Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-03-2012, n. 3699 Sfratto e licenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel gennaio del 2003 R. e I.C., premesso di essere proprietarie di un immobile concesso in locazione commerciale a S.D. con contratto stipulato in data 1.2.2002, convennero quest’ultimo in giudizio dinanzi al tribunale di Salerno, chiedendone lo sfatto per finita locazione e per morosità (conseguente all’omesso versamento di due mesi di canone).

Lo S., nel costituirsi, eccepì l’inidoneità del locale all’uso convenuto in contratto e la sua cattiva manutenzione all’atto della consegna, chiedendo conseguentemente il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto per grave inadempimento delle attrici.

Il giudice di primo grado, all’esito di ordinanza di rilascio provvisorio ex art. 665 c.p.c., disposto il mutamento del rito, accolse la domanda I., dichiarò risolto il contratto di locazione, condannò lo S. al pagamento della somma di 1859,00 Euro in favore delle attrici a titolo di canoni non corrisposti.

La corte di appello di Salerno, investita del gravame proposto dal predetto, lo rigettò, ritenendo indimostrato, sul piano probatorio, il preteso, mancato godimento dell’immobile si come lamentato dall’appellante. La sentenza è stata impugnata da D. S. con ricorso per cassazione articolato in 2 motivi.

Resistono con controricorso le germane I..

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 246 c.p.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia per avere ritenuto a carico dello S. l’onere della prova del mancato godimento dell’immobile locato a causa dell’inidoneità ad essere occupato nel periodo dicembre 2002 – gennaio 2003, epoca in cui egli ometteva il pagamento dei canoni di locazione e per avere illegittimamente accolto la testimonianza dello Z.. Il motivo è privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto, da un canto, che, al di là ed a prescindere dall’epoca in cui collocare le lamentate infiltrazioni d’acqua cagionanti il preteso danno all’immobile locato (se, cioè, in epoca precedente o successiva alla stipulazione del contratto, anche se la deposizione testimoniale acquisita dal proprietario dell’immobile soprastante doveva essere intesa nel senso della loro anteriorità), queste non integrassero, quoad causam, gli estremi dell’inagibilità assoluta dell’immobile;

dall’altro, che mancasse la (pur necessaria) prova del mancato godimento, da parte del conduttore, dell’immobile locato nel periodo in cui egli avrebbe poi omesso il pagamento dei canoni di locazione.

Le contestazioni oggi mosse alla sentenza da parte del ricorrente, pertanto, si risolvono in censure di mero fatto, con esse sovrapponendosi, nell’esercizio di una attività assertivo/probatoria non più consentita in questa sede, la propria personale valutazione delle vicende di causa con quella operata dalla corte territoriale, unico e insindacabile giudice del fatto nella valutazione delle risultanze del coacervo probatorio in atti (e senza che, in particolare, possa assumere valenza dirimente la relazione tecnica della ASL riprodotta dal ricorrente in seno al motivo in esame in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, il cui contenuto appare tale da inficiare la stessa dichiarazione di incondizionata accettazione rilasciata dallo S. all’atto della stipula del contratto di locazione nel febbraio del 2002, facendo detta relazione un preciso riferimento a vizi strutturali del locale assai risalenti nel tempo, onde correttamente il giudice territoriale ha ritenuto di tenerla in non cale, evitando di farne menzione in una insindacabile scelta di esercizio dei suoi poteri discrezionali nel valutare le prove del processo).

Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 su un punto decisivo della controversia per non aver considerato e delibato sulle eccezioni dello S. relativamente al combinato disposto degli artt. 1375, 1456, 1460, 2028, 2697 c.c., considerando erroneamente assorbiti dalle considerazioni principali ogni altra questione sollevata dal ricorrente nell’atto di appello.

Il motivo è inammissibile.

A differenza della doglianza esposta e articolatamente rappresentata a questa corte con il motivo che precede, quello in esame pretermette del tutto, in spregio del principio di autosufficienza del ricorso, la riproduzione del contenuto delle eccezioni in discorso, impedendo al collegio di valutarne la rilevanza,, la tempestività e la (eventualmente) illegittima pretermissione. Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 2500,00, di cui Euro 200,00 per spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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