Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 07-10-2011, n. 36381 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 12 marzo 2010 la Corte di Appello di Catanzaro confermava la sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Cosenza in data 28 ottobre 2009 con la quale R.M., imputato del reato di detenzione illecita a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, era stato condannato con la diminuente per il rito, alla pena di anni quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa.

Ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore fiduciario deducendo manifesta illogicità della motivazione sia in punto di conferma della responsabilità penale, sia in punto di omesso riconoscimento della invocata circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità, nonchè violazione della legge penale ( art. 133 c.p.) in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e determinazione del trattamento sanzionatorio. Tutti i motivi del ricorso sono manifestamente infondati.

Va premessa in linea generale la legittimità della motivazione per relationem, rispetto alla pronuncia di primo grado, laddove le censure formulate nei riguardi di quest’ultima decisione non contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso (in tal senso, tra le tante, Cass. Sez. 4^ 17.9.2008 n. 38824, Raso ed altri, Rv. 241062; Cass. Sez. 6^ 14.6.2004 n. 31080, Cerrone, Rv. 229299).

Con la conseguenza che laddove le censure dell’appellante contengano argomentazioni specifiche sussiste uno specifico obbligo motivazionale da parte del giudice di appello non più circoscrivibile ad un mero richiamo alla sentenza impugnata (in termini Cass. Sez. 6^ 12.6.2008 n. 35346, Bonarrigo ed altri, Rv.

241188; Cass. Sez. 6^ 20.4.2005, n. 6221, Aglieri ed altri, Rv.

233082).

Detto questo, nel caso in esame, pur avendo la sentenza impugnata fatto riferimento alle motivazioni esplicitate dal primo giudice, ciò ha fatto attraverso una citazione parziale delle argomentazioni (peraltro indicate come esaustive) svolte dal primo giudice.

Nell’ottica di una rivisitazione della sentenza di primo grado sulla base delle specifiche doglianze mosse con l’atto di appello, la Corte territoriale non si è affatto sottratta all’onere di specifica motivazione, fornendo per ognuno dei punti controversi una motivazione esauriente, logica ed analitica soprattutto con riferimento al profilo concernente la penale responsabilità e la inconfigurabilità di una detenzione dello stupefacente per esclusivo uso personale.

Con riguardo a tale punto è costante orientamento di questa Corte la regulajurìs secondo cui non è sufficiente ai fini della configurabilità di una detenzione per uso personale che il quantitativo della droga sia modesto, costituendo il dato quantitativo ponderale di cui al comma 1 bis del D.P.R. n. 309 del 1990 solo uno dei parametri normativi rilevanti ai fini dell’affermazione della responsabilità, con la conseguenza che l’esclusione della destinazione della droga per uso strettamente personale può ben essere ritenuta dal giudice anche sulla base di ulteriori circostanze dell’azione, alcune delle quali espressamente tipizzate nella disposizione normativa suddetta.

Peraltro il superamento dei limiti quantitativi massimi di sostanze stupefacenti e psicotrope detenibili, previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a), come novellato dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, non ha introdotto una presunzione, ancorchè relativa, circa la destinazione della droga ad uso non esclusivamente personale, ma obbliga il giudice ad un compito di valutazione globale sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta disposizione normativa, in modo da verificare se le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della detenzione (Cass. Sez. 6^ 25.1.2011, Talamo, Rv. 249346; Cass. Sez. 6^ 12.2.2009 n. 12146, P.M. in proc. Delugan, Rv. 242923).

A tali regole interpretative si è uniformata la Corte territoriale che, con motivazione adeguata e logica ha valorizzato non soltanto il dato ponderale anche in termini di qualità dello stupefacente e di contenuti del principio attivo, ma ha respinto come del tutto inconsistente la tesi difensiva della cd. "scorta" di stupefacente, in quanto a ragione ritenuta incongrua rispetto al notevole quantitativo (2.120 dosi ricavabili) detenuto.

Sotto altro profilo non può non sottolinearsi come le ulteriori doglianze contenute nel ricorso afferenti alla errata qualificazione della bilancia in dotazione dell’imputato come "bilancino di precisione" ed alla mancata considerazione della condizione di tossicodipendente dell’imputato, oltre a costituire mera riproposizione di censure già sollevate in appello e puntualmente esaminate e valutate adeguatamente dal giudice territoriale, costituiscono una sostanziale critica a situazioni e/o valutazioni di fatto sottratte al sindacato di legittimità. Analoghe considerazioni vanno svolte anche con riferimento al profilo afferente alla configurabilità – esclusa dalla Corte di Appello – della circostanza attenuante del fatto di lieve entità in ordine alla quale la Corte non si è limitata ad un giudizio espresso sulla base del mero dato quantitativo, ma ha esteso la verifica anche ad altre circostanze dell’azione ritenute, a ragione, del tutto inconciliabili con l’invocata attenuante speciale.

A tali conclusioni la Corte di merito è pervenuta traendo il proprio convincimento da alcune circostanze fattuali (quali il possibile inserimento dell’imputato nel circuito criminale dei trafficanti di stupefacenti; la sua negativa personalità desunta dalle plurime condanne per reati identici), puntualmente richiamate, offrendo una spiegazione plausibile e logica circa l’impossibilità che lo stupefacente detenuto potesse rientrare nella ipotesi della lieve entità pur in presenza di soggetto tossicodipendente.

Anche con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio la Corte territoriale ha offerto motivazione esauriente ed immune da vizi logici, non mancando di osservare come da parte della difesa siano state riproposte con il ricorso questioni del tutto analoghe a quelle prese in considerazione dalla Corte (così come dal primo giudice le cui argomentazioni sono state richiamate sul punto).

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento della somma – ritenuta congrua – di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi il ricorrente in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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