Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-03-2012, n. 3698 Inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Nel marzo del 2006 S.F. convenne in giudizio, dinanzi al tribunale di Marsala, G.G. nella qualità di titolare della Grisafi Motors, esponendo di aver concesso a questi in locazione un immobile per il canone annuo di L. 6 milioni, poi aumentato dapprima a 10 milioni e poi a 20 con scrittura privata redatta due mesi dopo la stipula della prima convenzione negoziale.

Nel corso di altro giudizio avente ad oggetto il medesimo rapporto locatizio, il tribunale, con sentenza del 20 gennaio 2004, aveva accertato che il canone annuo convenuto doveva ritenersi pari ad Euro 3.098,00, mentre la corte di appello di Palermo, con sentenza del 30 settembre 2005 (avverso la quale lo S. avrebbe interposto tempestiva riserva di impugnazione) aveva ancora accertato che il contratto avrebbe avuto la sua prima scadenza il 13.2.2006, respingendo nel contempo la domanda di risoluzione per inadempimento proposta dal locatore.

Quest’ultimo, tanto premesso, dedusse che il conduttore non gli aveva corrisposto il canone dovuto per l’anno 2006, onde, con atto stragiudiziale del febbraio del medesimo anno, egli aveva comunicato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto – comunicazione cui il G. avrebbe reagito in giudizio contestando la lamentata morosità, invocando la declaratoria di nullità della clausola negoziale di risoluzione L. n. 392 del 1978, ex artt. 5, 55 e 79 eccependo infine la compensazione di asserite, reciproche ragioni di credito.

Il giudice di primo grado accolse la domanda di risoluzione dell’attore, condannando il conduttore al rilascio dell’immobile.

La corte di appello di Palermo, investita del gravame proposto dalla ditta Grisafi Motors, lo rigettò.

La sentenza è stata impugnata dall’appellante con ricorso per cassazione articolato in 3 motivi.

Resiste con controricorso, corredato da ricorso incidentale, S.F..

Motivi della decisione

Il ricorso principale (da ritenersi ammissibile, diversamente da quanto opinato in limine dal contro ricorrente, essendo stata la sentenza di appello emessa nei confronti delle medesime parti oggi in giudizio dinanzi a questa corte) è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1456 c.c.; omessa motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio. Il motivo è privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha condivisibilmente ritenuto che l’eccezione di nullità per assoluta genericità contenutistica della clausola risolutiva espressa apposta alle convenzioni di locazione (eccezione correttamente qualificata come "propria" dalla corte territoriale) risultasse del tutto nuova, oltre che inequivocabilmente volta contra factum proprium poichè in patente contrasto con la precedente richiesta riconvenzionale volta ad ottenere la declaratoria di nullità della stessa clausola per violazione della L. n. 392 del 1978, art. 79 – onde l’implicito riconoscimento della validità per altro verso della relativa pattuizione.

La motivazione della corte palermitana, scevra da vizi logici o giuridici, sfugge, pertanto, a qualsivoglia censura ancora legittimamente formulabile in questa sede.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 1456 c.c.; omessa motivazione circa un ulteriore punto controverso e decisivo per il giudizio.

Il motivo è, prima ancor che infondato nel merito, inammissibile in rito, non emergendo in alcun passo della motivazione della sentenza della corte palermitana la (peraltro assai complessa in punto di diritto) questione, oggi prospettata dal ricorrente, della rilevanza dell’elemento soggettivo dell’inadempimento contrattuale, senza che il ricorrente stesso si pregi di indicare – se non attraverso un generico richiamo all’atto di appello (f. 11 del ricorso, ove si apprende soltanto che l’intero primo motivo dell’atto di appello, pp. 1-3, sarebbe incentrato sulla insussistenza di colpevole inadempimento), in evidente spregio al principio dell’autosufficienza del ricorso – lo specifico contenuto della doglianza sollevata e rilevante in parte qua, onde consentire a questa corte l’invocata verifica di legittimità in ordine alla tempestività e ritualità della relativa questione e della sua eventuale, illegittima pretermissione.

Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1252 c.c.; insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Il motivo – che riproduce le medesime ragioni di doglianza già svolte in sede di merito in ordine ad una pretesa compensazione volontaria intervenuta tra le parti ed esclusa dalla corte siciliana – non può essere accolto.

L’affermazione del giudice territoriale – a mente della quale doveva dirsi del tutto impredicabile, nella specie, qualsivoglia ipotesi di compensazione volontaria per assoluta carenza di prova (ff. 7.8 della sentenza oggi impugnata), attesa altresì la mancanza di ogni riferimento al canone di locazione del 2006 – risulta, difatti, contraddetta solo apoditticamente, in questa sede, dal ricorrente, il quale omette del tutto – ancora una volta in violazione del principio di autosufficienza del motivo di ricorso – di riprodurre il contenuto, rilevante in parte qua, degli atti a suo dire dimostrativi dell’avvenuta compensazione, così impedendo a questa corte di legittimità, a tacer d’altro, ogni valutazione sul punto.

Il ricorso principale è pertanto rigettato.

Del ricorso incidentale va, infine, dichiarato l’assorbimento, quanto al primo motivo (evidentemente condizionato all’accoglimento dell’impugnazione principale) e l’infondatezza del secondo in punto di spese processuali in grado appello, avendo la corte territoriale correttamente motivato, con riferimento alla complessità e peculiarità delle questioni affrontate, la relativa compensazione, con argomentazioni che si sottraggono, per la loro evidente natura fattuale, al vaglio di questa corte regolatrice. La disciplina delle spese di questo giudizio deve seguire invece (atteso che la complessità e peculiarità delle questioni risultava definitivamente dipanata all’esito della pronuncia di secondo grado) il principio della soccombenza.

P.Q.M.

La corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il primo motivo di quello incidentale e ne rigetta il secondo.

Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 2500,00, di cui Euro 200,00 per spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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