi la sentenza della commissione tributaria regionale avrebbe dovuto essere impugnata o per revocazione (in ragione dell’errore di percezione sul contenuto dell’impugnazione avversaria), ovvero censurata in cassazione per erronea ed illegittima o comunque non motivata interpretazione dell’atto di gravame. Il ricorso qui in esame non ha invece contestato il contenuto attribuito all’atto di appello dalla sentenza impugnata e comunque non lo ha fatto in modo specifico e conforme al requisito dell’autosufficienza, nè ha formalizzato alcuna specifica censura al riguardo nei sensi già detti.

3)Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge, poichè il giudice di appello non delibava la questione relativa alla inammissibilità dell’appello incidentale della Sesit per tardività, dal momento che esso era stato proposto l’11.11.2004, sebbene quello principale dell’agenzia fosse stato notificato ad essa il 6.5.2004, e quindi ben oltre il prescritto termine di giorni 60, con la conseguenza che tutte le censure dell’esattoria non potevano essere proposte e la sentenza gravata per tal verso era passata in giudicato.

Anche per tale doglianza valgono le stesse considerazioni del motivo precedente, nel senso che esso è generico, dal momento che la ricorrente non ha specificato in ricorso dettagliatamente la parte del relativo atto di appello in cui avrebbe prospettato la censura alla CTR, violando perciò il principio dell’autosufficienza del gravame, oltre ad essere nuovo, perchè non prospettato al giudice di appello. Ma, a parte tale rilievo preliminare, essa comunque è infondata, posto che la concessionaria ben poteva al limite proporre impugnazione tardiva ex art. 334 c.p.c., dal momento che l’appello dell’agenzia era tempestivo. Ciò posto, va rilevato comunque – "ad abundantiam" – che il giudice del gravame rilevava esattamente per implicito che le doglianze della Sesit relative alla regolarità sanatoria degli atti impositivi ed esecutivi, peraltro riportate nelle controdeduzioni afferenti alla costituzione in giudizio, e perciò tempestive, erano fondate. Infatti la sanatoria dei medesimi per raggiungimento dello scopo costituisce espressione di un principio di ordine generale applicabile sia agli atti processuali, per i quali è stato codificato, sia, in mancanza di impedimenti di carattere normativo o logico sistematico, a quegli atti di natura sostanziale che, come quelli di imposizione fiscale, per avere efficacia e consentire all’interessato l’impugnazione in sede giudiziaria, devono essere notificati. Quanto agli atti impositivi, in particolare, il principio trova applicazione sia che la nullità attenga alla notificazione dell’atto, sia che essa discenda dalla mancata o insufficiente indicazione del soggetto che lo ha emesso. Ne consegue che le nullità che traggano origine dalla mancata o inesatta indicazione del soggetto che ha emanato l’atto impositivo, che siano tali da indurre in errore circa la sua provenienza, sono sanate, per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., dalla proposizione del ricorso nei confronti del soggetto che lo ha formato, legittimato a contraddire, come nella specie (V. pure Cass. Sentenza n. 7498 del 12/04/2005, Sezioni Unite: n. 19854 del 2004).

4)Col quarto motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che l’appellante agenzia aveva omesso di impugnare la sentenza nella parte in cui il primo giudice riteneva illegittime le notifiche delle cartelle di pagamento, mentre invece essa appellante proponeva soltanto la questione con riferimento agli atti prodromici di accertamento, con la conseguenza che in tal modo la relativa pronuncia era passata in giudicato, sicchè il giudizio del giudice del gravame attinente alla pretesa regolarità delle notifiche degli atti impositivi comunque non poteva avere riflessi su quelli successivi dell’esazione.

Il motivo rimane assorbito da quanto più sopra enunciato.

5) Col quinto motivo la ricorrente denunzia omessa pronuncia in ordine alla non conformità della copia depositata in segreteria rispetto a quella notificata per posta alla contribuente.

La censura è inammissibile per genericità, giacchè la ricorrente non ha riportato in ricorso la precisa indicazione della parte della copia dell’atto che sarebbe priva dell’attestazione di conformità all’originale.

6) Col sesto motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge, poichè la CTR non considerava che l’impugnazione della cartella n. (OMISSIS) per il 1994 non poteva proporsi nei riguardi del Centro dei Servizi, ma dell’agenzia ovvero dell’ufficio delle imposte, atteso che il primo già era stato soppresso con provvedimento del Direttore dell’agenzia delle entrate del 7.12.2001.

La doglianza, com’è evidente, rimane assorbita da quanto enunciato rispetto ai motivi come sopra esaminati, non attenendo a questioni specifiche inerenti a vizi propri della cartella o alla sua motivazione. Tuttavia – "ad abundantiam" – va rilevato che essa comunque è inammissibile, in quanto la sentenza impugnata affermava che l’impugnazione proposta contro le tre distinte cartelle in esame era valsa in ogni caso a sanare la dedotta nullità della notificazione delle stesse. Trattandosi di "ratio decidendi" autonomamente decisiva, la censura contro altre argomentazioni del giudizio esposte in aggiunta ad essa è priva di concludenza e di interesse.

7) Col settimo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge, in quanto la CTR non considerava che la costituzione dell’appellata società non era tardiva, posto che la disciplina prevista per il primo grado si applica per richiamo espresso anche per il secondo se non diversamente stabilito, sicchè la Mecorn poteva costituirsi e controdedurre anche sino a venti giorni prima dell’udienza di trattazione.

Il motivo è inammissibile per mancanza di interesse ex art. 100 c.p.c., in quanto il giudice di appello non correlava alcuna conseguenza negativa in pregiudizio dell’appellata dall’avere ritenuto la medesima costituita tardivamente.

8) Con l’ottavo motivo la ricorrente denunzia violazione di norme di legge, poichè il giudice di appello non considerava che le varie cartelle non erano state notificate regolarmente nella sede della società e a persone "legittimate", nè era dato conoscere il soggetto che effettuava le notifiche o l’ente notificatore, posto che P.V. non era più amministratore, essendolo diventata V.M.G., sicchè quelle notifiche erano inesistenti o al più nulle.

La doglianza non ha pregio, dal momento che esattamente la CTR osservava che quegli atti esecutivi erano stati notificati al legale rappresentante della società, che poi li aveva tempestivamente impugnati, peraltro così sanando ogni eventuale vizio, con la conseguenza che le cartelle anche sotto questo profilo erano regolari.

L’assunto è esatto, posto che la notifica era avvenuta nella sede sociale a mezzo di persone che si qualificavano rispettivamente come amministratore o incaricato alla ricezione, senza che il messo dovesse prima accertarsi dell’effettiva loro condizione, per la quale semmai era onere della Mecom fornire la prova della mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio. Invero la disposizione dell’art. 46 cod. civ., secondo cui, qualora la sede legale della persona giuridica sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della medesima anche quest’ultima, vale anche in tema di notificazione, con conseguente applicabilità dell’art. 145 cod. proc. civ.. Ne consegue che, ai fini della regolarità della notificazione di atti a persona giuridica presso la sede legale o quella effettiva, è sufficiente che il consegnatario sia legato alla persona giuridica stessa da un particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, eventualmente provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza.

Sicchè, qualora dalla relazione dell’ufficiale giudiziario o postale risulti in alcuna delle predette sedi la presenza di una persona che si trovava nei locali della sede stessa, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, anche se da questa non dipendente, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l’onere di provare che la stessa persona, oltre a non essere alle sue dipendenze, non era addetta neppure alla ricezione di atti, per non averne mai ricevuto incarico alcuno, onere tuttavia non assolto nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 12754 del 14/06/2005, n. 3620 del 2004).

Quindi in definitiva le doglianze della contribuente non riescono ad intaccare le valutazioni e considerazioni del giudice del gravame, onde queste vanno complessivamente condivise, con il conseguente rigetto del ricorso.

Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al rimborso delle spese a favore della controricorrente, e che liquida in complessivi Euro 100,00 per esborsi ed Euro 10.000,00 (diecimila/00) per onorario, oltre a quelle generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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