T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 08-11-2011, n. 8561 Banca d’Italia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato in data 19 settembre 2003, depositato il successivo 15 ottobre, gli istanti, dipendenti della Banca d’Italia, fruitori del "compenso di reperibilità" di cui all’art. 131 del regolamento del personale della Banca, hanno esposto di essersi visti comunicare dall’Istituto di appartenenza, con note del 5 giugno 2003, l’erronea attribuzione del predetto compenso, per i turni di reperibilità iniziati il venerdì, nella maggior misura prevista per i giorni feriali non lavorativi, anziché in quella, minore, prevista per i giorni feriali lavorativi. Con le stesse note la Banca d’Italia ha comunicato l’avvio del procedimento volto al recupero delle somme indebitamente erogate, mediante trattenuta sulle competenze del mese successivo.

Ritenendo dovuto il compenso in parola nella misura erogata, i ricorrenti hanno domandato a questo Tribunale:

– l’annullamento di tutti i provvedimenti ignoti con i quali è stato deciso, ed effettuato, il recupero delle somme di cui sopra e delle predette note datate 5 giugno 2003;

– l’annullamento, se e per quanto di ragione, dell’art. 31 e della tabella A.7, lett. n) e o) della II parte del regolamento del personale della Banca d’Italia;

– l’accertamento del diritto a percepire il compenso di reperibilità in ragione della percentuale retributiva prevista per la giornata in cui ricade prevalentemente la prestazione di reperibilità, ovvero, in via subordinata, in ragione della percentuale retributiva applicabile per le singole ore di reperibilità in relazione alla giornata in cui esse risultano ricadenti;

– l’accertamento del diritto alla restituzione delle somme indebitamente ripetute, maggiorate di interessi e rivalutazione.

Le avanzate pretese sono state dai ricorrenti affidate ai motivi di seguito descritti nei titoli e, sinteticamente, nel contenuto.

1) Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e della l. 7 agosto 1990, n. 241 – eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità dei presupposti, omessa motivazione e sviamento di funzione.

L’Istituto non può dare atto, nella forma della comunicazione dell’avvio del procedimento, del provvedimento di ripetizione che si è già determinato ad assumere. Laddove alle note del 5 giugno 2003 possa attribuirsi la valenza di comunicazione di avvio del procedimento, le trattenute sarebbero, allora, prive del provvedimento decisorio finale.

2) Violazione degli artt. 3, 36 e 97 Cost. – violazione dell’art. 31 e della tabella A.7, combinato disposto lett. n) e o) del regolamento del personale della Banca d’Italia approvato dal consiglio Superiore dell’Istituto in conformità agli accordi sindacali stipulati con le OO.SS. maggiormente rappresentative – violazione degli artt. 1362, 1363, 1365, 1366 c.c. – eccesso di potere per omessa e insufficiente motivazione nonché per sviamento di funzione.

Poiché la prestazione connessa all’obbligo di reperibilità è gravosa, la pretesa di remunerarla, quando essa si protrae in misura prevalente nella giornata del sabato, con le percentuali inferiori previste per i giorni lavorativi feriali è ingiusta e contrastante con il regolamento del personale, che stabilisce che le misure dei compensi per turno sono applicate secondo il criterio della prevalenza.

Del resto, la stessa Banca ha correttamente corrisposto il compenso in parola, per anni, secondo il criterio della prevalenza, in forza di una corretta applicazione del regolamento, interpretato secondo gli usuali criteri ermeneutici che presiedono ai contratti, che non possono, ora, essere disattesi ex abrupto.

3) Violazione degli artt. 3, 36 e 97 Cost. – violazione dell’art. 1340 c.c. – eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità dei presupposti e sviamento di funzione.

Laddove dovesse ritenersi che il criterio della prevalenza non trovi applicazione, perché non espressamente previsto dal regolamento ai fini della liquidazione del compenso per reperibilità, il diritto dei ricorrenti alla percezione dello stesso nella misura fino ad ora usufruita scaturirebbe, comunque, da una consolidata prassi aziendale, spontaneamente assunta dalla Banca. L’uso aziendale, secondo la giurisprudenza lavoristica, resta insensibile ad eventuali successive modificazioni peggiorative.

4) Violazione degli artt. 3, 36 e 97 Cost. – violazione dell’art. 1371 c.c. – eccesso di potere per manifesta ingiustizia, illogicità, sviamento di funzione.

In via subordinata, sempre per l’ipotesi che dovesse ritenersi che il criterio della prevalenza non trovi applicazione ai fini della liquidazione del compenso per reperibilità, la stessa dovrebbe comunque essere effettuata secondo l’unico altro criterio idoneo a realizzare un equo contemperamento degli interessi delle parti, che è quello di applicare la percentuale propria del giorno (venerdì o sabato) in cui ricadono le singole ore di reperibilità.

2. Si è costituita in resistenza la Banca d’Italia, domandando il rigetto del ricorso, di cui sostiene la infondatezza.

Con ordinanza 5 novembre 2003, n. 5538, la Sezione ha dato atto della rinunzia dei ricorrenti alla domanda cautelare pure avanzata in ricorso.

Il gravame è stato, indi, trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 26 ottobre 2011.

3. Si controverte in ordine alla misura cui deve essere parametrato il "compenso per reperibilità" spettante ai ricorrenti, dipendenti della Banca d’Italia, ai sensi del relativo regolamento del personale, in ragione dell’avvenuto assolvimento della relativa prestazione con inizio nella giornata di venerdì (giorno feriale lavorativo) e termine nella giornata di sabato (giorno feriale non lavorativo).

La questione è stata ingenerata dalla pretesa della Banca, azionata con gli atti del 5 giugno 2002 di cui in epigrafe (e nelle more del giudizio interamente soddisfatta mediante trattenute sulle buste paga del giugno 2003 degli importi di Euro 305,58, 198,14, 78,02), di ripetere dai ricorrenti le maggiori somme erroneamente corrisposte a tale titolo, essendo stato il relativo compenso commisurato prendendo a riferimento il parametro previsto per giorni feriali non lavorativi, anziché quello per i giorni feriali lavorativi.

Al riguardo, i ricorrenti, nell’agire con il ricorso all’odierno esame avverso l’azione di ripetizione, sostengono che il compenso loro spettante è quello previsto per i giorni feriali non lavorativi.

4. Va immediatamente chiarito che l’azione proposta in giudizio, sebbene indicata anche come azione impugnatoria, deve qualificarsi esclusivamente come azione di accertamento e di condanna, atteso che la posizione azionata, riguardando una pretesa a carattere patrimoniale, è di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.

La pretesa dedotta dai ricorrenti è, infatti, volta al riconoscimento del diritto al compenso per reperibilità nella misura maggiore goduta per un certo tempo precedentemente all’azione di ripetizione avviata dalla Banca.

Nè la circostanza che tale azione di ripetizione si sia concretizzata mediante atti è idonea a delineare i presupposti di un giudizio impugnatorio, atteso che quest’ultimo è rivolto all’eliminazione di provvedimenti autoritativi, laddove tali atti sono meri atti, inidonei, in quanto tali, a "degradare" la posizione giuridica soggettiva contrapposta.

Ne consegue l’inconferenza del primo motivo di impugnativa, con il quale i ricorrenti hanno censurato l’azione amministrativa per violazione della legge sul procedimento amministrativo.

Il meccanismo di procedimentalizzazione dell’attività amministrativa, predisposto in via generale dalle norme di cui alla l. 7 agosto 1990, n. 241, postula, infatti, che l’amministrazione agisca nell’esercizio del potere, in via autoritativa e non paritetica, ossia che l’agere amministrativo si contrapponga ad interessi legittimi, non a diritti soggettivi.

La controversia in esame, invece, come già evidenziato, afferisce a diritti soggettivi e, quindi, gli atti che i ricorrenti censurano per violazione della legge sul procedimento hanno natura paritetica e non autoritativa.

Indi le censure de quibus, postulando un’attività amministrativa provvedimentale, sono nel caso di specie irrilevanti, dovendo, piuttosto, affrontarsi la disamina della questione di merito, relativa alla spettanza o meno ai ricorrenti del compenso di reperibilità nella maggiore misura per cui è interposta la presente azione di accertamento e di condanna.

Del resto, laddove tale disamina rivelasse la fondatezza della pretesa ricorsuale, essa comporterebbe, in disparte ogni indagine relativa alle modalità con cui la ripetizione è stata attuata, il riconoscimento giudiziale del diritto dei ricorrenti alla restituzione delle somme indebitamente ripetute dall’amministrazione di appartenenza; per converso, nell’ipotesi opposta, non potrebbe disporsi l’annullamento degli atti finali di ripetizione (che non vi è dubbio nella fattispecie essersi formati) conformi a legge nel contenuto, e di natura vincolata, per l’omesso invio della comunicazione di avvio del procedimento (C. Stato, VI, 17 giugno 2009, n. 3950).

5. Passando, quindi, alla valutazione della pretesa sostanziale azionata in via principale, si osserva che i ricorrenti affidano la illustrazione della fondatezza del ricorso a tre filoni argomentativi, il primo e più importante dei quali è costituito dall’affermazione che il regolamento del personale della Banca d’Italia prevede che le misure dei compensi per turno sono applicate secondo il criterio della prevalenza.

Applicando tale criterio, i ricorrenti rivendicano il diritto a trattenere il maggior compenso già percepito, calcolato, in base al momento di prevalente ricaduta della prestazione di reperibilità (resa a cavallo tra il venerdì e il sabato), secondo il parametro previsto per la giornata feriale non lavorativa.

Prima di ogni altra considerazione al riguardo, è necessario illustrare in cosa consista l’obbligo di reperibilità cui il compenso in parola è correlato e come lo stesso è strutturato dal regolamento del personale della Banca d’Italia.

La definizione della prestazione accessoria è contenuta nell’art. 26 del regolamento, che stabilisce al comma 1 che il personale per il quale sia previsto con formale comunicazione della Direzione del servizio o della Filiale di appartenenza un obbligo di pronta reperibilità è tenuto a fornire in via preventiva ogni indicazione utile per essere immediatamente rintracciabile mediante comunicazione telefonica o altro mezzo, nonché a raggiungere tempestivamente, in caso di chiamata, il luogo dell’intervento.

La durata ordinaria della prestazione è determinata dal successivo comma 2, che chiarisce che " Salvo diversa determinazione…, il turno di reperibilità in giorno lavorativo è compreso tra il termine del normale orario di lavoro e le ore 8,00 del giorno successivo; il turno di reperibilità in giorno festivo, feriale non lavorativo e di riposo settimanale è compreso tra le ore 8,00 del giorno medesimo e le ore 8,00 del giorno successivo".

Chiarisce, in fondo, il comma 2 dell’art. 26 in parola che "Per ogni turno di reperibilità spetta il compenso di cui all’art. 131, lett. o) (Tab. A.7, lett. o)".

Il comma 3, infine, prevede i compensi per il caso di effettuazione di interventi sul posto di lavoro durante il turno di reperibilità.

Il sopra richiamato art. 131 è dedicato ad una serie di compensi speciali.

La relativa lett. o), titolata "Compenso per reperibilità", prevede che esso "Spetta, per ciascun turno, al personale per il quale sia stato stabilito, ai sensi dell’art. 26, un obbligo di pronta reperibilità".

La misura del compenso è, indi, prevista alla Tab. A.7, lett. o), che prevede che il compenso per reperibilità sia così determinato: giorni lavorativi, 40% di 1/360 dello stipendio annuo lordo; giorni feriali non lavorativi, 70% di 1/360 dello stipendio annuo lordo; giorni festivi, 85% di 1/360 dello stipendio annuo lordo.

Tanto premesso in relazione alla regolazione del compenso in parola, rileva il Collegio che l’affermazione ricorsuale in esame, che le misure dei compensi per turno sono applicate dal regolamento dell’Istituto secondo il criterio della prevalenza, si rivela del tutto inconferente ai fini per cui è causa.

Ed infatti, se è vero che alcuni dei compensi speciali regolati dall’art. 131 e dalla Tabella A.7 fanno riferimento al criterio della prevalenza (quale il compenso "per turno" di cui alla lett. n) dell’art. 131 e della Tabella A.7), è altresì vero che il regolamento, nella parte dedicata al compenso per reperibilità, non contiene alcun riferimento, diretto o indiretto, a tale criterio.

Né può dirsi che il compenso per reperibilità possa essere ascritto, sic et simpliciter, in un preteso, generale novero dei "compensi per turno", con conseguente conforme regolazione, che comporterebbe l’applicazione anche del criterio della prevalenza.

Ciò in quanto tutto il regolamento del personale della Banca, compreso l’art. 131 e la Tab. 7.A, disciplinano specificamente le singole prestazioni accessorie ed i correlati compensi, prevedendo, per ognuno di essi, una specifica regolamentazione, correlata alle specifiche caratteristiche delle prestazioni stesse.

Inoltre, la circostanza che anche il compenso per reperibilità è regolato "per turno" (art. 26 e art. 131, lett. o)), non lo pone, per ciò stesso, nel novero della categoria dei "compensi per turno", atteso che tale categoria è, nella specie, insussistente, essendo il "compenso per turno" solo uno degli specifici compensi regolati dall’art. 131 e dalla Tab. 7.A. (lett. n)).

Chiarito, quindi, che la misura del compenso per reperibilità è direttamente ed autonomamente prevista dal regolamento, occorre indagare se la sua regolamentazione è esaustiva ovvero, in altre parole, se essa abbia preventivamente considerato, ai fini sinallagmatici, l’ipotesi – qui in evidenza – che la correlata prestazione si esplichi parte in un giorno feriale lavorativo e parte in un giorno feriale non lavorativo.

La risposta è positiva.

Soccorre, infatti, il già citato art. 26, comma 2, del regolamento, che definisce, salvo diversa determinazione, il "turno di reperibilità in giorno lavorativo" quello compreso tra il termine del normale orario di lavoro e le ore 8,00 del giorno successivo, senza specificare se quest’ultimo sia feriale non lavorativo o festivo, cioè senza declinare le altre possibili categorie del giorno finale della prestazione accessoria, che pure rilevano, ai sensi della Tab. A.7, lett. o), ai fini della individuazione del correlato compenso.

Così come lo stesso comma definisce "turno di reperibilità in giorno festivo, feriale non lavorativo e di riposo settimanale" quello compreso tra le ore 8,00 del giorno medesimo e le ore 8,00 del giorno successivo.

Di talchè, considerando:

– che la prestazione accessoria di cui trattasi è di durata;

– che l’art. 26, comma 2, qualifica "turno di reperibilità in giorno lavorativo" quello che inizia al termine del normale orario di lavoro di un giorno lavorativo, senza specificare alcunché in ordine al giorno in cui essa termina;

– che la Tab. A.7, lett. o) regola compiutamente i compensi per i tre turni di reperibilità, prevedendo uno specifico compenso per la reperibilità nei giorni lavorativi (40% di 1/360 dello stipendio annuo lordo), diverso da quello previsto per la reperibilità nei giorni feriali non lavorativi e nei giorni festivi (rispettivamente, 70% e 85% di 1/360 dello stipendio annuo lordo);

– che la stessa Tab. A.7, lett. o) non regola altre ipotesi,

deve concludersi che la individuazione del compenso per l’obbligo di reperibilità che abbia inizio in un giorno feriale lavorativo (compreso il venerdì), non può, come da regolamento, che essere rapportata a quella prevista per il turno di reperibilità in giorno lavorativo, restando del tutto indifferente, a termini del regolamento stesso, che il giorno finale della prestazione ricada in un giorno feriale non lavorativo (sabato).

La censura risulta, per quanto sopra, infondata.

6. Né i ricorrenti possono essere seguiti quando affermano che le conclusioni di cui sopra, tenuto conto della gravosità della prestazione in parola, concretano una palese ingiustizia.

Infatti, per escludere la rilevanza dell’argomentazione, il Collegio può limitarsi ad osservare che, nell’ipotesi inversa a quella qui prospettata, ovvero di prestazione di reperibilità resa a cavallo tra un giorno festivo, feriale non lavorativo o di riposo settimanale e un giorno lavorativo, permane la validità della regola posta a base degli artt. 26 e 131 e della Tab. A.7, lett. o), del regolamento del personale della Banca d’Italia, con l’effetto che in tali casi va applicato il maggior compenso previsto per la reperibilità nei giorni feriali non lavorativi e nei giorni festivi, anche qualora la prestazione ricada anche in un giorno feriale lavorativo.

7. Nulla muta nelle conclusioni sopra raggiunte considerando le ulteriori affermazioni ricorsuali.

In particolare, ricorrenti sostengono che la Banca ha corrisposto per anni il maggior compenso per cui è causa, in applicazione del criterio della prevalenza ed in forza di una corretta applicazione del regolamento, interpretato secondo gli usuali criteri ermeneutici che presiedono ai contratti, che non possono, ora, essere disattesi ex abrupto, e che il diritto dei ricorrenti alla percezione dello stesso nella misura fino ad ora usufruita scaturirebbe, comunque, da una consolidata prassi aziendale, spontaneamente assunta dalla Banca, che resta insensibile ad eventuali successive modificazioni peggiorative.

Ma neanche tali rilievi sono decisivi.

Pure in disparte la disamina della questione inerente la inconfigurabilità di un uso aziendale in un Istituto di diritto pubblico, quale la Banca d’Italia, introdotta dalla parte resistente, la Banca ha chiarito, senza trovare alcuna confutazione, che, fino all’emergere dell’errore verificatosi presso la Filiale di Novara, ove i ricorrenti prestavano servizio, nessun dubbio in ordine alla portata applicativa delle norme regolamentari qui considerate è mai sorto presso le altre numerose strutture della Banca in cui trova applicazione l’istituto della reperibilità, né dubbi di sorta erano mai stati sollevati da singoli dipendenti o dalle OO.SS. firmatarie degli accordi trasfusi nel regolamento del personale, fatta salva quella che ha sollevato la questione a Novara, all’indomani del ripristino del corretto criterio di attribuzione del compenso da sempre ed ovunque applicato.

Non si versa, pertanto, nell’ipotesi né di una spontanea interpretazione o applicazione di norme regolamentari secondo criteri diversi da quella direttamente desumibili dalla lettera delle stesse, né di un legittimo affidamento alla percezione di un compenso maggiore di quello effettivamente spettante.

8. Per tutto quanto sopra, va dichiarata la infondatezza della pretesa dei ricorrenti di trattenere le maggiori somme percepite in virtù della erronea corresponsione di un compenso, per il turno di reperibilità prestato a cavallo tra i venerdì ed il sabato, maggiore di quello previsto dal regolamento del personale dell’Istituto.

Conseguentemente, va dichiarata infondata anche la pretesa dei ricorrenti a ripetere, con interessi e rivalutazione, le maggiori somme in parola, trattenute dalla Banca sulle buste paga del giugno 2003.

Per gli stessi motivi sin qui esposti, non è neanche fondata la pretesa, dai ricorrenti avanzata in via subordinata, e che non trova alcuna eco del regolamento del personale dell’Istituto di appartenenza, di applicare la percentuale propria del giorno (venerdì o sabato) in cui ricadono le singole ore di reperibilità.

Tenuto ulteriormente conto che l’azione impugnatoria interposta anche avverso il regolamento del personale della Banca d’Italia, in parte qua, non si è sostanziata in alcuna censura, proponendosi, al riguardo, da parte dei ricorrenti, piuttosto una interpretazione dello stesso conforme alle tesi esposte in gravame, che sono risultate prive di fondamento, il ricorso, in definitiva, va integralmente respinto.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della Banca d’Italia, che liquida complessivamente in Euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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