T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 08-11-2011, n. 1532 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 17.9.2010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 30, D.G.M.A. impugna il provvedimento 11.6.2010 prot. n. 1622/10, con cui il Responsabile del Servizio gestione del territorio del Comune di Vilminore di Scalve ha parzialmente respinto la domanda di condono edilizio presentata dal ricorrente il 28.2.1995 ed ha rideterminato il contributo di costruzione

Il ricorrente articola la seguente doglianza: "Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e falsità dei presupposti. Difetto di motivazione. Violazione degli artt. 31 della legge n. 471985 e 39 della legge n. 7241994. Eccezione di prescrizione".

In via istruttoria, viene chiesto di ordinare al Comune "di esibire in giudizio copia integrale degli atti anche istruttori relativi alla domanda di condono edilizio per cui è causa e dei prospetti di determinazione del contributo concessorio".

Non si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Vilminore di Scalve.

In corso di giudizio D.G.M.A. ha proposto:

a) un primo ricorso per motivi aggiunti – con atto notificato il 29.11.2010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il 2.12.2010 – per impugnare l’ordinanza n. 20/2010 del 18.6.2010 con cui il Responsabile del Servizio gestione del territorio del Comune di Vilminore di Scalve ha ingiunto la demolizione di una tettoia in legno sita nel fondo in frazione Bueggio, località Bedesk,

b) un secondo ricorso per motivi aggiunti – con atto notificato il 4.10.2010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 28 – per impugnare il verbale 8.10.2010 con il quale il Responsabile del Servizio gestione del territorio del Comune di Vilminore di Scalve ha accertato l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione 18.6.2010, n. 20

Con il secondo atto di motivi aggiunti è stata altresì proposta istanza cautelare di sospensione degli effetti dell’ingiunzione a demolire e del verbale di inottemperanza.

In data 1412.2010 il Comune di Vilminore di Scalve ha fatto pervenire una nota con la quale comunica di non intendere costituirsi (non potendo il bilancio comunale sopportare il relativo onere), ma di intendere fornire i ragguagli di cui all’ allegata relazione del dell’UTC, corredata da relativa documentazione.

Alla Camera di consiglio del 12.1.2011 ( ord. N. 10/11) la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’ordine di demolizione e dell’accertamento di inottemperanza, contestualmente fissando – ex art. 55 c. 11 c.p.a.- l’udienza di trattazione del merito al 12.10.2011.

In vista della pubblica udienza, il ricorrente ha depositato documentazione e memoria difensiva.

Alla pubblica udienza del 12.10.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

L’odierno ricorrente, D.G.M.A., ha impugnato:

1) il provvedimento 11.6.2010 prot. n. 1622/10, con cui il Responsabile del Servizio gestione del territorio del Comune di Vilminore di Scalve ha parzialmente respinto la domanda di condono edilizio presentata dal medesimo il 28.2.1995 ed ha rideterminato il contributo di costruzione (ricorso originario);

2) l’ordinanza n. 20/2010 del 18.6.2010 con cui il Responsabile del Servizio ha ingiunto la demolizione di una tettoia in legno sita nel fondo in frazione Bueggio, località Bedesk (primo ricorso per motivi aggiunti);

3) il verbale 8.10.2010 con il quale il Responsabile del Servizio ha accertato l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione 18.6.2010, n. 20 (secondo ricorso per motivi aggiunti).

La disamina delle censure articolate dal ricorrente deve essere preceduta dalla ricostruzione degli eventi susseguitisi, da operarsi alla stregua della documentazione versata in atto dal D., che risulta del tutto conforme a quella prodotta irritualmente dall’Amministrazione comunale, non costituitasi in giudizio.

Il 18.2.1995 l’odierno ricorrente presentava domanda di condono edilizio, ai sensi dell’art. 39 della legge 724/1994, per interventi di ristrutturazione compiuti sul compendio immobiliare sito in frazione Bueggio, località Bedesk (costituito da un fabbricato principale, destinato a residenza, con fabbricati accessori oltre che da un fondo rustico recinto).

Il 5.10.2009 il D. depositata al Comune una DIA (cfr. doc. n. 1 rel. Comune e doc. n. 3 del ricorrente) per la realizzazione "di opere di manutenzione ordinaria, straordinaria" come da allegato elaborato di progetto. La relazione tecnica così descrive le opere da realizzare:

"1.Rimozione del manto di copertura in lamiera recata preverniciata da riutilizzare ad avvenuto rifacimento della struttura portante;

2. Rimozione dell’orditura in legno(primaria e secondaria) del tetto di copertura;

2. Rifacimento dei pilastri di sostegno i quali saranno realizzati interamente in pietrame locale a faccia vista per quanto riguarda i due a nord, mentre i due centrali e i due a sud saranno realizzati in parte in pietrame locale a faccia vista e in parte in legno;

4. Sostituzione dell’orditura primaria e secondaria (piane e travetti) prevista in legno lamellare;

5. Posa di assito "chiuso" in abete, listoni e lamiere.".

Il 27.10.2009 il Responsabile del Servizio gestione del territorio del Comune di Vilminore di Scalve rilevava – con nota prot. 3419/63 – che "si tratta di intervento di demolizione con ricostruzione, soggetto, tra l’altro, al rispetto del codice civile in materia di distanze dai confini di proprietà e dai fabbricati", richiedendo di produrre:

"- idoneo titolo abilitativo edilizio originario del manufatto sul quale si vuole intervenire;

– copia titolo di proprietà;

– autoliquidazione contributo di costruzione per intervento di nuova costruzione in zona agricola da parte di soggetto diverso dall’imprenditore agricolo professionale;

– convenzione con il vicino per ricostruzione a minor distanza dai confini rispetto a quella regolamentare;

– planimetria generale con indicazione delle distanze dai confini e dai fabbricati limitrofi".

Veniva conclusivamente espresso, ex art. 23 c. 6 DPR 6.6.2001 n. 380, ordine di non eseguire i lavori, soggiungendo: "che rimane salva la facoltà di ripresentare la DIA, con le modifiche ed integrazioni sopra specificate".

Con atto del 23.11.2009 il D. chiedeva al Comune "il riesame della pratica a seguito delle seguenti modifiche apportate al progetto originario e più precisamente: a differenza di quanto previsto negli elaborati grafici allegati alla DIA, l’intervento si limiterà alla semplice messa in sicurezza della struttura esistente mediante la sostituzione delle piantane esistenti in legno. le nuove piantane che avranno caratteristiche identiche alle esistenti verranno sostituite una alla volta previo puntellamento della struttura del tetto", allegando nuovo elaborato grafico con evidenziazione in rosso delle opere oggetto di richiesta. (cfr. il doc. n. 5 del ricorrente).

Il 3.5.2010 il Responsabile dell’UTC ordinava (prot. n. 1217/2010) la sospensione dei lavori (doc. n. 6 del ric.), rilevando che "a seguito di sopralluogo pari data si era riscontrata la esecuzione – in frazione Bueggio, località Bedesk sui mappali 24802481 – di lavori di ricostruzione tettoia in legno dimensioni di m. 8.80×4.75 mq. 19.00 (al momento del sopralluogo risultano eseguiti i pilastri in legno, la copertura in legno e pavimentazione in calcestruzzo) su immobile classificato dal PRG vigente in zona E1 agricola, la zona è altresì soggetta al vincolo idrogeologico" eseguiti nonostante l’ordine di non effettuazione notificato al proprietario/committente il 29.10.2009.

Con nota in data 15.5.2010, il D. svolgeva proprie controdeduzioni, così riassumibili:

– il titolo abilitativo era da rivenirsi nel richiesto condono (da ritenersi ormai costituito ancorchè in assenza di rilascio del titolo);

– il titolo di proprietà risulta da documentazione prodotta agli uffici comunali in precedenza;

– non è dovuto alcun contributo, trattandosi di manutenzione straordinaria;

– non vi è necessità di convenzione con i confinanti, trattandosi di questioni civilistiche che non ridondano sul titolo ed trattandosi di manufatto condonato;

– non si verifica alcuna modifica circa le distanza rispetto alla preesistenza, sicché non vi è la necessità di produrre una nuova planimetria.

Il Responsabile UTC replicava, con nota 14.6.2010 (doc. n. 8 ric.), sostenendo che non era stata depositata una nuova DIA nonché le integrazioni documentali richieste con l’atto 27.10.2009, affermando "che la richiesta di riesame delle pratica del 23.11.2009 non può in alcun modo essere considerata come nuova DIA in quanto l’ordine di non effettuare l’intervento aveva definitivamente chiuso il relativo procedimento".

Nel frattempo, con atto in data 11.6.2010, il Responsabile del Servizio si era pronunciato sulla domanda di condono del 28.2.1995, accogliendola parzialmente – in relazione alle opere di cambio d’uso dell’edificio ex rurale mappale n. 1944 demolito e ricostruito…", respingendola invece in relazione alle rimanenti opere, descritte come: realizzazione di recinzione in muratura, costruzione di due edifici accessori (tettoia e ripostiglio) opere varie di sistemazione esterna, sul presupposto che si tratti di "manufatti realizzati a distanza inferiore ai m. 1,5 dal confine di proprietà (tettoia e ripostiglio) e la cui realizzazione ha quindi comportato una limitazione di tipo urbanistico alla proprietà finitima, all’uopo richiamando anche la sentenza Tribunale di Bergamo 4.9.2002 che condanna il D. ad arretrare il muro posto tra i mappali 2379 e 1018.

Il provvedimento provvede poi a rilevare che: "nel corso dell’istruttoria il richiedente, pur avendo provveduto al versamento dell’acconto degli oneri di urbanizzazione, non ha mai invocato la definitiva determinazione degli stessi e che il comune non ha mai definito le modalità di pagamento del conguaglio come previsto dall’art. 39 comma 9 penultimo capoverso della legge 724/94 citata, per cui l’ufficio ha provveduto alla determinazione di tali oneri sulla base delle tariffe oggi vigenti", così disponendo il versamento a saldo dell’importo di Euro 6.359,61.

Così ricostruita la complessa vicenda, può passarsi alla disamina delle doglianze articolate dal ricorrente.

Con il ricorso originario, il D. contesta la legittimità del parziale diniego, affermando che:

– sulla domanda di condono si sarebbe formato – per il decorso dell’anno ex art. 39, c. 4, L. n. 724/94 – il silenzio accoglimento;

– nel motivare il diniego, il Comune si è erroneamente richiamato alla sentenza del Tribunale di Bergamo del 2002, intercorsa fra i confinanti, che riguarda però un tratto del muro divisorio che non attiene alla domanda di condono edilizio;

– l’Amministrazione si è illegittimamente fatta carico di questioni privatistiche, che non vengono in rilievo se non in diverso ambito, posto che il riferimento effettuato alle "limitazioni urbanistiche" risulta incongruo, in quanto la previene in tal senso contenuta nel testo originario dell’art. 39 è stata poi espunta dalla norma dall’art. 2, c. 37 della l. 662/96;

– erroneo è pure il riferimento all’asserita mancata dimostrazione della legittimazione a presentare il condono.

– solleva eccezione di prescrizione in relazione alla richiesta di conguaglio degli oneri concessori, rilevando che il mancato pagamento del conguaglio è dipeso dal comportamento della stessa amministrazione, che non ha mai provveduto alla determinazione delle modalità di pagamento del conguaglio, ex art. 39 comma 9 penultimo capoverso della legge 724/94.

La complessa censura risulta in parte fondata.

Innanzitutto va rilevato che nella fattispecie non si è formato il silenzio accoglimento.

Infatti, l’area in questione, come evidenziato nella stessa domanda di condono (cfr. doc. n. 13 del ric.), ricade in ambito assoggettato a vincolo idrogeologico.

Ai sensi dell’art. 39 comma 4, l. 28 febbraio 1994 n. 724, modificato dall’art. 2 comma 38, l. 23 dicembre 1996 n. 662, nei Comuni con popolazione fino a 500.000 abitanti, presupposti per la formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono edilizio per abusi commessi e ultimati entro il 31 dicembre 1993 sono, oltre al pagamento dell’oblazione e della somma a titolo di anticipazione degli oneri concessori, la presentazione sia della domanda di condono nei termini previsti da parte del soggetto legittimato, sia della documentazione necessaria per ottenere l’accatastamento ex art. 52, l. 28 febbraio 1985 n. 47.

Peraltro, la consolidata giurisprudenza ha rilevato che riguardo alle opere realizzate in zone soggette a vincolo non trova applicazione l’ipotesi del silenzioassenso sulla domanda di condono, la quale è suscettibile di perfezionarsi solo ove le opere abusive oggetto di condono non insistano su aree vincolate (cfr. ex multis, T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 22 marzo 2011 n. 448; Consiglio Stato, Sez. IV, 22 luglio 2010 n. 4823).

In particolare, per quanto specificatamente il vincolo idrogeologico, la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare che ove l’abuso per il quale è chiesto il condono edilizio insista in area soggetta a vincolo idrogeologico, i termini per la formazione del silenzio assenso e per la prescrizione del conguaglio dell’oblazione non decorrono dalla domanda di condono, ma solo dal successivo momento in cui si forma l’eventuale nulla osta in ordine al vincolo idrogeologico (cfr. T.A.R. Emilia Romagna, Sez. II, 21 novembre 2007 n. 3247; T.A.R. Toscana, Sez. III 7 novembre 1998 n. 355, T.A.R. Bologna 5 maggio 2003 n. 504; T.A.R. Veneto 25 ottobre 1999 n. 1750, T.A.R. Marche 7 ottobre 1999 n. 1119).

Ciò premesso, le ragioni dell’opposto (parziale) diniego non reggono al vaglio critico.

In tema di c.d. condono edilizio, il legislatore del 1994 escludeva, per le opere edilizie che creano limitazioni di tipo urbanistico alle proprietà finitime, non solo sanatorie civilistiche, ma anche sanatorie urbanistiche e penali. Con la L. 23 dicembre 1996 n. 662 la normativa è cambiata poiché, con l’art. 2, comma 37 lett. c) di questa legge, il comma 2 dell’art. 39 L. 23 dicembre 1994 n. 724 è sostituito dal seguente: "il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria non comporta limitazioni al diritto dei terzi". Con tutta evidenza il legislatore del 1996 ha voluto ripristinare il sistema (di cui alla l. 28 febbraio 1985 n. 47) precedente alla L. n. 724 del 1994, che distingueva il profilo amministrativo e penale da quello civilistico: alla stregua di tale sistema ha stabilito espressamente che gli effetti di sanatoria urbanistica e di estinzione penale della procedura di condono edilizio non si estendono ai rapporti civili (restano quindi salvi i diritti dei terzi e, in particolare, quelli dei proprietari confinanti con la costruzione abusiva), sicché, quando una costruzione abusiva lede i diritti di terzi, la concessione autorizzativa in sanatoria non pregiudica questi diritti, ma estingue egualmente l’illecito amministrativo e quello penale (cfr. Cassazione penale, sez. III, 9 aprile 1997 n. 6209).

Il condono edilizio è volto a regolare i rapporti fra privato e p.a., ma fa sempre salvi i diritti dei terzi; pertanto, i provvedimenti di concessione in sanatoria non privano i proprietari di fondi contigui del potere di far valere la violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni, chiedendo, a seconda dei casi, la demolizione delle opere abusive o il risarcimento dei danni (cfr. Cons. St., Sez. IV, 16 ottobre 1998 n. 1306).

Pertanto, va affermato che, a seguito delle disposizioni espressamente introdotte in occasione della sanatoria edilizia di cui alla L. n. 724 del 1994, come modificate dalla L. 662 del 1996, il condono edilizio ha efficacia limitata ai rapporti tra p.a. e costruttore, regolarizzando, da un punto di vista esclusivamente penale, amministrativo e fiscale, la posizione di chi abbia costruito abusivamente. Nessuna efficacia lesiva può esercitare a danno dei terzi confinanti, i quali, in presenza di violazione delle distanze, ben possono pretendere egualmente l’abbattimento della costruzione. In altri termini, l’art. 39, l. n. 724 del 1994, come vigente per effetto delle modifiche di cui alla l. n. 662 del 1996, impone il rilascio della concessione in sanatoria al ricorrere dei presupposti ivi previsti, ma per i privati lesi rimane la possibilità di invocare l’AGO a tutela dell’aspetto civilistico della proprietà. (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 13 marzo 2008 n. 476; Cassazione civile, sez. II, 26 settembre 2005 n. 18728)

Sotto altro aspetto, va rilevato che la richiesta di pagamento del conguaglio degli oneri concessori, quand’anche dovesse ritenersi ammissibile in assenza di una specifica determinazione delle relative modalità da parte dell’amministrazione comunale) risulta comunque prescritta.

Infatti, il "dies a quo" del termine prescrizionale previsto dall’art. 35 comma 18 L. 28 febbraio 1985 n. 47, per l’esercizio del diritto al conguaglio decorre dalla presentazione della domanda di concessione in sanatoria, e non dal provvedimento comunale che conclude il procedimento di condono edilizio, ovvero dalla maturazione del silenzio assenso. (cfr. Cons. St., Sez. V, 28 aprile 1999 n. 495; Sez. V, 22.11.1996 n. 1388; Sez. V, 4.5.1992, n. 360; 11.12.1991 n. 1364).

L’accoglimento del ricorso originario determina il travolgimento dell’ingiunzione di demolizione impugnata con il primo ricorso per motivi aggiunti, nel quale si è dedotta illegittimità derivata. Invero, il provvedimento muove dal presupposto che l’opera in questione, per la quale era stato richiesto il condono, fosse privo di titolo, essendo stato rigettato lo stesso con il provvedimento in data 11.6.2010, ma l’annullamento di siffatto diniego travolge tale premessa.

Da ultimo, in relazione all’impugnativa del verbale di accertamento dell’inottemperanza (di cui al secondo ricorso per motivi aggiunti) va rilevata l’inammissibilità di tale impugnativa.

Infatti, come già osservato dalla Sezione (cfr. TAR Brescia, sez. I, 14 maggio 2010, n. 1730), la questione oggetto di questo giudizio è stata, infatti, affrontata più volte in giurisprudenza ed è stata risolta sempre nel senso che "è inammissibile il ricorso avverso il verbale di accertamento di inottemperanza all’ordinanza di demolizione, di natura non provvedimentale. Tale atto, infatti, non ha alcun contenuto dispositivo nuovo, limitandosi a constatare l’inadempimento all’ordine di demolizione contenuto nel provvedimento impugnato" (cfr. T.A.R. Napoli, Sez. III, n. 195/2010).

Il mero accertamento dell’inottemperanza non produce alcun effetto lesivo né per le ricostruzioni giurisprudenziali che aderiscono alla tesi che il procedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area su cui è stato realizzato il manufatto abusivo e del manufatto stesso consegue direttamente alla norma di legge che la prevede (T.A.R. Palermo, Sez. II, 4652/02: l’atto con il quale il comune accerta l’inottemperanza ad ordine di demolizione di un’opera edilizia abusiva ha efficacia meramente dichiarativa, limitandosi ad esternare e formalizzare effetti già verificatisi in base allo stesso ordine, ai sensi dell’art. 7 comma 3, l. 28 febbraio 1985 n. 47, essendo a quest’ultimo ed al decorso del termine ivi fissato che vanno ricondotti effetti costitutivi; pertanto, è questo l’atto che va ritenuto immediatamente lesivo e con la cui impugnazione l’interessato deve tutelare le proprie ragioni, mentre il verbale con cui viene accertata la mancata ottemperanza all’ordinanza di demolizione rappresenta un mero atto procedimentale avente contenuto conoscitivo e di accertamento di un fatto storico, inidoneo, di per sé, a ledere situazioni giuridiche) né per le pronunce che ritengono che lo stesso abbisogni di un provvedimento finale che costituisce l’effetto dell’immissione in possesso previsto dalla norma (T.a.r. Napoli, VII, 8816/09: è inammissibile il ricorso proposto avverso il verbale di accertamento dell’inottemperanza alla precedente ingiunzione di demolizione di opere edilizie abusive, redatto dal personale della Polizia Municipale, in quanto il suddetto atto ha chiaramente valore endoprocedimentale ed efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dai vigili urbani, ai quali non è attribuita la competenza all’adozione di atti di amministrazione attiva, a tal uopo occorrendo che la competente autorità amministrativa ne faccia proprio l’esito attraverso un formale atto di accertamento).

Conclusivamente il ricorso va in parte accolto – con annullamento del parziale diniego di condono edilizio e dell’ordinanza di demolizione – ed in parte dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio – liquidate come da dispositivo – vanno poste a carico dell’intimata Amministrazione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo accoglie e, per l’effetto annulla gli atti impugnati nei sensi di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Vilminiore di Scalve al pagamento delle spese di giudizio a favore del ricorrente, che liquida in Euro 3.000 oltre ad accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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