Cass. civ. Sez. I, Sent., 08-03-2012, n. 3649 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La società Azienda Agricola Villalta di Buccioli Gabriele & c. s.a.s. in liquidazione, ed il B. in proprio, proponevamo opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti il 9 settembre 1997 dal Tribunale di Forlì per il pagamento in favore della ricorrente Cassa di Risparmio di Cesena, a titolo di scoperto di conto corrente, della somma di L. 58.481.601 oltre interessi e spese. Deducevano, tra l’altro, la carenza di prova scritta del credito (anche in ragione del disconoscimento della sottoscrizione apposta all’atto integrativo del contratto di apertura di credito), assumendo inoltre che tutto il rapporto di conto corrente in questione aveva avuto un andamento anomalo, con ripetute contabilizzazioni di poste derivanti da operazioni attuate con soggetti non legittimati o da falsificazioni delle sottoscrizioni dei legittimati o senza autorizzazione della società. 2. Il Tribunale, all’esito dell’istruttoria espletata nel contraddittorio con la Cassa di Risparmio di Cesena, che resisteva all’opposizione, respingeva l’opposizione confermando integralmente il decreto ingiuntivo.

3. Proponevano appello gli opponenti, i quali ribadivano le loro argomentazioni, disattese dal primo giudice, in ordine alla carenza di prova del credito, dolendosi inoltre della omessa considerazione nella sentenza di primo grado della nullità delle clausole del contratto di conto corrente prevedenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui conti debitori. La Corte d’appello di Bologna accoglieva il gravame sotto entrambi i profili e, in accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto opposto. Rilevava la Corte a sostegno di tali statuizioni: a) che, come si evince dagli atti di causa e risulta ammesso dalla banca, anche persone non legittimate a rappresentare la società correntista, in particolare R.P., hanno compiuto operazioni nell’ambito del rapporto di conto corrente in questione, senza esserne legittimate non risultando essere state a ciò autorizzate dalla società correntista: in presenza di simile circostanza indubbiamente grave, il Tribunale non avrebbe dovuto e potuto riconoscere il credito reclamato dalla banca; b) che le clausole prevedenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi debbono, in quanto nulle, essere disapplicate, e tale disapplicazione travolge tutti gli effetti degli atti compiuti in base ad esse, rendendo il credito azionato dalla banca con il decreto ingiuntivo non certo nè liquido nè esigibile.

4. Avverso tale sentenza, resa pubblica il 12 novembre 2004, la Cassa di Risparmio di Cesena s.p.a., rappresentata da Unibanca s.p.a. ha, con atto notificato il 21 dicembre 2005, proposto ricorso a questa Corte formulando quattro motivi. Resiste con controricorso la Azienda Agricola Villalta s.a.s. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. Con il primo ed il secondo motivo, la ricorrente censura le statuizioni della sentenza impugnata riguardanti il compimento di operazioni nell’ambito del conto corrente in questione da parte di soggetti non legittimati.

1.1 Con il primo denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, sostenendo che all’affermazione generale di una pluralità di persone che avrebbero operato sul conto senza averne legittimazione segue il riferimento alla sola R.P., la quale però dalla documentazione in atti risulterebbe aver effettuato solo tre operazioni, di cui due attive per la società; sì che l’affermazione secondo la quale il credito della banca si è formato per effetto di operazioni indebite e non autorizzate dalla società sarebbe apodittica, mentre la Corte avrebbe dovuto determinare gli importi delle operazioni non autorizzate e detrarlo da quello totale.

1.2 Con il secondo motivo, denuncia la violazione dell’art. 1189 c.c.: la Corte avrebbe dovuto ritenere la R. rappresentante apparente della società correntista, il cui amministratore avrebbe ingenerato nella banca stessa la convinzione che la R. fosse legittimata ad agire per conto della società, consentendo con regolarità alla predetta il compimento di atti giuridici in nome e per conto della società stessa e quindi ratificando per facta concludentia tali atti.

2. Entrambi i motivi sono inammissibili, in quanto introducono per la prima volta in questa sede di legittimità questioni di merito che non risultano, dall’esame della sentenza impugnata, essere state sollevate nel corso del giudizio di merito. Nè la ricorrente ha precisato in quale luogo del processo avrebbe dedotto il fatto che R.P. avrebbe compiuto solo tre operazioni nell’ambito del conto corrente in questione; ed altrettanto vale per la allegazione (peraltro, parzialmente contrastante con l’altra) delle circostanze di fatto in base alle quali il giudice di merito avrebbe dovuto desumere la sussistenza di un’ipotesi di rappresentanza apparente.

3. Con il terzo motivo, si censura la statuizione avente ad oggetto la nullità delle clausole del contratto di conto corrente prevedenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi: la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1283 c.c., sostenendo la validità della capitalizzazione trimestrale quale normale conseguenza della periodica chiusura del conto corrente. Il motivo si palesa infondato, alla luce dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale seguito dalla Corte di Cassazione a partire dal 1999 (cfr. più di recente, ex multis: S.U. n. 21095/04; Sez. 1 n. 23974/10; Sez. 3 n.6518/11; cfr. anche, per la capitalizzazione annuale, S.U. n. 24418/10), al quale il collegio intende dare continuità, secondo cui le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi bancari a carico del cliente devono considerarsi nulle in quanto basate su un uso negoziale, non già su un uso normativo.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 645 cod. proc. civ., lamentando che la Corte, stabilita la illegittimità degli interessi anatocistici, si è limitata a revocare il decreto ingiuntivo: anche ritenendo la illegittimità degli interessi anatocistici, la Corte d’appello avrebbe dovuto rideterminare l’importo dovuto detraendo tali interessi, mentre si è limitata ad affermare apoditticamente ed erroneamente che da quella illegittimità deriverebbe la carenza, nel credito azionato con il decreto ingiuntivo, dei caratteri della liquidità ed esigibilità.

La doglianza è fondata. L’opposizione al decreto ingiuntivo da luogo ad un ordinario giudizio di cognizione nel quale il giudice deve accertare la fondatezza delle pretese fatte valere dall’ingiungente opposto – che ha la posizione sostanziale dell’attore – e delle eccezioni e delle difese dell’opponente – che assume posizione sostanziale di convenuto – e non già stabilire – salvo che ai fini dell’esecuzione provvisoria o dell’incidenza delle spese della fase monitoria – se l’ingiunzione sia stata, o non, legittimamente emessa.

Pertanto, la eventuale insussistenza delle condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo (tranne che sia connessa a ragioni di competenza) non può essere d’ostacolo al giudizio di merito che si instaura con l’opposizione. Nel caso in esame, la accertata nullità delle clausole concernenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal correntista non travolge l’intero credito azionato dalla banca in via monitoria, bensì la sola parte di esso riguardante gli interessi calcolati in base a dette clausole, ed impone quindi al giudice di merito di provvedere ad un nuovo calcolo degli interessi dovuti, senza applicare la suddetta capitalizzazione.

Si impone pertanto la cassazione sul punto della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di merito che si atterrà al principio qui esposto, provvedendo sulla domanda proposta dalla odierna ricorrente con la notifica del decreto ingiuntivo, regolando anche le spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il primo ed il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo, accoglie il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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