Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 05-05-2011) 07-10-2011, n. 36389 Domicilio eletto o dichiarato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Firenze, il 6 ottobre 2009 ha confermato la sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Arezzo del 12 febbraio 2008, emessa all’esito di rito abbreviato, che aveva condannato P.F., alla pena di anni 5 di reclusione, oltre alla multa, e B.M., alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione, oltre multa, per il delitto di cui all’art. 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, perchè detenevano e trasportavano illecitamente kg 9 di hashish, sostanza stupefacente che non era destinata ad uso esclusivamente personale, fatto accertato in Arezzo il 9 maggio 2005.

Gli imputati, tramite il loro difensore, hanno proposto ricorso chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

Quanto al B.:

1. Nullità della sentenza in relazione alla nullità della notifica per l’udienza del 6 ottobre 2009, che sarebbe stata effettuata ex art. 161 c.p.p., comma 4, nonostante non fosse stata accertata nuovamente l’impossibilità di notifica al domicilio eletto dallo stesso all’atto della scarcerazione.

2. Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in relazione alla richiesta di assoluzione per non aver commesso il fatto, in quanto il ricorrente è stato ritenuto responsabile solo per essere stato trovato nell’auto in compagnia del P. e le dichiarazioni di quest’ultimo non sono state tenute in conto dai giudici.

3. Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) e mancanza di motivazione in relazione alla eccessività della pena e della massima detrazione per le concessione delle attenuanti generiche.

Quanto al P.:

1. Violazione dell’art. 606, lett. e) in relazione alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto le ragioni che sono state evidenziate dai giudici non appaiono sufficienti per negare le circostanze suddette.

2. Violazione dell’art. 606, lett. e) in relazione alla lamentata eccessività della pena in quanto la Corte di Appello avrebbe fornito una motivazione apparente che non tiene in debita considerazione tutte le risultanze processuali.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

Questa Corte ha affermato il principio di diritto in base al quale, quando le sentenze di primo e secondo grado concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo (Così, tra le altre, Sez. 2, n. 5606 dell’8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181; Sez 1, n. 8868 dell’8/8/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145). Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorchè i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, Lombardozzi, Rv. 221116).

Per quanto attiene alla prima censura proposta dal B., si osserva che non sussiste il lamentato vizio della sentenza per nullità della notifica della citazione in grado di appello per essere stata effettuata al difensore ex art. 161 c.p.p., nonostante l’elezione di domicilio. Come emerge dal fascicolo processuale, che questa Corte è legittimata a consultare, essendo stato eccepito un vizio processuale, la notifica ex art. 161 c.p.p. fu effettuata in riferimento all’udienza del 20 gennaio 2009, in quanto l’ufficiale giudiziario attestò di non aver reperito il numero civico di cui all’indirizzo eletto, il processo fu poi rinviato per legittimo impedimento dell’avvocato dapprima al 26 febbraio, poi al 10 marzo ed infine fu rinviato a nuovo ruolo con successiva citazione per l’udienza del 6 ottobre 2009, ritualmente notificata ex art. 161 c.p.p.. Non si ravvisa quindi alcuna nullità assoluta e insanabile, che ricorre solo se la notificazione della citazione sia stata omessa del tutto o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, sia risultata inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato, mentre la medesima nullità non ricorre "nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 c.p.p." (cfr. Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, Palumbo, Rv. 229539); in particolare "la nullità conseguente alla notificazione all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo studio del difensore di fiducia invece che presso il domicilio eletto è d’ordine generale a regime intermedio, perchè idonea comunque a determinare una conoscenza effettiva dell’atto in ragione del rapporto fiduciario con il difensore, sicchè è soggetta ai termini di deduzione di cui all’art. 182 c.p.p., comma 2" (cfr. Sez. 2, n. 35345 del 12/5/2010, Rummo, Rv. 248401) e nel caso di specie non risulta, per l’appunto, avanzata alcuna eccezione nel giudizio di appello, per cui la nullità risulta sanata.

Per quanto attiene al secondo motivo di ricorso del B., lo stesso censura aspetti che attengono a valutazioni di merito sulla vicenda, che è stata compiutamente esaminata dai giudici nei due gradi di giudizio, ed esposta nella motivazione ampia e priva di smagliature logiche, la quale ha indicato gli elementi probatori a carico del B. (in particolare avuto a riferimento alla piena consapevolezza da parte dello stesso che nell’auto del genero stessero trasportando da Roma a Bergamo, via autostrada, il carico di droga) chiarendo anche le ragioni per le quali le versioni difensive fornite dal B. e dal coimputato non potessero essere in alcun modo credibili.

Parimenti infondata la censura che lamenta il fatto che non si sia applicata la diminuzione per le attenuanti generiche nella massima misura possibile: la giurisprudenza ha infatti precisato che non è ravvisabile vizio di motivazione "nel caso in cui il giudice, pur ritenendo le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti in sede di giudizio di bilanciamento, non operi la riduzione di pena nella massima misura possibile in ragione della sussistenza delle aggravanti che continuano a costituire elementi di qualificazione della gravità della condotta" (cfr. Sez. 3, n. 13210 dell’11/3/2010, Puzzo, Rv. 246820).

Anche i due motivi di ricorso presentati dal ricorrente P., sulla mancata concessione delle circostanze generiche e sulla dosimetria della pena, risultano infondati: i giudici di appello hanno confermato il convincimento espresso già dal giudice di prime cure e la motivazione addotta, attesa anche la contestata recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, risulta immune da censure in questa sede, atteso che rientra nell’ambito di un giudizio di fatto, rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, la concessione o meno delle attenuanti generiche, e l’esercizio di tale facoltà "deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo" (cfr.

Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, Rv. 248737).

Pertanto il ricorso deve essere rigettato ed al rigetto consegue la condanna di ciascun ricorrente, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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