Cass. civ. Sez. II, Sent., 09-03-2012, n. 3793 Distanze legali tra costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 2/2/2006 C.L. e Sa.Ir. presentavano denuncia di nuova opera chiedendo la sospensione di nuove costruzioni che erano in corso di realizzazione sul confinante terreno di proprietà di L.S.B. e S.A. e che erano realizzate in violazione delle norme sulle distanze; in particolare, assumevano:

– che la costruzione indicata negli atti progettuali come piano interrato era collocata a metri 1,40 dal confine, mentre doveva rispettare la distanza di metri cinque, come imposto dalla normativa comunale;

– che i confinanti convenuti avevano alterato il piano del terreno e realizzato, sul confine, un muro di contenimento da considerarsi nuova costruzione, e pertanto in violazione delle distanze legali.

L.S.B. e S.A. contestavano le dedotte violazioni.

All’esito del giudizio di merito, con sentenza del 28/5/2007 il Tribunale di Monza, rilevata la violazione delle distanze, condannava i convenuti alla demolizione delle opere; rigettava la domanda attrice di risarcimento danni.

L.S.B. e S.A. proponevano appello al quale resistevano C.L. e Sa.Ir. che proponevano appello incidentale per il mancato accoglimento della domanda di risarcimento. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 5/11/2009 rigettava sia l’appello principale che l’appello incidentale rilevando, per quanto qui ancora interessa:

che la porzione di edificio per la quale v’era contestazione in merito al rispetto delle distanze legali, non poteva essere qualificata come un piano completamente interrato, come definito al punto B/3b.1 dell’allegato A del Regolamento Edilizio del Comune di Bernareggio per il quale un piano si può definire interrato se l’intradosso del suo solaio superiore rimane in ogni suo punto ad una quota non superiore a quella del terreno circostante;

– che pertanto non si poteva qualificare il piano come interrato sulla base delle diverse indicazioni contenute nell’art. 130 del R.E. in tema di agibilità dei locali o nelle N.T.A. che definivano il piano terra;

– che in ordine alla quota del terreno circostante (cd. quota zero) doveva essere applicato l’allegato 6.2 delle N.T.A. che, nel caso artificiosa sopraelevazione del terreno, come nella specie era avvenuto, deve essere quella del terreno naturale circostante e non quella dell’eventuale terreno di riporto;

– che pertanto la distanza da osservare era quella di cinque metri dal confine prescritta dal P.R.G. senza possibilità di applicare la deroga prevista solo per i piani interrati;

che il muretto realizzato sul confine doveva considerarsi costruzione in quanto aveva finalità di contenimento del terreno di riporto e doveva quindi rispettare le distanze prescritte dal PRG nella specie non rispettate.

Per la cassazione della sentenza di appello interpongono ricorso, affidato a due motivi, L.S.B. e S.A. che hanno, inoltre depositato memoria.

C.L. e Sa.Ir. resistono con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Bernareggio e, in particolare, dell’art. 32 delle N.T.A., dell’art. 7 dell’allegato C2 delle NTA, del punto b.1 dell’allegato 6 delle NTA, dell’allegato 6.2 delle NTA e dell’art. 130 del R.E..

I ricorrenti, premesso che l’art. 32, punto 7 delle NTA prevedeva per le costruzioni completamente interrate la distanza minima dal confine di mt 1,50, nel caso concreto rispettata, sostengono che la costruzione doveva ritenersi completamente interrata in quanto:

a) la definizione di piano interrato dovrebbe ricavarsi dall’art. 130 del R.E. per il quale "è sotterraneo quel locale che si trova completamente sotto il piano del marciapiede" e quindi non si riferisce al piano naturale del terreno, ma al piano determinato dal progetto; nella specie il locale era completamente sottostante al marciapiede;

b) il citato art. 130 non definisce il locale sotterraneo ai soli fini dell’agibilità, ma anche a fini urbanistici ed edilizi;

c) l’allegato A al R.E. al comma 2 nel definire il piano terra fa riferimento al terreno circostante, pavimentato o no, nello stato di fatto in cui si trova; per terreno circostante (che sempre ai sensi dell’allegato A al RE è il parametro di riferimento per individuare il piano interrato) si deve, quindi, intendere non già l’originario piano di campagna (non menzionato dalla norma), ma il terreno sistemato artificialmente; pertanto il corpo accessorio in discussione posto interamente al di sotto del terreno circostante, doveva essere riconosciuto come piano completamente interrato con obbligo di rispettare la distanza di metri 1,50 dal confine nella specie rispettata;

d) l’allegato 6.2 delle N.T.A., che per l’individuazione della quota zero esclude che si possa considerare la quota raggiunta con il terreno di riporto, non poteva trovare applicazione perchè è un criterio determinato per stabilire l’altezza massima degli edifici.

2. Il motivo è manifestamente infondato in tutte le sue censure:

quanto alle censure sub a) e b) perchè, come già rilevato dal giudice di appello con motivazione chiarissima, la definizione del piano interrato, ai fini delle nuove costruzioni è interamente contenuta al punto B/3b.1 dell’allegato A del Regolamento Edilizio del Comune di Bernareggio, per il quale un piano è interrato se l’intradosso del suo solaio superiore rimane in ogni suo punto ad una quota non superiore a quella del terreno circostante; l’art. 130 del R.E. è inserito nel Capo 3 relativo ai requisiti delle costruzioni in rapporto agli spazi fruibili e pertanto si riferisce non già alle distanze, ma ai requisiti delle costruzioni con riferimento alla loro destinazione di uso;

quanto alle censure sub c) e d) perchè la disposizione di cui al punto 6.2 delle N.T.A. (che detta una regola per la misurazione delle altezze applicabile anche quando la misurazione dell’altezza sia rilevante ai fini del rispetto delle distanze) e la disposizione del punto B/3b.1 dell’allegato A, nello stabilire la necessità (perchè un piano possa considerarsi interrato) che l’intradosso del solaio non superi in alcun punto il terreno circostante deve essere intesa, secondo logica e secondo la ratio legis. nel senso che la quota di terreno da considerare non solo (come sostengono i ricorrenti)per il rispetto delle altezze nelle costruzioni, ma anche per le distanze non possa essere autodeterminata a discrezione del proprietario confinante mediante l’artificiosa sopraelevazione del suo terreno, ma deve essere individuata con riferimento al livello del piano di campagna.

Come correttamente rilevato dai giudici del merito, la distanza per la tipologia della costruzione è stabilita in via generale dall’allegato C2 delle NTA in cinque metri dal confine e la possibilità di costruire ad una distanza che è inferiore non solo alla regola generale, ma anche alla norma inderogabile di cui all’art. 873 c.c. (che fissa in tre metri la distanza minima)non può che riferirsi ad una costruzione completamente interrata e non semplicemente seminterrata; la conclusione è conforme al consolidato orientamento di questa Corte regolatrice, secondo il quale ai fini dell’applicazione delle norme codicistiche e regolamentari sulle distanze da osservare nel realizzare un’opera edilizia, la nozione di "costruzione" non sì esaurisce in quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera non completamente interrata avente i requisiti della solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo (v. da ultimo Cass. 20/7/2011 n. 15972, con riferimento ad un’opera di rialzamento del terreno e, in precedenza, ex multis Cass. 11/3/1981 n. 1386, 21/6/1985 n. 3727, 5/11/1990 n. 10608, 20/5/1991 n. 5670, 9/6/1992 n. 7067) e l’operatività di dette norme va esclusa soltanto con riguardo alle costruzioni interrate, cioè interamente realizzate nel sottosuolo (v. sent. 12/6/1982 n. 3597, 31/1/1985 n. 638; Cass. 4/12/1995 n. 12489, Cass. 12/2/1998 n. 1509; Cass. 20/8/2004 n. 1739;

Cass. 28/9/2007 n. 20574 e, proprio in tema di autorimesse, Cass. 22/10/2007 n. 22086).

3. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Bernareggio e segnatamente dell’art. 32 delle N.T.A. e dell’art. 98 del R.E. e dell’art. 878 c.c..

I ricorrenti sostengono:

che il manufatto, di altezza non superiore ai 50 c.m., realizzato in aderenza alla rete di recinzione del confine, non sarebbe una costruzione, ma sarebbe una recinzione ai sensi dell’art. 98 punto 5 lett. B) del R.E. per il quale le recinzioni possono essere realizzate con muretto di altezza massima non superiore ai 50 c.m.;

– che l’allegato C2 delle N.T.A. all’art. 6 al punto 25.3 ammette la costruzione sul confine in una serie di casi, tra i quali rientra anche il muretto costruito da essi ricorrenti;

– che doveva essere ritenuto legittimo il muretto in quanto rientrante nella previsione dell’art. 878 c.c..

4. Il motivo è inammissibile perchè del tutto estraneo alla ratio decidendi: il giudice di appello ha valutato, con adeguata motivazione, sostenuta anche da consulenza tecnica, che la costruzione non aveva la funzione di una recinzione, ma era un muro di contenimento del terreno e quindi è del tutto irrilevante stabilire se anche muretti di 50 c.m. possano costituire recinzione ai sensi dell’art. 98 punto 5 lett. B) del R.E., posto che, la Corte di Appello ha ritenuto che la costruzione non fosse una recinzione, ma un muro di sostegno.

I ricorrenti, con il motivo in esame, non solo non hanno dedotto il vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, ma neppure in fatto hanno lamentato carenza, insufficienza o illogicità della motivazione limitandosi ad affermare che la Corte di Appello avrebbe errato nel qualificare la costruzione un muro di contenimento invece che una semplice recinzione e che il muro non era più alto di 50 c.m..

La censura per la quale l’affermazione della Corte sarebbe stata "apodittica e priva di riscontro probatorio" è inammissibilmente (v.

Cass. S.U. n. 11097/2006) sollevata solo con la memoria ex art. 378 c.p.c. e comunque in termini generici e semplicemente assertivi tali da renderla inammissibile. La seconda parte della censura, relativa alle facoltà riconosciute dall’allegato C2 delle N.T.A. all’art. 6 di costruire sul confine in determinati casi è inammissibile in quanto fondata sull’erroneo presupposto che la costruzione non sia un muro di contenimento del terreno di riporto.

5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna dei ricorrenti, in quanto soccombenti, al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, tenuto conto dell’importanza dell’opera prestata e della complessità dell’incarico espletato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare ai controricorrenti le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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