Cass. civ. Sez. I, Sent., 08-03-2012, n. 3652 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto depositato in data 27 ottobre 2008 la Corte di appello di Torino condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di L.A. e B.D., della somma di Euro 5.500,00 ciascuno a titolo di indennizzo del danno non patrimoniale determinato in conseguenza del superamento del termine di ragionevole durata di un processo fallimentare aperto dal Tribunale di La Spezia, con sentenza in data 11 gennaio 1990, nei confronti di M. T., ancora pendente alla data del ricorso, e nel quale i ricorrenti avevano insinuato il loro credito. A fondamento della decisione, la Corte di merito – premesso che i principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo costituivano mero parametro orientativo per il giudice nazionale – affermava che la durata ragionevole del processo, doveva essere determinata in sette anni, in considerazione della particolare complessità della procedura, e che il periodo di durata non ragionevole andava stabilito in undici anni;

sosteneva, inoltre, che il danno non patrimoniale – tenuto conto degli elementi del caso concreto, riguardante non "beni primari della persona od esigenze alimentari", ma una somma pecuniaria che, in relazione anche alle effettive possibilità di soddisfazione del credito in sede fallimentare, risultava modesta e comunque di entità tale da non provocare "significative, sofferenze per il ritardo a conseguirla" – doveva essere riconosciuto nella misura di Euro 500,00 per ciascun anno di ritardo.

Per la cassazione di tale decreto ricorrono il L. e la B. sulla, base di due motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Motivi della decisione

Con i primi due motivi del proprio ricorso i ricorrenti censurano il decreto impugnato, deducendo che il danno non patrimoniale è stato liquidato, con vizio di motivazione per un ammontare del tutto insufficiente, in contrasto con la quantificazione operata, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in conseguenza della durata irragionevole della procedura fallimentare e, comunque, disapplicando i parametri utilizzati in generale dalla stessa Corte e recepiti anche dalla Corte di cassazione.

Le censure sono fondate. La quantificazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale, effettuata dai giudici di merito nella insufficiente misura complessiva di Euro 5.500,00, e stabilita tenendo conto che il patema d’animo causato dal protrarsi della procedura fallimentare andava comunque correlato all’attesa della distribuzione di una somma di entità innegabilmente modesta. Infatti l’indennizzo quantificato dalla Corte di merito è stato determinato con modalità, e criteri non conformi ai parametri stabiliti in generale dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, cui è possibile derogare alla stregua delle circostanze concrete della singola vicenda, le quali, peraltro, non possono fondare la decisione di liquidare somme che non siano in relazione ragionevole con quella normalmente riconosciuta in via generale dalla predetta Corte (Cass. 2006/24356; 2007/2254). Deve, pertanto, adottarsi il criterio, normalmente seguito da questa Corte, consistente nell’attribuire Euro 750,00 ad anno in riferimento ai primi tre armi di durata eccessiva, ed Euro 1.000,00 per ogni anno successivo (cfr., 4 dicembre 2009, n. 25537; Cass. 8 luglio 2009, n. 16086, alla cui ampia e condivisibile motivazione si rimanda).

Il terzo motivo, riguardante il regolamento delle spese processuali, rimane assorbito, dovendosi provvedere alla loro rideterminazione.

Il decreto impugnato deve pertanto essere annullato per quanto riguarda la quantificazione del danno non patrimoniale a, poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c.. Stimati in sette anni il periodo di ragionevole durata del processo fallimentare di cui trattasi e in undici anni il periodo di durata non ragionevole del processo (alla stregua della condivisibile valutazione del giudice di merito non censurata dai ricorrenti), l’indennizzo per il danno non patrimoniale conseguente al superamento del termine ragionevole di durata del processo deve essere determinato complessivamente in Euro 10.250,00 per ciascun ricorrente, con gli interessi dalla domanda al saldo. Le spese del giudizio di merito e di quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidare come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento ai giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito condanna l’Amministrazione a corrispondere a ciascun ricorrente la somma di Euro 10.250,00, con gli interessi legali dalla data della domanda, oltre al pagamento delle spese del giudizio, che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritto ed Euro 500,00 per onorari, oltre spese generali e accessorie, e, per il giudizio di legittimità, in Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessorie.

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