Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 06-10-2011, n. 36273

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza emessa in data 28 luglio 2010 il Tribunale di Oristano – Sezione Distaccata di Sorgono – rigettava la richiesta di accertamento della validità della notifica relativa all’avviso di deposito della sentenza di condanna per il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c) emessa in data 27 luglio 2007 nei confronti di T.M.T., in quanto correttamente eseguita ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 1 presso il domicilio eletto del difensore fiduciario. Con la medesima ordinanza il Tribunale rigettava, in quanto infondata, la subordinata richiesta di rimessione in termini ex art. 175 c.p.p. presentata dal predetto imputato al fine di poter proporre impugnazione avverso la sentenza sopra citata, non avendo il T. fornito la prova del momento in cui aveva preso effettiva conoscenza del contenuto della sentenza. Ricorre avverso la predetta ordinanza l’imputato a mezzo del proprio difensore fiduciario, deducendo: a) violazione della legge processuale penale ( art. 157 c.p.p. in relazione agli artt. 161, 178 e 179 c.p.p., artt. 3, 24 e 111 Cost.); b) violazione di legge ( artt. 3, 24 e 111 Cost. e art. 6, comma 3, lett. a) e art. 14 Conv. Diritti dell’Uomo in relazione all’art. 143 c.p.p., nonchè difetto di motivazione; c) violazione della legge processuale ( artt. 157 e 175 c.p.p.) e mancanza e/o illogicità manifesta della motivazione.

In particolare, con il primo motivo la difesa lamenta che, avendo l’imputato indicato nel verbale di identificazione ed elezione di domicilio quale proprio difensore l’Avv. Tullio Moni, mai revocato, la notifica dell’estratto contumaciale presso il domicilio eletto di altro difensore doveva considerarsi nulla, ulteriormente osservando che in ogni caso stante il mancato ritiro dell’atto da parte del difensore destinatario della notifica (Avv. Farci), comunque la notifica doveva ritenersi nulla per violazione dell’art. 157 c.p.p., comma 3.

Con un secondo motivo la difesa si duole della mancata traduzione nella lingua madre dell’imputato sia della sentenza che degli atti conseguenti in violazione dell’art. 143 c.p.p., rilevando che il Tribunale ha offerto una motivazione del tutto carente in ordine alla assenta capacità dell’imputato di comprendere la lingua italiana con la quale gli atti erano stati redatti.

Con l’ultimo motivo la difesa lamenta la carenza e/o illogicità di motivazione in ordine non solo alla mancata prova circa l’impossibilità per il difensore di fiducia di comunicare all’imputato l’esito del giudizio, ma anche in ordine alla mancata prova circa il momento di effettiva conoscenza del contenuto dell’atto notificato.

Tutti i motivi del ricorso sono palesemente infondati.

Quanto alla prima censura, se è vera la premessa da cui muove il ricorrente – secondo la quale titolare dell’ufficio di difesa rimane sempre l’originario difensore designato cui tutti gli atti destinati alla difesa dovranno essere notificati a pena di nullità – tale regola comunque non vale nella ipotesi in cui all’originario difensore nominato nel primo atto ne subentri altro: in quest’ultimo caso per esplicita disposizione di legge ( art. 157 c.p.p., comma 1, in relazione all’art. 161 c.p.p.) si applicheranno le disposizioni previste nell’art. 161 c.p.p., comma 1 che impongono la notifica presso il domicilio eletto così come è puntualmente avvenuto nel caso di specie.

Ne deriva l’inapplicabilità dell’art. 157 c.p.p., comma 3 invocato dalla difesa, senza che assuma rilievo – come esattamente osservato dal Tribunale – la circostanza che la notifica conteneva quale nominativo dell’imputato il cognome storpiato T.M.T., evincendosi dagli atti l’esatta identità dell’imputato sulla base di tutti gli altri dati contenuti nell’estratto contumaciale della sentenza (nome di battesimo, luogo e data di nascita).

Palesemente infondato anche il motivo afferente alla illogicità e carenza di motivazione sul punto relativo alla conoscenza da parte dell’imputato della lingua italiana.

A prescindere dal rilievo circa la congruità, logicità ed esaustività della motivazione in ordine alla piena conoscenza da parte dell’imputato della lingua italiana (circostanza che esonera il giudice dall’obbligo di traduzione basto sul presupposto della mancata conoscenza della lingua italiana da parte dello straniero alloglotta), in ogni caso nè la sentenza nè gli atti che ne sono seguiti (estratto contumaciale) rientrano tra quelli soggetti all’obbligo di traduzione se riguardanti uno straniero alloglotta come costantemente affermato da questa Corte (Cass. Sez. 1, 21.4.2010 n. 16807, Culi, Rv. 247073; Cass. Sez. 1, 3.7.2008 n. 28595, Savier, Rv. 240813; Cass. Sez. 2, 17.12.2010 n. 11311, Ticu ed altri, Rv.

249948).

Inoltre è principio consolidato che per l’imputato resosi contumace, trattandosi di circostanza da lui determinata ed implicante la necessità di una notìfica al difensore, nessun obbligo di traduzione incombe sul giudice, non verificandosi alcuna lesione in concreto dei diritti della difesa (Cass. Sez. 6, 22.10.2009 n. 7644, Cerbozi, Rv. 246167).

Con riguardo all’ultima censura riguardante il difetto di motivazione in ordine al momento di conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato, osserva questa Corte che anche in base al nuovo testo dell’art. 175 c.p.p., (novellato dal D.L. n. 17 del 2005, art. 1, convertito con L. n. 60 del 2005) grava all’imputato che chiede la restituzione in termini per l’impugnazione, fornire la prova della conoscenza effettiva della sentenza pronunciata nel giudizio contumaciale, con la conseguenza che, ove detta prova non sia pienamente raggiunta, non può essere concesso il nuovo termine per l’impugnazione (Cass. Sez. 2, 22.1.2010 n. 5443 Sadraoui, Rv. 246437 e giurisprudenza ivi richiamata).

La nozione di "effettiva conoscenza" del provvedimento, a far data dalla quale comincia a decorrere il termine decadenziale di cui all’art. 175 c.p.p., comma 2 bis, va intesa nel senso di "sicura consapevolezza della sua esistenza e precisa cognizione dei suoi estremi (autorità decidente, data, oggetto), collegata o alla comunicazione formale di un atto (come la notificazione dell’ordine di carcerazione) o allo svolgimento di un’attività procedimentale (come la richiesta di una copia) che consenta di individuare senza equivoci il momento in cui detta conoscenza si è verificata, determinando la conoscibilità del contenuto integrale del provvedimento da impugnare e la decorrenza del termine di trenta giorni per la proposizione dell’istanza di restituzione" (Cass. Sez. 2, 5443/10 cit.).

Muovendo da tali premesse il Tribunale ha correttamente indicato quale momento di conoscenza dell’atto ai fini della rimessione in termini la notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza presso il difensore di fiducia, in linea con l’orientamento di questa Corte secondo cui la notificazione presso il difensore di fiducia è del tutto equiparabile, ai fini della conoscenza effettiva dell’atto, alla notifica all’imputato personalmente (Cass. Sez. 1, 12.12.2007 n. 2432, Ciarlantini, Rv. 239207 e giurisprudenza ivi richiamata).

E poichè tale notificazione – come ricordato dal Tribunale – era avvenuta in data 16 novembre 2007, era evidente l’infondatezza della domanda di restituzione in termini avanzata circa due anni dopo dall’imputato.

Peraltro, come puntualmente precisato dal Tribunale, non era nemmeno stata fornita la prova da parte del T. della impossibilità di comunicare con il proprio difensore, gravando sull’imputato, in forza del perdurante rapporto professionale intercorrente tra costui ed il difensore, l’onere di mantenersi informato sugli sviluppi del procedimento e di concordare con il difensore le scelte difensive ritenute più idonee (Cass. Sez. 1, 2432/07 cit. e giurisprudenza ivi richiamata).

Ma il Tribunale è andato oltre tale interpretazione, rilevando che, anche a non volere dare rilevanza alla intervenuta notifica dell’estratto contumaciale, in ogni caso l’imputato non aveva fornito la prova del momento certo di conoscenza dell’atto, pur avendo espresso onere, escludendo rilievo alla indicazione di una circostanza (comunicazione verbale da parte della Questura di Nuoro della possibilità di rigetto della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno ed esplicitazione delle ragioni) in quanto del tutto generica sulla data in cui tale comunicazione sarebbe avvenuta.

Segue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende dovuta a colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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