Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-06-2011) 06-10-2011, n. 36250

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello di Genova, con sentenza 16/6/2008, confermava la decisione 2/11/2005 del Tribunale di Massa, che aveva, tra l’altro, dichiarato P.F. colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capo q2) – per avere, in data 8/10/2002, acquistato sette grammi cocaina al fine di cederla a terzi – e lo aveva condannato, concessa l’attenuante di cui al comma 5 del richiamato articolo, stimata prevalente sulla contestata recidiva, alla pena di un anno, mesi sei di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa.

Il Giudice distrettuale riteneva che la prova della colpevolezza dell’imputato era offerta dalle attendibili dichiarazioni rese dal collaborante F.A., il quale aveva riferito che il P. acquistava abitualmente da D.D.V. e S. cocaina che, in parte, destinava all’uso personale e, in parte, rivendeva a qualche cliente, dichiarazioni riscontrate dagli esiti della conversazione, intercettata, tra l’imputato e i suoi fornitori, nel corso della quale i colloquianti avevano commentato la transazione della partita di droga. La Corte territoriale sottolineava, inoltre, che la destinazione allo spaccio di almeno una parte della droga acquistata era desumibile, sul piano logico, dalla quantità non compatibile con l’esclusivo uso personale, in considerazione anche delle modeste condizioni economiche dell’imputato; i precedenti penali di costui, infine, sconsigliavano la sollecitata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

2. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato, deducendo l’erronea applicazione della legge penale sotto i seguenti profili: a) gli elementi di accusa posti in evidenza dai Giudici di merito, di non univoco significato e scarsamente affidabili, non erano idonei a dimostrare la destinazione allo spaccio della droga acquistata, il cui quantitativo era ben compatibile con l’uso personale, considerato il suo stato di tossicodipendenza; b) ingiustificato il diniego delle attenuanti generiche ed eccessiva la misura della pena inflitta.

3. Il ricorso è inammissibile.

Le doglianze in esso articolate, invero, si risolvono in non consentite censure in fatto all’iter argomentativo su cui riposa la sentenza impugnata che, facendo buon governo della legge penale, da conto, in maniera adeguata e logica, come può evincersi da quanto innanzi sintetizzato, delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene. Il ricorrente, al di là del dato enunciativo, non evidenzia profili di contraddittorietà o di manifesta illogicità della motivazione della sentenza in verifica, ma tenta di accreditare una diversa (e a sè più favorevole) lettura delle emergenze processuali e sovrappone alla valutazione discrezionale del giudice di merito in tema di trattamento sanzionatorio, peraltro contenuto entro un limite prossimo a quello minimo edittale, una propria valutazione, operazioni queste estranee al sindacato di legittimità. 4. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che stimasi equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *