Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-06-2011) 06-10-2011, n. 36306 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 4.6.2010, rigettava la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di D.L., finalizzata alla revoca del sequestro preventivo, disposto dal GIP di quel Tribunale in data 18 1 2010 (ed eseguito il 19.4.2010) – in relazione ai reati di lottizzazione abusiva, falso e truffa aggravata ai sensi della L. n. 203 del 1999, art. 7 – di una villetta con annessa corte e porzione di terreno realizzata dalla s.r.l.

"Immobiliare Obelisco" e ricompresa tra gli edifici costruiti in un’area di mq. 52.550 sita in (OMISSIS), alla confluenza della via Ripuaria con la via Domiziana.

Il Tribunale metteva in evidenza la sussistenza del fumus, poichè l’intervento realizzato aveva trasformato la destinazione urbanistica originaria della zona, da turistico-alberghiera in residenziale.

All’uopo ripercorreva tutti i passaggi della sequenza amministrativa seguita e èsi trasferimenti di proprietà succedutisi e confermava che la zona del territorio comunale interessata dagli interventi in oggetto, sottoposta anche a vincolo archeologico, nonchè a vincolo militare, era stata intensivamente urbanizzata, mediante la costruzione di 49 edifici per civile abitazioni ed un annesso centro commerciale, contro legem, in violazione della vocazione turistico- alberghiera, con una imponente dimensione tale da costituire lottizzazione e con devastazione ambientale. in relazione alla specifica posizione del ricorrente (che ha acquistato una villetta con annessa corte e porzione di terreno) – il quale aveva eccepito la sua posizione di terzo acquirente di buona fede, estraneo al reato, e prospettato di avere acquistato l’immobile con scrittura privata autenticata del 30.4.2008, avendo verificato, attraverso le dichiarazioni della parte venditrice, il rilascio della concessione edilizia, di provvedimento di variante e di concessione in sanatoria per il cambio di destinazione d’uso da turistico- alberghiera in residenziale – il giudice distrettuale individuava una condotta colposa, tale da escludere la buonafede, nella omissione dei doveroso e preventivo controllo della destinazione urbanistica dell’area, che avrebbe portato a riconoscere la illegittimità degli edifici realizzati, a nulla rilevando che gli stessi fossero muniti di titolo per la edificazione.

Osservava che al ricorrente non poteva riconoscersi la invocata buona fede per le modalità stesse dell’acquisto (la scelta di redigere una scrittura privata soltanto autenticata da notaio, in cui non vi è alcun cenno alla destinazione urbanistica dell’area, ma sono contenute "dichiarazioni urbanistiche" del venditore, inerenti esclusivamente i titoli concessori, neppure allegati), nè la qualità di terzo estraneo al reato di lottizzazione abusiva, di cui sottolineava comunque la non condonabilità, e ribadiva le esigenze di prevenzione, come individuate nel provvedimento genetico.

Avverso l’anzidetta ordinanza di rigetto ha proposto ricorso il difensore, il quale ha dedotto violazione di legge per erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, in relazione all’art. 321 c.p.p., comma 2.

Il ricorrente contesta che una semplice verifica degli atti avrebbe reso evidente la illegittimità e illiceità della procedura, come affermato dal giudicante; oppone anzi che la ricostruzione del procedimento amministrativo renderebbe chiara la sussistenza del delitto di truffa anche a danno del proprio assistito, nei confronti del quale nessun profilo di colpa sarebbe riconoscibile.

Richiama infine la pronuncia della CEDU nei casi decisi il 30.8.2007 e 20.1.2009, per rafforzare la tesi della non sottoponibilità a sequestro del bene acquistato dal terzo.

Il ricorso deve essere rigettato, perchè infondato.

1. D ricorrente non contesta il fumus dei reati contestati con le imputazioni provvisorie, sicchè il nodo centrale della questione è quello della sua pretesa posizione di terzo rispetto alle condotte illecite ammesse da altri, che non potrebbe portare alla assoggettamento alla confisca dell’immobile, acquistato in buona fede.

2. La tesi è infondata perchè, nella specie, la misura di cautela reale non risulta esclusivamente finalista alla confisca e la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato il principio che oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e quindi anche a persona estranea al reato – purchè esso sia, anche indirettamente collegato al reato ed ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato medesimo o di agevolazione della commissione di ulteriori fatti rilevanti vedi Cass.: n. 3919/2010; n. 1022/2009; n. 37033/2006, a. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, il 4496/1999, n. 1565/1997, a 156/1993, n. 2296/1992. 3. n reato di lottizzazione abusiva – secondo concorde interpretazione giurisprudenziale – nella molteplicità di forme che esso può assumere in concreto, può essere posto in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in base ai principi che regolano il concorso di persone nel reato, possono partecipare alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e diverse da quella strettamente costruttiva, purchè ciascuno di essi apporti un contributo causale alla verificazione dell’illecito (sia pure svolgendo ruoli diversi ovvero intervenendo in fasi circoscritte della condotta illecita complessiva) e senza che vi sia alcuna necessità di un accordo preventivo.

La lottizzazione abusiva ha carattere generalmente plurisoggettivo, poichè in essa normalmente confluiscono condotte convergenti verso un’operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale.

3. La condotta dell’acquirente, in particolare, non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perchè anzi inserisce un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quello (vedi Cass., Sez. Unite, 27.3.1992, n. 4708, ric. Fogliani) e, per la cooperazione dell’acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o un’azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. vedi, sul punto, le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini del rispetto degli interessi dell’altrui persona umana ed è per la violazione di questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone positivamente la tutela giuridica.

L’acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per iole sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benchè compartecipe al medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in buonafede, senza rendersi conto cioè – pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell’adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza – di partecipare ad un’operazione di illecita lottizzazione.

Quando, invece, l’acquirente sia consapevole dell’abusività dell’intervento – o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza – la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato lottizzazione.

4. Con riferimento al sequestro dell’immobile abusivo ceduto a terzi acquirenti, questa Corte ha perciò costantemente riconosciuto la legittimità della detta misura, qualora l’acquirente abbia violato, deliberatamente ovvero anche per mera trascuratezza, gli specifici doveri di informazione e conoscenza e non abbia assunto, anche presso gli uffici pubblici, tutte te necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo nonchè sulla compatibilità dell’immobile con gli strumenti urbanistici.

La giurisprudenza è ormai consolidata nel senso che la contravvenzione di lottizzazione abusiva, sia negoziale sia materiale, possa essere commessa anche per colpa, non essendo ravvisabile alcuna eccezione al principio generale stabilito per le contravvenzioni dall’art. 42 c.p., comma 4, vedi, tra le molteplici pronunzie in tal senso, Cass., Sez. 3; 25.2.2011, n. 7238, Cresta;

3.2.2011, a 3886, Lotito; 29.4.2009, n. 17865, P.M. in proc. Quarta;

2.10.2008, n. 37472, Belici ed altri; 7.4.2008, n. 14326, Zortea;

5.3.2008, n. 9982, Quattrone; 12.10.2005, a 36940, Stiffi ed altri;

13.10.2004, n. 39916, Lamedica ed altri.

5. Nella fattispecie in esame, il Tribunale distrettuale ha fatto buon governo dei detti principi, giacchè ha messo in evidenza – ferma restando, come sopra accennato, la sussistenza del fumus del reato – che il ricorrente non ha proceduto con la dovuta diligenza alle necessarie verifiche, limitandosi ad una ricognizione parziale dello stato concessorio relativo all’immobile acquistato, in base alla mera enunciazione (da parte del venditore) dei titoli rilasciati, laddove sarebbe suo dovere, secondo l’ordinaria diligenza, in presenza peraltro di una concessione in sanatoria che richiamava il cambio di destinazione d’uso dell’immobile, prendere cognizione dell’iter della procedura amministrativa e verificare presso gli uffici comunali quale fosse la effettiva qualificazione della zona, richiedendo il certificato di destinazione urbanistica non allegato all’atto di compravendita.

Ha poi correttamente messo in evidenza che non era ravvisabile una situazione di affidamento incolpevole, emergente "ictu oculi", dato che nell’atto di compravendita non vi era cenno alla destinazione urbanistica, mancava la allegazione della certificazione ed il compratore si era acquietato di fronte ad una dichiarazione proveniente dallo stesso venditore, non certo soddisfacente ed integrante un chiaro profilo di colpa.

Legittimamente, pertanto, l’ordinanza impugnata, in mancanza di elementi che attestassero la ignoranza incolpevole del ricorrente ed anzi in presenza di dati che inducevano ad escludere la buona fede, ha ritenuto che potesse farsi luogo alla misura reale, idonea ad evitare l’aggravarsi delle conseguenze del reato.

6. Non è congruente, infine, il richiamo difensivo alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in questa materia sentenze pronunziate rispettivamente il 30.8.2007 ed il 20.1.2009 in relazione al ricorso n. 75909/01 proposto contro l’Italia dalla s.r.l.. "Sud Fondi" ed altri, poichè nel procedimento che ci occupa la misura di cautela reale è stata adottata dal G.I.P. anche in relazione all’ipotesi di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1 e – tenuto conto dei criteri direttivi generali enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza 29.1.2003, a 2, Innocenti – risulta ad evidenza la concretezza ed attualità della compromissione dei beni giuridici protetti, considerato che il godimento e la disponibilità attuale dell’immobile implicano una effettiva ulteriore lesione degli interessi tutelati in quanto.

– appare evidente l’aggravamento del ed carico urbanistico (sotto i profili del necessario adeguamento dell’urbanizzazione primaria e secondaria), costituendo il villino sequestrato ed ogni singolo villino parti di un complesso edilizio residenziale realizzato ex novo, che va integrato con l’aggregato urbano preesistente;

– a fronte di un insediamento non più turistico-alberghiero ma residenziale, si impone il rispetto dei diversi e maggiori standards correlati alle residenze dal D.M. n. 1444 del 1968, art. 3 e la esigenza di reperimento delle relative aree da parte dell’Amministrazione comunale;

– si pone, per il Comune, la necessità di provvedere ad una nuova complessiva organizzazione del proprio territorio (da attuarsi, in sede di ripianificazione, con il coordinamento delle varie destinazioni d’uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con rassegnazione ad ogni singola destinazione d’uso di determinate qualità e quantità di servizi).

La persistente disponibilità del bene comporta, dunque, perduranti effetti lesivi dell’equilibrio urbanistico ed ambientale e non costituisce "un elemento neutro sotto il profilo dell’offensività" nel senso illustrato dalle Sezioni Unite.

La questione della confiscabilità dell’immobile non incide sul mantenimento di un sequestro correttamente ancorato anche alle finalità preventive di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1 e si palesa altresì irrilevante, poichè (allo stato) razionalmente non è stata riconosciuta al ricorrente una condizione di buona fede immediatamente evidente.

Ove elementi di una condotta effettivamente incolpevole venissero successivamente comprovate non potrà aversi evidentemente confisca.

7. In conclusione, la pronuncia del Tribunale distrettuale deve ritenersi immune da censure ed al rigetto del ricorso deve seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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