Cass. civ. Sez. V, Sent., 07-03-2012, n. 3510 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza n. 231/32/2005 della CTR della Campania, depositata il 26.1.2006, con la quale, accolto l’appello di P.R. contro quella di primo grado circa il maggior reddito derivante dalla gestione di un esercizio per la vendita di carni, ai fini dell’Irpef ed affini per il 1997, essa affermava che nella contabilità del contribuente non era stato dato riscontrare dei ricavi maggiori attraverso le varie operazioni di partite di giro e soprattutto dei costi necessari alla produzione, e che non erano stati calcolati con l’accertamento. L’intimato non si è costituito.

Motivi della decisione

2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di legge, giacchè la CTR non considerava che il ricorso in appello era piuttosto generico, giacchè non si censuravano espressamente punti specifici della decisione impugnata, ma riproduceva le doglianze addotte col ricorso introduttivo, oltre ad enunciarne di nuove.

Il motivo è generico, e quindi inammissibile, dal momento che la ricorrente non ha riportato espressamente le parti del ricorso di appello in cui l’appellante avrebbe svolto le proprie osservazioni ed argomentazioni.

3. Col secondo e terzo motivi), che possono esaminarsi congiuntamente, la ricorrente denunzia violazione di norma di legge e vizio di estrapetizione, giacchè il giudice di appello non avrebbe considerato che non doveva tenersi conto delle singole operazioni bancarie, e quindi anche dei prelevamenti, oltre che dei costi con valutazione settoriale, ma questa doveva riguardare tutti gli elementi nel loro complesso unitario, ai fini della ricostruzione dei ricavi, e quindi del reddito.

Anche tale censura si rivela affetta da genericità, giacchè non vi sì riportano le parti dell’appello o delle controdeduzioni con cui il tema sarebbe stato devoluto al giudice del gravame.

4. Col quarto motivo la ricorrente lamenta violazione di norme di legge, poichè la CTR non considerava che il metodo induttivo era stato corretto, atteso che il contribuente aveva avuto un rilevante giro d affari con parecchie operazioni bancarie; con contabilità non regolare sicchè l’accertamento era stato giustificato, senza che egli avesse fornito prova del proprio assunto.

La doglianza va condivisa. Va premesso che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, consente all’Amministrazione finanziaria la rettifica analitico-induttiva della dichiarazione presentata dal contribuente, sulla base dei dati e degli elementi desumibili dalle scritture contabili di questi, solo se ed in quanto esse siano regolarmente tenute, ovvero presentino vizi formali di modesta entità, in guisa tale che le loro stesse risultanze siano idonee a fondare presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, dell’inesattezza della dichiarazione stessa ed il conseguente potere di rettifica, che ne risulta giustificato attraverso la motivazione delle singole poste aggiunte o corrette (V. pure Cass. Sentenze n. 1628 del 1995, n. 10850 del 1994, n. 4307 del 08/04/1992).

Nel caso in esame invece l’ufficio aveva riscontato la sussistenza di contabilità in nero, trattandosi di ricavi non riportati in contabilità, oltre che di operazioni non registrate, giusta anche la verifica della Guardia di finanza. Al riguardo va osservato che l’amministrazione può procedere ad accertamento induttivo, utilizzando anche documentazione reperita presso terzi e da costoro elaborata, purchè fornisca la prova, anche attraverso presunzioni, della veridicità di tale documentazione e, conseguentemente, dell’inattendibilità della documentazione elaborata dal contribuente, come nella specie (V. pure Cass. Sentenze n. 6311 del 10/03/2008, n. 21953 del 2007, n. 17133 del 2007).

Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

5. Ne deriva che il ricorso dell’agenzia va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito con rgetto del ricorso introduttivo atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2.

Quanto alle spese dell’intero processo, seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo, e condanna l’intimato al rimborso delle spese dell’intero giudizio, e che liquida, per ciascun grado di merito, in quelle prenotate a debito, e in Euro 3.000,00 per onorari, nonchè per il presente in Euro 5.000,00(cinquemila/00) per onorario, oltre a SPD. Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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