Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 14-06-2011) 06-10-2011, n. 36329

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.A. cittadino albanese, è stato condannato, con sentenza del tribunale di Milano 6.7.1998, irrevocabile il 29.9.2004, alla pena di 12 anni e 6 mesi di reclusione e Euro 41.316,55 per il delitto previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, art. 80, comma 2.

Il 28.9.05 è stato emesso ordine di esecuzione della residua pena (detratto il presofferto) di 12 anni, 4 mesi e 28 giorni di reclusione.

Il 3 marzo 2006, la procura di Milano, preso atto che il condannato si trovava nel paese di origine, chiedeva che la pena venisse eseguita in Albania, previo arresto provvisorio e riconoscimento del giudicato dalle competenti autorità albanesi.

Il 27 ottobre 2006, il L. veniva arrestato e il tribunale di Durres (Durazzo), con sentenza n. 17 21.1.07,irrevocabile il 26.2.07, riconosceva la sentenza di condanna, conformemente alla disciplina pattizia della convenzione di Strasburgo del 21.3.1983, in tema di trasferimento delle persone condannate, ratificata e resa esecutiva in Italia, con la L. 25 luglio 1988, n. 334.

Più specificamente il tribunale di Durres, con sentenza a norma dell’art. 9 par. 3 della convenzione – secondo cui "l’esecuzione della condanna è regolata dalla legge dello Stato dell’esecuzione" e a norma dell’art. 10 par 2- secondo cui lo Stato di esecuzione "può…adattare la sanzione alla pena o misura prevista dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato", ha ridotto la pena inflitta in cinque anni di reclusione, con decorrenza dall’1.3 2007.

A seguito di richiesta del L., il tribunale di Lezha, con sentenza n. 145 del 2.4.07, ha disposto la scarcerazione "dall’ulteriore espiazione della pena emessa con la sentenza n. 17 del 21.1.2007" a causa di patologia psichiatrica, ritenuta incompatibile con il regime carcerario, "in quanto la continuazione in carcere è fonte di pericolo per la sua vita".

L. presentava richiesta al tribunale di Milano per ottenere la dichiarazione di estinzione della pena e la conseguente cancellazione del suo nominativo dalla banca dati del sistema informativo nazionale, Schengen e quello Interpol, ove il predetto risultava latitante e/o ricercato.

Il tribunale ha respinto l’istanza con ordinanza 20.4.09 e questa Corte, con sentenza 27.9.09, ha rilevato che il tribunale, non aveva attivato il meccanismo ex art. 15 della Convenzione di Strasburgo di informative reciproche tra lo Stato di condanna e lo Stato di esecuzione, al fine di accertare se quest’ultimo avesse considerato completata l’esecuzione della pena e in quale rapporto si ponga la scarcerazione del ricorrente rispetto alla complessiva espiazione della pena.

La Corte ha quindi annullato l’ordinanza predetta con rinvio per nuovo esame al tribunale di Milano.

Con ordinanza 26.10.2010, il tribunale di Milano ha nuovamente rigettato l’istanza di L.A., ritenendo che "il tenore della risposta pervenuta da parte del Procuratore Generale d’Albania alla richiesta dell’A. G. italiana non è tale da consentire di ritenere definitivamente completata l’esecuzione della condanna inflitta dal tribunale di Milano".

Il difensore ha presentato ricorso per violazione di legge e erronea interpretazione dell’informativa della Procura Generale e dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria dello Stato dell’esecuzione.

Nel provvedimento 7.3.2008 della Corte Suprema non si fa riferimento alla sospensione della pena, avendo un tenore decisorio con crisma di definitività, da cui si desume la completa espiazione della pena, a seguito della patologia che aveva dato seguito alla sospensione della condanna.

Posto che la pena è stata interamente eseguita nello Stato di esecuzione, è illegittima l’omissione di aggiornamento presso il sistema informativo Schengen, nazionale e Interpol della situazione giudiziaria del L., a seguito della comunicazione della sospensione della pena, adottata dal giudice albanese, unico competente nella fase di esecuzione.

L’ordinanza impugnata fa inoltre un richiamo all’applicazione dell’art. 746 c.p.p., comma 2, in violazione del precetto ex art. 627 c.p.p., avendo la sentenza 27.9.09 della S.C. riconosciuto la primaria vigenza, nel caso in esame, della disciplina della Convenzione di Strasburgo, in base alla quale non può avere riviviscenza la sentenza di condanna 6.7.1988 del tribunale di Milano, essendo stata sostituita dalla sentenza n. 17 del 21.1.07,emessa dall’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione.

Il ricorso merita accoglimento, sia pure per argomento parzialmente diverso da quanto sostenuto dal difensore.

A norma dell’art. 8 della Convenzione di Strasburgo, è lo Stato dell’esecuzione che può esprimersi sull’ avvenuta o meno espiazione della pena inflitta, rendendo conseguentemente adottabili i relativi provvedimenti rilevanti ai fini dell’aggiornamento dei dati informativi nazionali, di Schengen, dell’Interpol.

Correttamente, l’autorità giudiziaria italiana, e seguito della sentenza 27.9.09 della prima sezione di questa Corte, a norma dell’art. 15 della medesima convenzione ha formulato i quesiti contenuti in quest’ultima.

La risposta dell’autorità giudiziaria albanese non ha chiarito quanto richiesto, nel senso che ha richiamato le seguenti decisioni:

sentenza n. 145 del 2.4.07, del tribunale di Lezha,con la quale è stata disposta "la scarcerazione del condannato dall’ulteriore espiazione della pena emessa con la sentenza n. 17 del 21.1.07…in quanto il proseguimento della detenzione rischia la sua vita";

sentenza n. 14 del 7.2.08 della corte di appello di Scutari, che,in riforma della precedente sentenza del tribunale, ha rigettato la richiesta di scarcerazione del L.;

ordinanza n. 12 del 7.3.08 del presidente della S.C. di Albania di sospensione della sentenza n.14 della corte di appello.

Manca quindi, allo stato, la certezza sulla sussistenza di una decisione irrevocabile,in sede esecutiva, dalla quale possa ricavarsi, in maniera definitiva se la pena inflitta al L., sia pure nella misura ridotta di cinque anni di reclusione (sentenza n. 17 del 21.1.07), sia da considerare estinta o comunque sia definitivamente ineseguibile, per motivi di salute; o se l’attuale stato di salute sia causa soltanto di sospensione di esecuzione della pena, che rimane quindi non eseguita, in attesa di ulteriore evoluzione procedurale.

L’inesistenza di un’interpretazione autentica da parte dell’autorità esclusivamente competente in sede esecutiva sul significato dei richiamati provvedimenti, non legittima il tribunale di Milano a rigettare l’istanza di L., che verrebbe così a subire le conseguenze di questa carenza dell’autorità giudiziaria del suo paese. La carente risposta al primo quesito autorizza invece il tribunale a reiterare l’istanza di informativa, ex art. 15 della Convinzione di Strasburgo, affinchè l’autorità giudiziaria dello Stato dell’esecuzione comunichi – anche alla luce dei Rapporti esplicativi citati dalla sentenza della prima sezione di questa Corte (pp 4-5) – quale sia il provvedimento e quale sia la norma, in base ai quali possa considerarsi terminata l’esecuzione della condanna suindicata;

oppure, quale sia il provvedimento e quale sia la norma, in base ai quali l’esecuzione della condanna non possa considerarsi terminata.

L’ordinanza impugnata va quindi annullata, con rinvio al tribunale di Milano per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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