T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 08-11-2011, n. 8553 Pubblicita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Parte ricorrente espone di essere un organismo associativo tra i produttori agricoli e agroalimentari della Provincia di Foggia, ivi incluse le imprese operanti nell’area del Gargano.

Tra gli obiettivi dichiarati nello Statuto, vi è anche quella di tutelare il diritto di informazione e di scelta del consumatore, nonché quello di promuovere, con appropriati strumenti e metodologie, politiche di valorizzazione sul mercato della tipicità e della genuinità delle produzioni agricole provinciali.

Tra i produttori associati vi sono 189 produttori di latte, 80 dei quali svolgono la loro attività all’interno del territorio del Gargano.

Alcuni di questi svolgono anche attività di trasformazione del latte in formaggi.

Con segnalazione presentata all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in data 10.7.2006, i ricorrenti hanno richiesto di reprimere la pubblicità, asseritamente ingannevole, relativa ad un formaggio a pasta filata prodotto e reclamizzato dalla C. s.r.l., recante in etichetta la denominazione "Fiorella del Gargano".

Il caseificio A.C. ha sede e stabilimento nel Comune di S. Paolo di Civitate, ben al di fuori del perimetro del territorio del Gargano, e sito quasi ai confini del Molise.

Per la produzione del formaggio denominato "Fiorella del Gargano" il Caseificio in questione utilizza latte non proveniente da allevamenti siti nel territorio del Gargano bensì da allevamenti siti in provincia di Foggia, Benevento e Campobasso.

Con la nota impugnata, l’Autorità ha ritenuto insussistenti "elementi grafici ed espressivi che inducano il consumatore a supporre una specifica derivazione territoriale legata al luogo di lavorazione o alla provenienza del latte utilizzato". L’Autorità ha, inoltre, evidenziato che si tratta di un prodotto che non gode di tutela come IGP, DOP e STG e che "una specialità gastronomica locale potrebbe essere realizzata, seguendo l’apposita ricetta, anche in zona geografiche diverse da quella di origine (…)".

Ha altresì rilevato che, in ogni caso, "sulla confezione oggetto di contestazione è stato specificamente indicato il luogo di produzione e di confezionamento del prodotto".

Sulla base di tali considerazioni, la segnalazione è stata archiviata per manifesta infondatezza.

Avverso siffatta determinazione, insorgono i ricorrenti, evidenziando:

1) Preliminarmente: violazione della l. n. 241/90 – omessa comunicazione di avvio del procedimento – omessa specificazione dei termini e dell’autorità cui ricorrere.

L’unica comunicazione pervenuta alla Coldiretti di Foggia, successivamente alla segnalazione, è quella relativa all’archiviazione, non essendosi l’amministrazione premurata di informare la medesima dell’avvenuto avvio del procedimento.

2) Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 206/2005 e del d.lgs. n. 109 del 1992. Ingannevolezza delle etichette – Contraddittorietà del provvedimento – Omessa motivazione.

Parte ricorrente evidenzia che, alla stregua della normativa indicata in rubrica (in particolare gli artt. 20 e 21 del d.lgs. n. 206/2005), nonché dei precedenti resi in materia dalla stessa AGCM, deve ritenersi illecita l’etichetta che possa trarre in inganno il consumatore circa l’effettiva origine di un prodotto alimentare, tanto più in cui ove si tratti di prodotti di prima trasformazione, le cui caratteristiche e qualità sono intimamente legate al luogo della materia prima utilizzata.

I ricorrenti ricordano, tra l’altro, che il Gargano è non solo una regione geografica di lunga tradizione agricola e casearia, ma anche un’area ambientale protetta, all’interno delle quale operano stringenti vincoli posti alle attività produttive, anche nei settori agricolo ed alimentare.

3) Omessa motivazione – contraddittorietà – carenza di istruttoria – carenza dei presupposti.

L’Autorità non si è peritata di accertare se la materia prima utilizzata per l’ottenimento del prodotto provenisse o meno dal territorio evocato, con ciò incorrendo in una palese carenza di istruttoria, e comunque, nella violazione dei numerosi precedenti resi in materia.

4) Violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 206/2005. Illogicità manifesta. Contraddittorietà. Falsità dei presupposti. Carenza di istruttoria.

L’esplicito riferimento all’origine geografica del prodotto è nel nome stesso utilizzato per il formaggio "Fiorella del Gargano".

Inoltre, l’ingannevolezza di una etichetta contenente il richiamo ad una località geografica diversa da quella di effettiva origine del prodotto, non può essere esclusa invocando la legislazione in materia di denominazione di origine controllata, DOP, IGP etcc..

L’Autorità non ha comunque verificato, come pure afferma, se il prodotto in questione venga realizzato secondo una particolare ricetta.

In realtà "Fiorella del Gargano" non è la denominazione di una specialità gastronomica locale, ma solo il nome di un formaggio evocante un’origine territoriale che non possiede.

Irrilevante, è, infine, l’indicazione del luogo di confezionamento, obbligatoria per legge, laddove, invece, alcuna informazione viene resa al consumatore circa l’origine geografica del prodotto.

Si è costituita, per resistere, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, depositando documenti e memoria.

I ricorrenti hanno depositato documenti e una memoria difensiva, in vista della pubblica udienza del 12 ottobre 2011, alla quale il ricorso è stato assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. E’ impugnato un provvedimento di archiviazione per "manifesta infondatezza" adottato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ai sensi dell’art. 4, comma 5, d.P.R. n. 284 dell’11.7.2003, regolamento recante norma sulle procedure istruttorie di detta Autorità in materia di pubblicità ingannevole e comparativa.

Ai sensi della disposizione appena richiamata, se la richiesta di intervento dell’Autorità, "risulta manifestamente infondata od inammissibile per difetto di legittimazione del richiedente od in caso di mancato rispetto del termine assegnato di cui al comma 2, l’Autorità provvede alla sua archiviazione, dandone comunicazione al richiedente".

Giova altresì richiamare, in quanto dirimente ai fini della decisione della presente controversia, il testo dell’art. 21 del d.lgs. n. 206/2005, nella versione applicabile ratione temporis, recante i criteri di valutazione dell’ingannevolezza di una pubblicità.

In particolare, "Per determinare se la pubblicità sia ingannevole se ne devono considerare tutti gli elementi, con riguardo in particolare ai suoi riferimenti:

a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, l’esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi (…).".

Nel caso di specie, l’Autorità, come già evidenziato in fatto, ha ritenuto che accanto all’indicazione "Fiorella del Gargano" non sono collocati "elementi grafici od espressivi che inducano il consumatore a supporre una specifica derivazione territoriale legata al luogo di lavorazione o alla provenienza del prodotto utilizzato". Inoltre, ha valorizzato il fatto che " si tratta di un prodotto che non gode di tutela come IGP o STG e che una specialità gastronomica locale potrebbe essere realizzata, seguendo l’apposita ricetta, anche in zone geografiche diverse da quella di origine, quale, nel caso di specie, la limitrofa Provincia di Foggia.". In ogni caso "sulla confezione oggetto di contestazione è stato specificamente indicato il luogo di produzione e confezionamento del prodotto".

2. I ricorrenti svolgono, in primo luogo, una censura di carattere procedimentale, lamentando che, dopo la segnalazione fatta all’Autorità, non sia stata data loro alcuna comunicazione circa l’avvio del procedimento poi sfociato nel provvedimento oggetto dell’odierna impugnativa.

Al riguardo è però agevole rilevare che, come correttamente evidenziato dalla difesa erariale, la determinazione di archiviazione comporta che, appunto, alcun procedimento venga effettivamente avviato.

In tale fase, come chiaramente descritto dall’art. 4 del cit. d.P.R. n. 284 del 2003, viene soltanto operata una prima delibazione sulla sussistenza delle presunte violazioni al fine di verificare la sussistenza quanto meno del "fumus" in ordine alle violazioni da contestare e quindi dei presupposti per l’apertura dell’istruttoria. La fase preistruttoria (analogamente a quanto avviene in materia di tutela della concorrenza), è quindi connotata da ampia informalità e rispetto ad essa non trovano applicazione gli strumenti di partecipazione degli interessati al procedimento.

In sostanza, in materia di pubblicità ingannevole, l’archiviazione di una richiesta di intervento dell’Autorità esclude per definizione l’apertura del procedimento amministrativo, ponendosi in alternativa a questa, e si colloca in una fase meramente preprocedimentale, in relazione alla quale l’Autorità stessa non è gravata da oneri di preventivo contraddittorio mediante comunicazione di avvio del procedimento (così TAR Lazio, sez. I, 5 ottobre 2004, n. 10186).

2. Nel merito, tuttavia, il ricorso è fondato.

2.1. Devono anzitutto condividersi i rilievi di parte ricorrente là dove fa notare che la denominazione del prodotto segnalato ("Fiorella del Gargano") ha una inequivocabile funzione semantica, evocando, con immediata suggestione, la provenienza del prodotto da una specifica area geografica di produzione. E’ perciò del tutto incomprensibile, l’affermazione dell’Autorità, secondo cui, in tale denominazione, non vi sarebbero elementi espressivi "che inducano il consumatore a supporre una specifica derivazione territoriale".

Né la forza suggestiva della denominazione può dirsi vinta dall’indicazione, riportata in etichetta, circa il luogo di confezionamento del prodotto. Non solo infatti – come ancora esattamente dedotto dai ricorrenti – il consumatore medio può ignorare che il Comune di S. Paolo di Civitate è al di fuori del territorio del Gargano, ma è del tutto evidente che tale indicazione non reca, in sé, alcuna informazione circa la provenienza della materia prima utilizzata.

Al riguardo, comunque, l’Autorità non ha svolto alcun approfondimento istruttorio, né ha verificato effettivamente l’esistenza di una "specialità gastronomica locale" che, seguendo l’ "apposita ricetta" potrebbe essere realizzata anche in zone geografiche diverse da quella di origine.

Relativamente, poi, all’affermazione della difesa erariale secondo cui alla provenienza geografica del prodotto non potrebbe essere associato un particolare pregio, osserva il Collegio che il testo dell’art. 21, in precedenza riportato, è inequivocabile nel ricollegare la valutazione di ingannevolezza alla sola "origine geografica o commerciale".

Anche in questo caso, comunque, non risulta che l’Autorità abbia condotto una qualche istruttoria circa il pregio naturalistico dell’area del Gargano, là dove, invece, i ricorrenti hanno comprovato che la zona in questione è una regione di lunga tradizione agricola e casearia, oltre ad essere caratterizzata dalla presenza di rilevanti vincoli ambientali.

D’altro canto, la circostanza stessa che un competitor, a fini promozionali, abbia ritenuto vantaggioso evocare un collegamento tra il proprio prodotto e la regione in cui operano i ricorrenti, avrebbe dovuto indurre l’Autorità ad effettuare ulteriori approfondimenti, risultando la fattispecie sicuramente degna dell’apertura di un procedimento di infrazione.

Quanto testé evidenziato, circa la possibile valenza decettiva del richiamo ad una specifica origine geografica della materia prima, è poi confermato dai numerosi precedenti in materia (puntualmente richiamati dai ricorrenti) resi dalla stessa AGCM ovvero dal giudice amministrativo.

Tra questi ultimi giova richiamare, per la sua limpida chiarezza, la decisione del Consiglio di Stato, n. 1254 del 6 marzo 2001, in tema di ingannevolezza di un noto marchio di olio alimentare recante il richiamo ad una località caratterizzata dal particolare pregio della materia prima.

In tale circostanza, confermando le primigenie valutazioni dell’Autorità, nonché le argomentazioni della Sezione, il Consiglio ebbe a sottolineare che la dicitura in questione "può comportare una associazione logica tra il prodotto e la località geografica, che non può essere esclusa invocando la diligenza dell’uomo medio o, tanto meno, la legislazione in materia di denominazione di origine controllata. Ciò, perché, se è vero che l’apposizione della denominazione di origine è chiaramente avvertita dal consumatore più avveduto come garanzia della provenienza del prodotto da una determinata zona, non è vera l’affermazione reciproca, che, cioè, l’assenza di detta denominazione sia di per sé avvertibile come inequivoca manifestazione del fatto che la totalità del prodotto non provenga da una zona particolare, essendo evidentemente diverse le categorie di consumatori che si rivolgono ai prodotti DOC, da quelle che, pur sprovviste di nozioni specifiche circa la legislazione in materia di denominazione d’origine, sono inclini, comunque, ad acquistare beni che presentino un qualche pregio rispetto alla massa e che possono, quindi, percepire l’indicazione di Oneglia quanto meno come maggiormente tranquillizzante circa la qualità, rispetto ad altri prodotti che tale indicazione non rechino o ne rechino una diversa.".

3. In definitiva, per tutto quanto argomentato, il ricorso merita accoglimento, dovendo, per l’effetto, annullarsi la determinazione impugnata.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza, e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato alla rifusione delle spese di giudizio che si liquidano, complessivamente, in euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre agli accessori, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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