Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-05-2011) 07-10-2011, n. 36390 Lettura di atti, documenti, deposizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 3.2.2010, confermava la sentenza 2.7.2007 del Tribunale di Lamezia Terme, che aveva affermato la responsabilità penale di C.G., C.F., M.V. e Ma.Al. in ordine ai reati di cui:

– agli artt. 110 e 582 cod. pen. (per avere, in concorso tra loro, cagionato volontariamente a Y.A. lesioni personali giudicate guaribili in 21 giorni, percuotendolo in varie parti del corpo – in San Mango d’Aquino, l’1.1.2005);

– agli artt. 110 e 594 cod. pen., (per avere offeso l’onore ed il decoro di Y.A., chiamandolo "bastardo figlio di puttana") e, riconosciute a tutti circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., aveva condannato ciascuno alla pena di anni uno di reclusione, concedendo i doppi benefici esclusi per il solo M., al quale era stata altresì revocata la concessione di una precedente sospensione condizionale.

Avverso tale sentenza hanno proposto separati ricorsi il difensore del Ma. e quello degli altri imputati, i quali hanno eccepito:

a) per i primi tre:

– violazione di legge, quanto alla ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie della parte offesa, essendosi data lettura delle stesse sull’erroneo presupposto della sopravvenuta impossibilità di ripetizione;

– la insussistenza di ulteriori elementi di prova della affermata responsabilità;

b) per il Ma.:

– la sostanziale scaturigine del processo da una denunzia anonima, non utilizzabile ai fini del riscontro della responsabilità individuale dell’imputato;

– la manifesta illogicità della motivazione in punto di affermazione della responsabilità, in quanto il Ma. avrebbe soltanto "assistito ad una rissa in cui è rimasto coinvolto nella sua veste di paciere".

Motivi della decisione

I ricorsi devono essere rigettati, perchè infondati.

1. Legittima deve ritenersi l’applicazione delle disposizioni dell’art. 512 c.p.p..

Il Tribunale, infatti, ha disposto la lettura e l’acquisizione al fascicolo del dibattimento della denunzia-querela sporta dalla parte lesa Y.A., correttamente ravvisando l’ipotesi dell’irripetibilità oggettiva determinata da fatti e circostanze imprevedibili.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, in tema di letture dibattimentali:

– la sopravvenuta ed imprevedibile irreperibilità del testimone configura un’ipotesi di irripetibilità dell’atto di indagine che giustifica la lettura ex art. 512 c.p.p. (vedi Cass., Sez. 6:

19.2.2003, n. 8384, Fantini e 20.4.2001, Mutaf; nonchè Sez. 1 5.11.2002, n. 5725, Nuredini Bujar);

– la valutazione dell’imprevedibilità dell’evento, che rende impossibile la ripetizione dell’atto precedentemente assunto e ne legittima la lettura ai sensi dell’art. 512 c.p.p., è demandata in via esclusiva al giudice del merito, il quale deve formulare in proposito una "prognosi postuma" (con riguardo al tempo in cui l’atto è stato assunto e tenuto conto della concreta situazione esistente in tale momento), che deve essere sorretta da motivazione adeguata e conforme alle regole della logica (vedi Cass.: sez. 2, 12.2.2009, n. 6139; sez. 2 13.1.2009, n. 1202; Sez. 1 27.5.2004, n. 24249);

– la regola, posta dall’art. 526 c.p.p., comma 1-bis, (introdotto dalla L. 1 marzo 2001, n. 63 sul giusto processo), secondo cui la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’esame da parte dell’imputato o del suo difensore, non opera nel caso in cui l’utilizzazione delle dichiarazioni rese nelle indagini preliminari avvenga in forza di legittima applicazione dell’art. 512 c.p.p. per irreperibilità sopravvenuta del teste, in quanto tale situazione configura un’ipotesi di aggettiva impossibilità ài formazione detta prova in contraddittorio prevista dall’art. 111 Cost., comma 5, (vedi Cass., Sez. Unite, 24.9.2003, n. 36747). E’ necessario, comunque, che non sussistano indici sintomatici idonei a dimostrare che l’irreperibilità, benchè imprevedibile, non sia però oggettiva, ma riconducibile ad una scelta, libera e volontaria, di sottrarsi al dovere di testimoniare (Cass., Sez. 6, 19.2.2003, n. 8384, Pantini).

Nella fattispecie in esame costituisce un mero assunto difensivo – non sonetto da alcun elemento concreto – la circostanza che la parte offesa "abbia sin dal primo momento pianificato di evitare il contraddittorio con l’imputato ed il suo difensore, fornendo alla P.G. generalità false, in modo da rendere impossibile la sua reperibilità nel prosieguo del procedimento"; mentre l’imprevedibilità della irreperibilità sopravvenuta – correttamente riferita al tempo in cui la denunzia-querela dello Y. era stata assunta – può ritenersi razionalmente collegata alla riconosciuta permanenza non occasionale del denunziante in San Mango d’Aquino, dove egli era noto ed aveva anche amici.

Una interpretazione, che identificasse la volontarietà di sottrazione all’esame dibattimentale con la mera irreperibilità del teste (nella specie adeguatamente attestata da un verbale di vane ricerche), condurrebbe ad una sostanziale e generale disapplicazione dell’art. 512 c.p.p.; laddove, per quanto riguarda il presente procedimento, non è riscontrabile alcun fattore che possa considerarsi sintomatico di una libera "scelta" di volontaria sottrazione all’esame in contraddittorio.

2. Nella vicenda che ci occupa i Carabinieri intervennero in seguito a segnalazione ricevuta telefonicamente che riferiva di un pestaggio in corso, ad opera di quattro giovani e nei pressi di un determinato bar, a danno di un ragazzo di probabile origine marocchina. I militari, prontamente accorsi, trovarono Y.A. che a stento si reggeva in piedi e fu quello a dare indicazioni sugli aggressori e sull’autovettura con la quale essi si erano allontanati.

Gli attuali ricorrenti furono effettivamente rintracciati a bordo di un’autovettura e presentavano tracce ematiche sugli indumenti ed ecchimosi sulle mani.

La prospettazione del Ma., secondo la quale egli sarebbe intervenuto quale mero "paciere", risulta logicamente disattesa sia per le caratteristiche delle ecchimosi rilevate sulle sue mani (significative di colpi infetti e non di attività di allontanamento di persone colluttanti) sia per il successivo allontanamento con la stessa autovettura degli altri partecipi (essendo rimasta privo di alcun serio riscontro il manifestato proposito di raggiungere congiuntamente un amico vittima di incidente stradale).

La motivazione della sentenza impugnata – in conclusione – appare esauriente e corrispondente alle premesse fattuali acquisite in atti;

essa esamina tutti gli elementi decisivi a disposizione e fornisce risposte coerenti alle obiezioni della difesa.

3, Alla stregua delle disposizioni di cui agli artt. 333 e 240 c.p.p., una notitia criminis può essere legittimamente ricercata e appresa in base alle indicazioni di una denuncia anonima e, nella specie, solo la comunicazione dell’aggressione in corso è di fonte anonima, mentre l’accertamento dei fatti e l’individuazione degli aggressori si connette direttamente all’iniziativa della polizia giudiziaria, all’acquisizione delle dichiarazioni dell’aggredito ed all’attività di ricerca successivamente svolta.

4. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti, singolarmente, al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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