Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-03-2012, n. 3714 Responsabilità civile responsabilità del conducente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione notificata in data 7 agosto 2000 G.P. conveniva in giudizio C.C., L.S., Ci.Ma. e C.M. esponendo di essere rimasta vittima di un incidente stradale, verificatosi il 10 agosto 1981, allorchè era trasportata su un ciclomotore guidato da C. M. e di proprietà del di lei padre C.C..

Aggiungeva che la causa intesa ad ottenere il risarcimento dei danni, instaurata nei confronti della sola conducente, si era conclusa con sentenza n. 900 del 1999 resa dal Tribunale di Livorno, che aveva quantificato i danni in L. 630 milioni; che vi era stato altro giudizio, conclusosi con sentenza di quel Tribunale, promosso dall’impresa assicuratrice che aveva anticipato le somme necessarie per le cure mediche ad essa infortunata ed inteso ad ottenere il ristoro di detti esborsi dalla conducente e dal proprietario del veicolo; che la sentenza di prime cure era stata confermata in appello. Ciò posto, deducendo che la famiglia C. si era spogliata dei propri beni in favore dell’altra figlia Ma. con contratti simulati e che, essendo stata la responsabilità della conducente e del proprietario del veicolo affermata in tre distinte sentenza, non occorreva alcuna attività istruttoria trattandosi solo di estendere agli altri convenuti gli effetti della sentenza resa nei confronti della conducente; tutto ciò premesso, chiedeva che i convenuti, previa declaratoria di nullità degli atti di disposizione dei beni, fossero condannati a pagarle la somma già riconosciuta nella prima sentenza, oltre svalutazione ed interessi, nonchè a rifonderle le spese di lite liquidate nel precedente giudizio.

In esito al giudizio, in cui si costituivano il C. e la L. nonchè l’impresa assicuratrice Zurigo compagnia di assicurazioni Sa, chiamata in garanzia, il Tribunale adito rigettava entrambe le domande attrici. Avverso tale decisione la G. proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si costituivano tutti gli appellati, la Corte di Appello di Firenze con sentenza in data 26 gennaio 2010, in riforma della decisione impugnata, ritenuta l’esclusiva responsabilità di C.M. nella determinazione del sinistro, condannava C.C. e L.S., in solido tra loro e con la figlia M., a pagare in favore di G.P. la somma di Euro 359.583,68 maggiorata di interessi legali dal 10 agosto 1981, devalutata dalla data del sinistro e poi rivalutata anno per anno, oltre spese di giudizio; condannava altresì la Zurich Insurance Company S.A. a mantenere indenne il C. di quanto fosse tenuto a pagare all’appellante. Avverso la detta sentenza hanno quindi proposto ricorso per cassazione principale, la Zurich Insurance, articolato in cinque motivi, e ricorso incidentale in tre motivi C.C. e L.S.. Resiste con controricorso la G.. Sia quest’ultima sia i ricorrenti hanno infine depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

In via preliminare, vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

Ciò posto, al fine di inquadrare più agevolmente il complesso delle doglianze formulate dai ricorrenti, torna utile premettere che con i primi, rispettivi, motivi di impugnazione la Zurich Insurance, esattamente con la prima doglianza, ed i coniugi C. – L., esattamente con la seconda doglianza, deducendo il vizio di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 112 c.p.c., hanno denunciato che la Corte di Appello sarebbe incorsa nel vizio di extrapetizione perchè la domanda originaria della G. era volta ad ottenere un titolo esecutivo nei confronti dei genitori di C.M. (e del proprietario del veicolo investitore) previa estensione degli effetti della sentenza n. 900/99 dichiarativa della responsabilità della conducente, resa in precedenza nei confronti della sola C.M.. Ciò risulterebbe – così scrive in particolare la ricorrente principale – dalle inequivoche conclusioni della G., quando chiese che la sentenza n.900/99 "doveva ab origine e deve spiegare i suoi effetti anche sugli odierni convenuti". Pertanto, la Corte d’appello – sono queste le conclusioni di entrambe le parti ricorrenti – avrebbe fondato la pronuncia su una causa petendi diversa da quella dedotta dall’attrice. Contenuto sostanzialmente analogo alle due ragioni di censura sopra riportate presenta inoltre un’ulteriore doglianza, esattamente la prima, svolta dai ricorrenti incidentali C. e L., sia pure sotto il diverso profilo del vizio di motivazione. Ed invero, la Corte di secondo grado – così in sintesi la doglianza dei ricorrenti incidentali – avrebbe sbagliato nel ritenere che la G., nel chiedere di estendere ai genitori di C.M. gli effetti della sentenza già pronunciata in danno della figlia, fosse incorsa in una mera improprietà di linguaggio. Al contrario, i giudici di seconde cure, concludendo che la G. volesse pervenire "a quella medesima statuizione che aveva già visto condannare al risarcimento la figlia" avrebbero in maniera illogica attribuito agli elementi di giudizio un significato fuori del senso comune.

Inoltre – e tali rilievi sostanziano la seconda e la terza doglianza, rispettivamente articolate da entrambe le parti ricorrenti sotto il comune profilo della violazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. – le prove, ritenute rilevanti e sufficienti dalla Corte, non potevano supportare la domanda effettivamente avanzata dall’attrice, volta ad estendere agli altri convenuti gli effetti della sentenza n.900/99 dichiarativa della responsabilità della conducente, resa in precedenza nei confronti della sola C.M.. Era stata quindi corretta la decisione del Tribunale, erroneamente riformata dalla Corte, quando il giudice di prime cure aveva disatteso la domanda attrice per mancanza di prova in quanto il materiale probatorio acquisito in giudizio tra soggetti diversi e con una causa petendi diversa non potesse essere utilizzato ai fini della prova della domanda svolta.

I motivi in questione, che possono essere trattati congiuntamente, proponendo sostanzialmente la stessa questione o comunque profili di censura intimamente connessi tra loro, sono fondati e meritano accoglimento. A riguardo, corre l’obbligo di premettere che, secondo l’orientamento di questa Corte, cui questo Collegio intende aderire, il principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti da luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato ( art. 112 cod. proc. civ.) od a quello del "tantum devolutum quantum appellatimi" ( art. 437 cod. proc. civ.), trattandosi in tal caso della denuncia di un "error in procedendo" che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (Cass. n.17109/2009, Cass. n.11755/04).

Ciò premesso, mette conto di sottolineare che, come risulta dal testo dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, opportunamente riportato nel ricorso per cassazione nel rispetto del principio di autosufficienza dei ricorsi, la domanda proposta dalla G. mirava ad ottenere una pronuncia di condanna anche nei confronti di C.C. e di L.S., pronuncia che, ad avviso della scrivente, "non necessita(va) di alcuna preventiva attività istruttoria in quanto trattasi solo di estendere agli odierni convenuti gli effetti della sentenza già pronunciata nei confronti dell’altro obbligato C.M.".

Pertanto, il risultato giuridico cui tendeva la domanda attrice era quella di ottenere un titolo esecutivo nei confronti dei coniugi C. e L., non già per effetto dell’accoglimento di una domanda di risarcimento danni proposta nei loro confronti ed in esito alla valutazione degli elementi istruttori raccolti a loro carico, bensì tramite la mera automatica estensione degli effetti della sentenza che aveva visto soccombente la loro figlia C.M. a fronte dell’azione risarcitoria proposta solo nei suoi confronti.

La circostanza che questa fosse l’effettiva volontà dell’attrice appare confermata dal comportamento processuale assunto dalla G., ricavabile dalla formulazione di richieste istruttorie sostanzialmente limitate all’acquisizione dei fascicoli relativi ai precedenti giudizi, dalla evocazione in giudizio della stessa C.M. già condannata nel precedente giudizio al risarcimento danni in suo favore, citazione altrimenti superflua, nonchè dall’inequivocabile e chiarissimo dato formale delle conclusioni rassegnate, in cui l’attrice chiedeva che "…dichiarato che la sentenza nr. 900/99 di questo Tribunale doveva ab origine e deve oggi spiegare i suoi effetti anche sugli odierni convenuti, nel confermare e ribadire la sentenza 900/99, condannare i convenuti in solido tra loro a dare ed a pagare all’attrice, a titolo di risarcimento dei danni dalla stessa subiti nel sinistro del 10.08.1981 oggetto della causa conclusasi con la sentenza n.900/99 la somma di L. 630. 000. 000 oltre a rivalutazione Istat dal ….Condannare altresì gli odierni convenuti a rifondere alla parte attrice le spese del giudizio conclusosi con sentenza n. 900/99 e liquidate in complessive…. Condannare i convenuti a rifondere all’attrice le spese di giudizio conclusosi con la sentenza nr 900/99 e liquidate in …..".

Ed è appena il caso di osservare come la circostanza che la G. richiese la condanna dei coobbligati in solido al pagamento della medesima somma risarcitoria e delle medesime spese legali di cui al relativo capo della sentenza n.900/99 costituiva una ulteriore conferma del fatto che il contenuto sostanziale della sua pretesa e le finalità in concreto perseguite fossero, inammissibilmente, quelle di estendere l’efficacia, anche verso i successivi convenuti, della medesima sentenza n. 900/99, resa dal Tribunale di Livorno in danno di C.M..

Ciò premesso, posto che il giudice è libero di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, attenendo ciò all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge, resta però fermo che tale potere trova un limite in relazione agli effetti giuridici che la parte vuole conseguire deducendo un certo fatto, nel senso che la prospettazione di parte vincola il giudice a trarre dai fatti esposti l’effetto giuridico domandato Invero, ricorre il vizio di "extra" petizione quando il giudice, interferendo indebitamente nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi di identificazione dell’azione pervenendo ad una pronunzia non richiesta o comunque eccedente i limiti della richiesta, in relazione alle finalità effettivamente perseguite, fondate o meno che esse siano.

Ne consegue che in applicazione di questo principio le censure esaminate meritano di essere accolte, ritenendosi in esse assorbiti gli altri motivi di impugnazione proposti dalla ricorrente principale, rispettivamente per violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 193 e 237, secondo cui la Corte di appello avrebbe errato quando ha applicato la disciplina sull’assicurazione dei ciclomotori benchè il sinistro si fosse verificato il 10 agosto 1981 quando non ricorreva obbligo di assicurazione a carico dei ciclomotori sprovvisti di targa di riconoscimento (terza doglianza); nonchè per motivazione omessa e insufficiente, per aver la Corte di Appello motivato la condanna dell’assicuratore a manlevare l’assicurato di quanto era stato condannato a pagare al trasportato, pari ad Euro 359.853,61 sulla base del solo contratto di assicurazione, trascurando le condizioni contrattuali, le quali prevedevano l’esclusione della garanzia a favore del trasportato (quarta censura) e prevedevano comunque un massimale di polizza di sole lire 20.000.000 (quinta censura). Pertanto, entrambi i ricorsi per cassazione devono essere accolti in relazione e la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti dei motivi accolti. Con l’ulteriore conseguenza che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito con il rigetto dell’appello proposto dalla G..

All’accoglimento dei ricorsi segue la condanna della controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. Sussistono invece giusti motivi per compensare fra le parti le spese dei due gradi di merito in considerazione dell’alternarsi delle relative decisioni.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbito ogni altro, accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta l’appello proposto dalla G.. Compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 12.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge a favore della Zurich Insurance Pubblic Limited Company S.A. ed in Euro 8.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge a favore dei ricorrenti incidentali.
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