T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 07-11-2011, n. 8534 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Riferisce la società C.V. in Liquidazione che, dopo aver acquisito i pareri favorevoli della Commissione edilizia e della Soprintendenza ai Monumenti, ha ottenuto dal Comune di San Felice Circeo le licenze edilizie n. 2923 e 2924 del 1973 per la costruzione in località Quarto Caldo (zona a verde privato, indice fabbricazione di mc 0,15/mq) di due villini bifamiliari con l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria.

Con ordinanza n.178/77 il Sindaco sul presupposto dell’esistenza di una lottizzazione di fatto ha annullato le concessioni già rilasciate e avverso detta ordinanza è stato proposto gravame presso questo Tribunale Rg n. 1/78.

Nel frattempo, per le opere realizzate la società ha presentato domanda di concessione in sanatoria ex art.31 e ss. della L. n. 47 del 1985 ed ha riscontrato la richiesta di integrazione documentale, formulata a distanza di anni dal Comune, allegando anche gli intervenuti pareri favorevoli delle Autorità preposte ai vincoli.

In data 26.8.1999 il Comune ha rinnovato la richiesta di integrazione documentale e nel frattempo la società è stata posta in liquidazione con nomina del sig. F.Imperatori quale liquidatore, assegnatario pro quota degli edifici.

Con l’ordinanza n. 39 in data 6 aprile 2000 il Comune ha dichiarato improcedibile la domanda di condono con il conseguente diniego della concessione a sanatoria richiesta con la stessa domanda per mancanza dell’allegazione dei pareri degli enti posti a tutela dei vincoli, cui è sottoposta la zona d’interesse e ha disposto la demolizione delle strutture edilizie non ultimate e l’acquisizione al patrimonio del Comune dell’intero lotto di terreno su cui insiste la costruzione abusiva.

Avverso detto provvedimento la società ha proposto il ricorso in esame deducendo quali motivi:

1) Illegittimità derivata, l’eventuale accoglimento del ricorso avverso la revoca delle licenze edilizie, tuttora pendente, determinerebbe il venir meno della domanda di condono e del provvedimento di improcedibilità di cui all’atto impugnato.

2) Violazione ed errata applicazione degli artt. 18, 32 e 35 della L.egge n. 47 del 1985 e succ. mod. e dell’art.39 della Legge n. 724/84, come integrato dall’art. 2 della L. n. 662/96. Eccesso di potere per errata valutazione di presupposti, travisamento, omessa istruttoria, difetto di motivazione, atteso che le norme in materia rubricate non indicherebbero la documentazione da produrre con la domanda di condono così come richiesta, inoltre l’onere di richiedere i pareri alle autorità preposte ai vincoli graverebbe sul Comune e non sull’interessato; pertanto, la mancata preventiva acquisizione da parte del Comune dei pareri prescritti dalla norma vizierebbe il procedimento, mentre ai fini del rilascio della sanatoria non risulterebbe necessario un piano di lottizzazione in assenza di una previsione specifica della normativa in materia di condono.

3) e 4) Violazione degli artt. 7 e 18 della Legge n. 47 del 1985, i termini prescritti dal Comune entro cui effettuare la demolizione sarebbero inferiori a quelli prescritti dalla normativa in materia di condono rubricata con profili di illegittimità anche con riferimento alla disposta acquisizione dell’area.

Si è costituito in giudizio il Comune per resistere al ricorso, controdeducendo alle censure attoree con argomentate considerazioni riguardo la infondatezza del gravame e conseguente richiesta di reiezione dello stesso.

Con ordinanza n. 6010/2000, la domanda di sospensione del provvedimento impugnato è stata accolta nei limiti dell’ordine di demolizione delle opere e di acquisizione dell’area.

In data 1.5.2007 il Comune ha prodotto nuova documentazione e in seguito a ciò la società ha proposto ulteriore motivo aggiunto censurando la Violazione ed errata applicazione degli artt. 18, 32 e 35 della L. n. 47 del 1985 e succ. mod., dell’art.39 della L. n. 724/94, come integrato dall’art. 2 della L. n. 662/96. Eccesso di potere per errata valutazione di presupposti, travisamento, omessa istruttoria, contraddittorietà, illogicità. Difetto di motivazione, in particolare, riguardo la depositata Relazione della Commissione Tecnica istituita dall’Ente Parco del Circeo per la individuazione di criteri di esame delle pratiche di condono edilizio nel Parco Nazionale del Circeo, non sarebbe addebitabile alla ricorrente la mancata richiesta dei pareri degli Enti preposti di vincoli di varia natura gravanti sul suolo, in quanto detti criteri generali sarebbero stati formulati in epoca ben posteriore all’adozione del provvedimento impugnato.

A ciò resiste il Comune con nota difensiva contestando il motivo di impugnazione in quanto oltre che inconferente, perché i vincoli erano preesistenti alle costruzioni abusive e l’Ente Parco era in grado di procedere ad istruttoria, sarebbe anche inammissibile in quanto gravante su un atto privo di decisorietà, atto interno alla P.A..

In data 19 giugno 2009 il Comune ha depositato documentazione tra cui la nota 18.6.2009, con la quale l’Amministrazione ha comunicato alla società ricorrente l’avvio del procedimento di diniego dell’ istanza di condono attesa la sussistenza di vincoli di inedificabilità assoluta sull’ area in questione.

Si è costituito il Ministero dell’Ambiente per resistere al ricorso ed ha argomentato sulla natura paesaggisticoambientale dell’area facente parte del Promontorio del Circeo e sulla non assentibilità di opere edilizie sulla stessa, concludendo per la reiezione del ricorso.

Con separato atto depositato in data 14.10.2009 la società ha impugnato la comunicazione di avvio del procedimento adottata dal Comune in data 18.6.2009, prot. n. 16645, recante parere negativo per le determinazioni di cui alla Legge n. 59/95 e succ. mod. e al D.Lgs. n. 42 del 2004 per i manufatti oggetto di domanda di condono. Parte ricorrente ha dedotto articolati motivi volti a censurare la violazione della Legge n. 241 del 1990 riguardo la disciplina del procedimento amministrativo e della normativa in materia di condono edilizio l’incompentenza del Comune in mancanza del procedimento regionale nonché l’eccesso di potere sotto svariati profili, in quanto il provvedimento impugnato avvierebbe un subprocedimento riferito alla medesima domanda di condono già rigettata, senza stabilire la revoca del precedente provvedimento impugnato, mancando altresì una adeguata motivazione. Il parere negativo del Comune avrebbe dovuto tener conto della valutazione di compatibilità ambientale già resa dalla Soprintendenza ai Monumenti del Lazio in data 15.11.1973 con riferimento ai due manufatti e non revocata. Inoltre, il riferimento alla lottizzazione abusiva sarebbe inconferente e inidoneo a giustificare un parere negativo in quanto la domanda di condono riguarderebbe solo i due manufatti. Infine, il vincolo di inedificabilità assoluta sarebbe apposto successivamente (dopo 20 anni) la realizzazione delle opere oggetto dell’istanza di sanatoria eseguite nel 1975. Quanto alle opere di urbanizzazione, l’Amministrazione comunale avrebbe valutato erroneamente i presupposti in quanto il terreno oggetto della domanda di sanatoria sarebbe inserito in un comprensorio con la presenza di numerose villette, della rete viaria e idrica, elettrica e telefonica e quindi si tratterebbe di una zona già urbanizzata.

In data 24.2.2011 parte ricorrente ha depositato documentazione tra cui le osservazioni formulate dalla stessa al Comune avverso l’avvio del procedimento per il parere negativo. Anche la difesa comunale ha depositato documentazione in data 24 febbraio 2011.

In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie conclusionali, ulteriormente argomentando le rispettive posizioni e a queste hanno avanzato opposte repliche.

Il Comune ha evidenziato quale fatto sopravvenuto la richiesta di parere all’Ente Parco a scopo cautelativo, vista la sentenza n. 7743/2007, secondo cui il Comune avrebbe dovuto chiedere il parere e non le parti istanti il condono. Tuttavia, alla richiesta da parte comunale in data 18.6.2009 l’Ente non avrebbe fornito risposta, con la conseguente formazione del silenziorifiuto ex art.32, terzo comma della Legge n. 47 del 1985, essendo trascorsi 180 giorni, in disparte il difetto di legittimazione attiva della società al momento della proposizione del ricorso, non essendo a detta data più proprietaria del terreno, né potrebbe supplire la costituzione del sig. Imperatori liquidatore perché alla data di scioglimento della società e messa in liquidazione, dal bilancio di liquidazione al 31.12. 2000 la società non risulterebbe proprietaria dell’immobile.

Replica parte ricorrente che la comunicazione di avvio del procedimento di parere negativo all’istanza di condono (impugnata) non potrebbe sanare la mancata richiesta da parte del Comune all’Ente Parco dei prescritti nulla osta e nessun termine potrebbe decorrere ai fini della formazione del silenzio e per la sua impugnativa. Infine, l’eventuale censurato difetto di legittimazione della società sarebbe ininfluente ai fini del giudizio e dell’impugnativa in quanto proposta dal sig. Imperatori in proprio.

Alla pubblica udienza del 7 aprile 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

3. Nel merito, il Collegio può prescindere dall’esame delle eccezioni pregiudiziali sollevate in relazione al ricorso introduttivo, attesi comunque i profili di infondatezza del gravame per le ragioni di seguito riportate.

3.1. La materia del contendere è incentrata sui dedotti vizi di illegittimità e di eccesso di potere sotto svariati profili con riferimento, da un lato all’impugnata ordinanza recante la dichiarazione di improcedibilità della domanda di condono e la demolizione delle strutture edilizie non ultimate (ricorso introduttivo) nonché dall’altro alla comunicazione di avvio del procedimento adottata dal Comune di parere negativo per le determinazioni di cui alla Legge n. 59/95 e succ. mod. e al D.Lgs. n. 42 del 2004 per i manufatti oggetto di ulteriore istanza (atto contenente motivi aggiunti).

Va innanzitutto rilevato, in punto di fatto, che le opere edilizie sono state realizzate nel 1973 a seguito di licenze edilizie, poi annullate dalla stessa Amministrazione per lottizzazione abusiva ed è pacifico che le opere edilizie sono state eseguite su un’area (Zona Quarto Caldo) che insiste sul versante meridionale del Promontorio del Circeo, di rilevante interesse naturalisticoambientale.

La zona in esame risulta sottoposta al vincolo paesaggisticoambientale di cui alla Legge n. 1497 del 1934 (ora D.Lgs. n. 42 del 2004) e al vincolo idrogeologico di cui al R.D.L. n. 3267/23 e Piano di Assetto Idrogeologico adottato con Delibera del Comitato Istituzionale n. 5/2005, in disparte la qualificazione dell’area quale Zona a Protezione Speciale (Sito di Importanza Comunitaria), secondo quanto stabilito dalla Rete Natura 2000 di cui al DM 3 aprile 2000 e successiva deliberazione di G.R. n. 651/2005 di tutela delle specie della flora e soggetto alla direttiva europea "Habitat" e al DPR n. 357 del 1997 e succ. mod..

Basterebbe la sussistenza dei predetti vincoli per impedire il perfezionamento della domanda di condono per le ragioni del divieto della manomissione e alterazione delle bellezze naturali e ambientali.

Né varrebbe obiettare la possibilità di valutare la compatibilità di quanto realizzato abusivamente con il vincolo, in quanto trattasi di vincoli preesistenti all’intervento per il quale sono state annullate le licenze edilizie concesse dallo stesso Comune che le aveva rilasciate. A tale proposito, ricostruendo il procedimento contenzioso, deve osservarsi che la censurata illegittimità derivata, contestata da parte ricorrente (primo motivo del ricorso introduttivo) non appare sussistere, atteso che il ricorso RG 1/1978 proposto avverso l’annullamento delle licenze edilizie risulta perento con decreto decisorio 18.12.2002, n. 12666. Conseguentemente, l’intervento deve considerarsi effettuato in assenza di titolo edilizio, essendo lo stesso posto nel nulla per effetto dell’atto di autotutela (impugnato con ricorso dichiarato perento).

Peraltro, nella specie, parte ricorrente intende invocare a tutela dell’intervento abusivo – contestando il parere negativo del Comune da ultimo impugnato – le valutazioni di compatibilità ambientale rese dalla Soprintendenza ai Monumenti del Lazio in data 15.11.1973, con riferimento ai due manufatti. Al riguardo, va evidenziato che dette valutazioni sono superate dall’annullamento in autotutela delle licenze edilizie (ormai incontestato) che imporrebbe in sede di condono (ove non sussistesse l’insanabilità assoluta dei manufatti) un nuovo apprezzamento sulla compatibilità degli interventi.

Osserva il Collegio che l’immobile insiste nel Parco Nazionale del Circeo (circostanza incontrastata) e, quindi, ai sensi dell’art.5 della legge istitutiva n. 285 del 1934 sulle aree in questione sono vietate la manomissione e l’alterazione delle bellezze naturali e delle formazioni geologiche. Inoltre, l’area su cui insiste l’immobile, come già evidenziato, ricade nella zona a Protezione speciale – circostanza non contestata con argomenti persuasivi da parte ricorrente – per la quale non sono ammessi interventi se non a tutela della zona stessa, sussistendo l’inedificabilità dell’area.

Il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’orientamento della giurisprudenza con riferimento alla disciplina di cui agli articoli 32 e 33 della Legge n. 47 del 1985 e succ. mod., secondo cui si ritiene con rigore che non sono condonabili le opere edilizie abusivamente realizzate in aree sottoposte a vincoli idrogeologico, paesaggistico e ambientale, non sussistendo la possibilità di sanatoria ex post, mediante accertamento sulla compatibilità dell’intervento rispetto al vincolo (cfr. Tar Puglia, Bari, sez. II, 22 marzo 2011, n. 448).

Sulla base di ciò il secondo motivo di impugnazione dedotto con il ricorso introduttivo non appare fondato in quanto non sussiste nella specie onere in capo al Comune di richiedere i pareri alle Autorità preposte dai predetti vincoli.

In sostanza, il procedimento non appare viziato in quanto il Comune attesa la natura vincolata dell’area non opera accertamenti sulle caratteristiche dell’intervento al fine di valutare la compatibilità con le ragioni dei vincoli stessi che comunque qualificano inedificabile l’area, e di ciò vi è la espressa ammissione della società ricorrente che nella memoria conclusionale definisce la nota del Comune in data 18.6.2009, n. 16645, non una richiesta di parere all’Ente Parco bensì la comunicazione di avvio del procedimento di parere negativo sulla successiva istanza presentata al Comune, impugnata con l’atto recante motivi aggiunti, in disparte i profili di inammissibilità di quest’ultimo, come in seguito precisato.

Nel caso specifico, ricorrendo le condizioni prescritte dalle richiamate norme in materia di condono edilizio, non sussiste alcuna ragione per lo svolgimento di istruttoria sulla eventuale compatibilità dell’abuso con le ragioni del vincolo, stante l’assoluta preclusione alla sanatoria ai sensi della richiamata normativa.

Conseguentemente, l’ordine di demolizione costituisce una mera conseguenza della non assoggettabilità dei manufatti abusivi alle procedure di sanatoria, ai sensi del comma 3 dell’art. 32, del comma 3 dell’art. 33 e del comma 2 dell’art. 4, della L.n. 47 citata, qualunque sia lo stato della costruzione attesa la localizzazione delle opere abusive su aree assoggettate a vincolo di inedificabilità (cfr.Cons.Stato, sez. VI, 23 dicembre 2010, n. 9330; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 15 luglio 2010, n. 16807; idem, sez. III, 17 settembre 2010, n. 17441).

Tale profilo è assorbente e decisivo ai fini della infondatezza del gravame e rende ininfluenti e irrilevanti ai fini della decisione le ulteriori giustificazioni avanzate dalla parte in ordine ad asseriti profili di illegittimità del provvedimento sanzionatorio impugnato con l’atto introduttivo.

Pertanto, sulla base di ciò il ricorso introduttivo, in quanto infondato, va respinto.

4. Con riferimento all’atto recante motivi aggiunti avverso la comunicazione di avvio del procedimento adottata dal Comune di parere negativo per le determinazioni di cui alla Legge n. 59/95 e succ. mod. e al D.Lgs. n. 42 del 2004 per la istanza presentata successivamente in data 27.11.1998, prot. n. 19826 (non trattandosi di subprocedimento della domanda di condono presentata nel 1986- come asserito da parte ricorrente- ma di istanza successiva e diversa da questa), il Collegio rileva la inammissibilità del detto gravame, in quanto proposto avverso un atto endoprocedimentale, non dotato di autonoma capacità lesiva, avente la funzione di portare a conoscenza del soggetto destinatario del futuro provvedimento amministrativo l’inizio nei suoi confronti del prodromico iter procedimentale all’esito del quale mediante l’adozione dell’atto conclusivo di tale sequenza si produrranno effetti giuridici pregiudizievoli per la sua situazione giuridica soggettiva. Pertanto, in tal caso, possono essere fatti valere eventuali vizi della comunicazione di avvio del procedimento, unicamente in via derivata, impugnando il provvedimento finale, unico atto avente natura provvedimentale e carattere autoritativo e perciò lesivo (cfr.T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 29 luglio 2010, n. 17179).

6. Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso introduttivo – in quanto infondato – deve essere respinto e deve essere dichiarato inammissibile l’atto contenente motivi aggiunti, pur stimandosi equo disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese e onorari di giudizio, in considerazione della particolare natura delle questioni dedotte in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo, come in epigrafe proposto, lo respinge e dichiara inammissibile l’atto contenente motivi aggiunti.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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