T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 08-11-2011, n. 1531 Equo indennizzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – Il primo collettivo ricorso avversa l’iniziale decreto con il quale è stata respinta un’istanza per equo indennizzo e misure provvidenziali varie in ragione del fatto che la stessa fosse ormai tardiva (v. atto).

Al seguito delle relative critiche formulate dalla parte ricorrente – che è ormai superfluo qui riassumere – risulta invero che la Amministrazione competente ha riprovveduto con un ulteriore atto di poi impugnato con un nuovo ricorso; ciò ancora ulteriormente ritenendo l’Amministrazione stessa che il rilevato irrecuperabile ritardo fosse altrimenti dovuto al fatto che la detta iniziale domanda fosse, comunque, intempestiva a mente dell’art. 2, 1° c., del dpr 29102011 n. 461 in ragione della acquisita piena conoscenza della situazione fisica invalidante di cui è causa di specie già dal 2422006.

2 – Con questo secondo ricorso vengono introdotte le seguenti censure:

a – violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili; intendendo che, nel caso, si sarebbe riprovveduto senza preavvisare la parte istante ed altresì sostenendo l’intervenuto rispetto dei termini tutti.

Si insiste così per la patente ascrivibilità a causa di servizio (lungo contatto con l’amianto per servizio militare in mare) della gravissima e mortale malattia (exitus da mesotelioma pleurico) la quale, peraltro, è stata anche rilevata dalla CMO, addirittura dopo la morte del de cuius.

3 – Si è costituita in giudizio la Avvocatura erariale; la medesima, ex adverso deducendo, ha concluso – premessa eccezione – per la infondatezza dei due ricorsi.

4 – All’U.P. del 12.X.2011 le cause – dopo brevissima unica discussione in quanto insieme chiamate – sono state spedite a sentenza.

5 – E’ evidente da quanto esposto che i due ricorsi possono essere congiuntamente trattati previa riunione; va altresì, preliminarmente, dedotta l’estraneità alla domanda di specie di una verifica sulla debenza o meno di una pensione privilegiata.

Infatti la connessa eccezione non ha pregio in quanto il contenuto della citata domanda tende solo a contestare particolari aspetti procedimentali relativi al solo atto in discussione, che è di carattere preliminare per ogni profilo conseguente ed ancora del tutto impregiudicato. Del resto con il secondo ricorso(così come per il primo) si assume, nella sostanza, solo una inesattezza applicativa di alcuni termini temporali inerenti al procedimento stesso.

6 – Tuttavia il primo di tali ricorsi non va più coltivato. Infatti è subentrato un nuovo provvedimento negativo che si basa su altre ragioni.

6.1 – Da qui la relativa improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

7 – Il secondo ricorso è fondato per le diverse ragioni che seguono.

7.1 – Come noto, ai sensi dell’art. 3, legge. 23 dicembre 1970, n. 1094, è stata estesa anche al personale militare la disciplina dettata dagli articoli da 50 a 60, dpr 3 maggio 1957, n. 686 per il personale civile dello Stato in materia di equo indennizzo, normativa applicabile, ratione temporis, al caso in esame.

Nella presente controversia, sotto il profilo della tempistica, viene in rilievo il termine semestrale, al quale l’Amministrazione intimata ha fatto richiamo nel secondo atto impugnato, per la presentazione dell’istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità denunciata.

Sulla natura decadenziale o meramente sollecitatoria del termine di cui anche all’art. 36, dpr n. 686 del 1957 è opportuno ricordare, che nella vigenza di detta normativa, la giurisprudenza ha univocamente affermato che il termine semestrale è perentorio quando la domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità, lesione o decesso è specificamente e dichiaratamente preordinata – come nel caso in esame – alla concessione dell’equo indennizzo e non anche quando essa è rivolta ad ottenere il semplice riconoscimento della dipendenza, in quanto presupposto per la fruizione di altri e diversi benefici, quale il rimborso per spese di cura, ricoveri e protesi (ex multis, Cons. Stato, VI Sez. 6 luglio 1994 n. 1143 e 10 agosto 2000 n. 4430; IV Sez. 27 maggio 2002 n. 2896; Corte Conti, Sez. contr. Stato, 25 maggio 1989 n. 2127; TAR Lazio, Latina, 9 agosto 2004 n. 674).

Peraltro, va evidenziato, per completezza espositiva, che il diverso rilievo che l’istanza di riconoscimento presentata oltre il suddetto termine semestrale assumeva a seconda dell’obiettivo con essa perseguito, è problema ormai superato a seguito della riforma realizzata dal DPR n. 461 del 2011, il cui art. 2, co. 1, impone l’osservanza del termine semestrale per ogni domanda di riconoscimento della causa di servizio "ai fini della concessione dei benefici previsti dal disposizioni vigenti"; il che autorizza a concludere che detto termine è sempre perentorio, anche se l’obiettivo finale perseguito dall’istante non è la concessione dell’equo indennizzo.

Ed invero, la fissazione di un termine decadenziale per la presentazione dell’istanza è stata introdotta non certo a tutela dell’interesse privato, ma di quello pubblico, al fine di consentire all’Amministrazione, in un periodo immediatamente successivo a quello in cui si è verificato l’evento dannoso o si è manifestata l’infermità, di accertare con la dovuta tempestività e prima ancora che possano disperdersi le prove reperibili al momento, il nesso di dipendenza causale o anche solo concausale fra patologia e servizio.

Per tutte le sopra esposte ragioni, stabilire – oggi – se il termine di presentazione della domanda di dipendenza da causa di servizio sia stato, o meno, rispettato, è fondamentale anche nel caso che ne occupa.

Peraltro, il Collegio non concorda con quanto posto a base del diniego impugnato, sotto il profilo della individuazione – da parte della Amministrazione – del dies a quo (24/02/2006) da cui far decorrere il termine decadenziale per la richiesta di dipendenza da causa di servizio della infermità contratta.

Sul punto occorre osservare che, se il rispetto del termine di sei mesi sancito dal richiamato e pregresso art. 36 può essere di agevole determinazione quando l’infermità è immediata conseguenza di un "evento dannoso", che, in quanto tale, è oggettivamente constatabile nella sua verificazione materiale, non altrettanto può argomentarsi ove l’infermità derivi da circostanze ambientali e di servizio che, solo col decorso del tempo – come nel caso di specie -, incidono progressivamente sull’integrità psicofisica del militare, non potendo, in tal caso, essere individuato, con assoluta precisione, il dies a quo di decorrenza del termine.

La giurisprudenza amministrativa ha costantemente ritenuto che, in mancanza di criteri normativamente precostituiti, la tempestività delle domande deve essere valutata alla stregua del principio di ragionevolezza, dovendosi ritenere presentate in tempo utile le istanze proposte entro il termine decorrente dalla chiara consapevolezza del militare stesso di aver contratto la malattia quale conseguenza della prestazione del servizio.

Nel caso in discorso l’Amministrazione si è, invece, limitata a ritenere sufficiente, ai fini negativi in discussione, la mera conoscenza da parte del de cuius all’inizio del 2006 della grave malattia contratta dallo stesso riferendosi solo alla data, appunto, del 26/02/2006 allorquando la stessa gli fu diagnosticata dalla struttura ospedaliera di Cremona, ritenendo che, nel caso stesso, ciò basti sia a far rilevare la compiuta consapevolezza anche della esistenza e della rilevanza di fattori causali, riconducibili ad eventi lontanissimi nel tempo e legati al servizio militare, in collegamento alle medesime infermità (il de cuius è poi deceduto il 13/10/2006 per tale causa stessa).

Ritiene, al riguardo, il Collegio che, ai fini della individuazione del termine decadenziale per la richiesta di dipendenza dall’infermità da causa di servizio, non è altrimenti sufficiente considerare il solo dato oggettivo, noto o conoscibile, quale l’infermità in sé considerata, ma deve essere accertato il rapporto fra l’infermità stessa e il soggetto portatore, scandagliando, anche in contraddittorio, l’aspetto conoscitivo pure di quest’ultimo (nel caso dato per scrutato nonostante l’irrimediabile evento luttuoso), rispetto al quale si evidenziano la conoscenza della natura della malattia, delle cause che vi hanno concorso e di quelle che la produssero, così da fornire anche al soggetto interessato la percezione, in concreto, della gravità del male. Cosa che è intervenuta solo in sede di CMO (v. data atto) e dopo la morte dello stesso.

Alla stregua di quanto sopra, illegittimamente, l’Amministrazione ha fatto decorrere il termine semestrale di legge per la presentazione della domanda di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio dal momento in cui è avvenuta la mera conoscenza da parte del de cuius della infermità contratta, non avendo considerato che, nel caso di specie, il medesimo non aveva mai acquistato la piena consapevolezza della gravità della malattia contratta e della sua possibile dipendenza da causa di servizio e delle eventuali conseguenze pur totalmente invalidanti solo in momenti di molto successivi; in vero è ben noto che simili infermità si manifestano con moltissimo ritardo nel tempo e si aggravano progressivamente e non in modo continuo.

I ricorrenti invece hanno dimostrato, pur se sarebbero stati solo in grado di percepire alla data del 29102007 (data di certificazione della CMO), il collegamento con le condizioni ambientali e di servizio militare del de cuius (su una nave militare a contatto continuo con caldaie con parti d’amianto) od altresì solo di poi compiutamente, di avere altrimenti percepito gli aspetti progressivamente invalidati ed irreversibili (e tali definibili col decesso) già alla data del relativo decesso stesso intervenuto in data 13.10.2006. Infatti la domanda di cui si discute la tempestività o meno risulta inoltrata addirittura il 15.01.2007 a soli tre mesi dal decesso medesimo e prima della certificazione rilevante e definitoria sotto il profilo della causalità, adottata dalla CMO addirittura dopo il detto decesso (cfr. CdS Sez. VI – 15122010 n. 8917).

Alla fondatezza delle censure introdotte da parte dei ricorrenti consegue, dunque, l’accoglimento del secondo ricorso, con annullamento dell’atto ivi impugnato; sussistono, peraltro, sufficienti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) riuniti i due ricorsi epigrafati e definitivamente pronunciando sugli stessi, dichiara il primo improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse; accoglie il secondo e, per l’effetto, annulla il provvedimento con lo stesso impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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