Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-06-2011) 07-10-2011, n. 36426

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 12-3-2010 la Corte di Appello di Perugia -in riforma della sentenza emessa dal Tribunale del luogo in data 28/2/2008 – dichiarava non doversi procedere a carico di C. R. per il reato ascrittogli ai sensi dell’art. 482 c.p. contestato in riferimento all’art. 476 c.p. per essere tale reato estinto per prescrizione, e confermava le statuizioni civili.

All’imputato si attribuiva la condotta inerente alla formazione di un falso contratto, nella qualità di dipendente di una società che forniva contratti alla WIND, avendo egli formato una proposta di contratto per servizio "pronto 1055", compilandola in data 3-6-2002- con indicazione della linea telefonica e delle modalità di pagamento con invio di bollettino postale, apponendo tre sottoscrizioni a firma apparente di A.G..

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1- la mancanza di elementi di prova tali da consentire di individuare nell’imputato l’autore della condotta delittuosa.

A sostegno del motivo la difesa rilevava che i contratti venivano formalizzati attraverso un centralino telefonico e che i codici di identificazione dell’addetto venivano registrati e memorizzati in computer, mentre il C. risultava indicato in modo incerto dal teste agente di ps. che aveva svolto le indagini, in modo informale.

Mancava, pertanto, ad avviso della difesa, alcuna prova documentale della attività illecita ascritta all’imputato.

– Evidenziava altresì che anche la perizia grafica non aveva consentito di attribuire all’imputato la falsità delle sottoscrizioni apposte a nome A..

Per tali elementi la difesa deduceva la erronea applicazione dell’art. 482 c.p..

2-Con ulteriore motivo la difesa censurava la sentenza per contraddittorietà ed illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 2, lett. e).

Sul punto la difesa censurava la motivazione con la quale la Corte aveva interpretato il contenuto delle deposizioni testimoniali, rese dall’agente di ps. che aveva svolto indagini e da altri testi ( M. e F.), nel senso che riteneva che da tali deposizioni non derivasse la affermazione che il C. stesso avesse operato nella formazione dell’atto, essendo avvenuta tale formazione con le modalità del contatto telefonico, e indicazione di dati che potevano ritenersi meramente erronei, onde escludeva la esistenza di elementi dai quali poter desumere la responsabilità del prevenuto che la Corte aveva affermato ex art. 578 c.p.p. ai fini degli interessi civili, stante l’intervenuto decorso del termine prescrizionale.

Inoltre il ricorrente, ripercorrendo gli elementi addotti in sede istruttoria, evidenziava che la motivazione appariva illogica anche con riferimento all’interpretazione dell’esito della perizia grafica, rilevando che il perito non aveva riferito di elementi certi che potessero far attribuire allo stesso imputato la contestata falsificazione del documento.

In tal senso la difesa evidenziava che la Corte aveva ritenuto una mera probabilità di attribuzione al C. della condotta de qua, in riferimento alla formazione della proposta di contratto, e non della firma.

In base a tali rilievi la difesa riteneva che anche se per ipotesi il C. fosse stato autore materiale della redazione del contratto, non sarebbe egli stesso autore della falsificazione delle sottoscrizioni, e pertanto escludeva la prova inerente al delitto di cui all’art. 482 c.p..

3- Da ultimo censurava la sentenza per non avere la Corte fornito spiegazioni in riferimento al secondo motivo di appello, che deduceva la mancanza degli elementi costitutivi del reato di cui si tratta, non avendo esaminato la questione della mancanza di elementi per riferire al C. la falsificazione delle firme, laddove la sentenza aveva affermato la responsabilità dell’imputato.

Per tali motivi chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Il ricorso risulta privo di fondamento.

Invero la sentenza impugnata deve ritenersi esente dai vizi di legittimità addotti dal ricorrente, e in primo luogo dal vizio di erronea applicazione della legge penale, emergendo dal testo del provvedimento che la Corte territoriale ha compiutamente analizzato le modalità del fatto e del ruolo assunto dall’imputato, rendendo esauriente e logica motivazione sui punti oggetto di gravame.

In primo luogo deve rilevarsi che il giudice si è pronunziato dichiarando non doversi procedere per essere il reato di cui all’art. 482 – posto in riferimento all’art. 476 c.p. estinto per prescrizione, e che sono stati disattesi i motivi di appello, compiutamente analizzati come da motivazione ai sensi dell’art. 578 c.p.p..

Deve ritenersi legittimo peraltro il giudizio formulato in virtù del libero convincimento del giudice nella valutazione di elementi di prova logica, che si desumono chiaramente dalla sentenza di cui si tratta, essendo sufficiente ad integrare la corretta valutazione delle risultanze processuali, la completa analisi svolta dal Giudice di merito, circa la ascrivibilità della condotta contestata all’imputato, affermata dal giudice di appello, in base a deposizioni testimoniali in virtù delle quali si erano disattese le deduzioni difensive, sì da evidenziare la adeguatezza dell’apparato motivazionale, scevro da contraddittorietà o da omissioni nella valutazione di elementi favorevoli al prevenuto.

Quanto all’esito della perizia grafica esso risulta ugualmente compreso nella valutazione dei giudici di appello, che hanno concluso escludendo la contraddittorietà delle conclusioni del perito e comunque ritenendo che fosse ascrivibile al predetto imputato la condotta criminosa.

Va dunque rilevato che le censure del ricorrente sulla erronea interpretazione delle risultanze processuali, non trovano riscontro nel provvedimento impugnato. Inoltre devono ritenersi ripetitive e quindi ininfluenti ed inammissibili, le argomentazioni tendenti a prospettare la diversa interpretazione dei dati processuali.

Peraltro ai fini dell’art. 482 c.p. deve ritenersi sufficiente l’accertamento di un’attività che l’imputato aveva svolto per la formulazione del contratto in contestazione, ove erano incluse le false sottoscrizioni del titolare come si desume dalla sentenza.

Pertanto resta privo di fondamento anche l’ultimo motivo con il quale la difesa deduce la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 2, lett. e) in relazione all’art. 482 c.p..

In conclusione la Corte deve rigettare il ricorso e il ricorrente va condannato come per legge al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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