T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 08-11-2011, n. 1529

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 19.4.2007 e depositato presso la Segreteria della Sezione il 26.4.2007, il cittadino extracomunitario B.E.J. ha impugnato il provvedimento del Questore di Bergamo di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno dal predetto presentata in data 28/3/2006, essendo stato rilevata la presenza di due condanne penali – rispettivamente a 4 anni di reclusione ed euro 14.000 di multa e 3 anni 10 mesi e 10 giorni ed Euro 14.000 di multa – per reati in materia di stupefacenti.

Il ricorrente – lamentando: eccesso di potere (illogicità e contraddittorietà), difetto di motivazione e violazione della normativa sull’immigrazione con lesione del diritto di difesa – evidenzia che le due condanne penali appartengono a un unico disegno criminoso; richiama la normativa in tema di soggiornanti di lungo periodo in base alla quale sarebbe necessaria una specifica e articolata motivazione su tutti gli elementi che hanno contribuito a formare un giudizio di pericolosità attuale, che deve tener conto dell’inserimento sociale familiare lavorativo dal dello straniero nonché della durata soggiorno territorio nazionale.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla c.c. del 30.8.2007 la Sezione ha respinto (Ordinanza n. 674/07) l’istanza di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, rilevando che "il provvedimento impugnato contiene un’articolata motivazione che appare immune da vizi logici al fine della formulazione in concreto del giudizio di pericolosità sociale del ricorrente in relazione ai fatti che emergono dalla condanna penale riportata e per la quale, peraltro, è stata disposta la misura di sicurezza dell’espulsione a pena espiata;".

Il Consigli di Stato (Sez. VI ord. N. 5673/07) ha respinto l’appello cautelare.

In vista dell’udienza di merito, l’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria con la quale ha rilevato:

" 1) Controparte si richiama, nel ricorso, alla normativa di cui al D.Lgs.vo 3/2007, ritenendo di essere nelle condizioni di soggiornante di lungo periodo.

Va peraltro considerato che l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dal ricorrente, non era volta ad ottenere il relativo status, ma bensì il mero rinnovo del permesso di soggiorno di cui il ricorrente già godeva; in tale ottica, il Sig. E.J. non provvedeva a documentare e dimostrare il possesso dei requisiti di cui alla suddetta normativa, di cui, quindi, egli non ha alcun titolo per richiedere l’applicazione.

2) Esclusa tale ipotesi, ne consegue che va applicato il disposto dell’art. 4 comma 3 del DLGS 286/98, nella cui stregua va valutata la sussistenza o meno dei requisiti per il rinnovo del permesso di soggiorno; requisiti che nella fattispecie, sono chiaramente inesistenti.

3) In ogni caso, va considerato che, anche se fosse applicabile la normativa di cui sopra, il risultato finale non potrebbe comunque essere favorevole al ricorrente, per le ragioni evidenziate nella relazione in atti, dalla Questura di Bergamo.".

Parte ricorrente non ha svolto ulteriore attività difensiva.

Alla pubblica udienza del 26.10.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Con il provvedimento in questa sede impugnato è stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno al cittadino del Marocco B.E.J., in quanto è risultato che egli aveva riportato sentenza – emessa in data 10.10.2005- del Tribunale di Bergamo di condanna a 4 anni di reclusione ed euro 14.000 di multa (fatti commessi in Stezzano il 5.12.2004) nonché ulteriore condanna – con sentenza emessa il 12.12.2005 – dalla Corte d’appello di Brescia a 3 anni 10 mesi e 10 giorni ed Euro 14.000 di multa per stupefacenti (fatti commessi in Urgnano il 4.3.2004) con applicazione, a pena espiata, della misura di sicurezza dell’espulsione dallo stato.

Parte ricorrente lamenta che il diniego si fonda esclusivamente su tali sentenze di condanna, senza alcuna disamina della concreta pericolosità sociale del soggetto anche in relazione alla condotta susseguente al reato e alle condizioni di vita del medesimo, che si caratterizzano per la presenza regolare nel territorio nazionale dal 1989.

Il ricorso non risulta fondato.

Va anzitutto osservato che le doglianze formulate dal ricorrente muovono da un non condivisibile presupposto, vale a dire l’automatica acquisizione della condizione di soggiornante di lungo periodo al decoro del quinquennio di permanenza nel territorio nazionale.

Ma così non è.

Il D.Lgs. 8.1.2007 n. 3 – dando applicazione alla direttiva 2003/109/CE – ha introdotto nel T.U. sugli stranieri ( D.Lgs. n. 286/98) il permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo.

L’art. 9 del D.Lgs. n. 286/98 prevede infatti che: "Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell’articolo 29, comma 3, lettera b) e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienicosanitaria accertati dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo…".

E’ evidente che diviene soggiornante di lungo periodo solo il soggetto che – fatta richiesta del rilascio di detto particolare, più favorevole, titolo – ne ottenga dalla Questura, una volta riscontrato il possesso dei relativi requisiti, il rilascio.

In altri termini, la disciplina che subordina il diniego del permesso a valutazioni ulteriori rispetto alla commissione di certi reati è applicabile solo agli stranieri che soddisfano particolari condizioni, individuate puntualmente dal citato art. 9, comma 1 (quali: a) possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità; b) a dimostrazione della disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale; c) dimostrazione della disponibilità di un alloggio idoneo) e che abbiano chiesto il permesso per soggiornanti di lungo periodo e non già a che, come il ricorrente dimori da tempo in Italia senza neppur aver richiesto il rilascio del suddetto particolare titolo.

Come correttamente osservato dalla difesa erariale, l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dal ricorrente non era volta ad ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, bensì il mero rinnovo del permesso di soggiorno di cui il ricorrente già godeva; in tale ottica, E.J. non provvedeva a documentare e dimostrare il possesso dei requisiti di cui alla suddetta normativa, sicché lo scrutinio di legittimità è limitato alla verifica del rispetto delle disposizioni in tema di rinnovo dell’ordinario permesso di soggiorno.

Al riguardo, va rilevato (cfr. TRGA Trento 27.3.2006 n. 101, 3.4.2006 n. 107 e 19.2.2007 n. 25) che l’art. 4, comma 3, del D. Lgs. n. 286 del 1998 (come modificato dall’art. 4 comma 1 lett. b della legge 30.7.2002 n. 189 c.d. BossiFini), nel prevedere la non ammissione e l’impossibilità di continuare il soggiorno in Italia per quei cittadini di origine extracomunitaria che siano stati condannati (anche con sentenza c.d. patteggiata") per determinate categorie di reati oggettivamente gravi e che comunque destano particolare allarme sociale, introduce un automatismo che opera solo nel caso in cui la responsabilità del cittadino straniero risulta essere stata accertata dall’Autorità Giudiziaria a seguito di procedimento penale e conclusiva sentenza di condanna nei suoi confronti.

In altri termini, il citato art. 4 D. Lgs, n. 189/2002, individua una serie di condotte, quelle integratrici delle fattispecie criminali menzionate dalla norma, e le considera come oggettivi indici di pericolosità sociale. Esse, dunque, vengono considerate dalla legge come requisiti individuali negativi, ostativi all’inserimento dello straniero nella comunità nazionale.

Il riferimento legislativo alle inerenti condanne deve quindi ritenersi come volto ad individuare i fatti probanti (cioè le condanne) la sussistenza di quei requisiti negativi.

Si tratta, in definitiva, di una valutazione di pericolosità sociale già effettuata dal legislatore che ha ritenuto, del tutto ragionevolmente e nell’ambito della discrezionalità che gli compete, la sussistenza di tale elemento nella responsabilità del soggetto, accertata giudizialmente, per la commissione di reati di particolare gravità (cfr., sul punto, TAR Parma 7.4.2005 n. 207).

Può condivisibilmente affermarsi (cfr. TAR Parma 26 gennaio 2006 n. 21) che in tal caso sussiste un automatico impedimento al rinnovo del permesso di soggiorno, senza necessità di un’autonoma valutazione della concreta pericolosità sociale, in quanto si tratta di una preclusione che non costituisce un effetto penale, ovvero una sanzione accessoria alla condanna, bensì un effetto amministrativo che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’avere riportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di pericolosità sociale o, quanto meno, di riprovevolezza (non meritevolezza, ai fini della permanenza in Italia) del comportamento tenuto nel Paese dallo straniero.

In merito all’applicazione della norma in questione in relazione a condanne intervenute, come nella fattispecie all’esame, dopo l’entrata in vigore della legge BossiFini, occorre porre in rilievo che, alla stregua dell’art. 5, 5 comma D.Lgs. n. 286/1998, il permesso di soggiorno è revocato, ovvero il rinnovo dello stesso è rifiutato quando vengano a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato.

In altri termini, i requisiti per l’ottenimento del permesso di soggiorno sono sempre i medesimi, sia che si tratti di prima richiesta del permesso che di rinnovo dello stesso.

Dal che consegue che la condanna per determinati reati (tra cui rientra quello in tema di droga attribuito all’odierno ricorrente), come è ostativa per l’ingresso nel territorio dello Stato e la concessione del permesso di soggiorno, ugualmente preclude la possibilità di ottenere il rinnovo dello stesso.

La norma in questione non consente all’Amministrazione alcuna autonoma valutazione in ordine ai fatti oggetto del giudizio penale derivando in modo del tutto automatico dalla sentenza penale la preclusione al rinnovo del permesso di soggiorno (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 2866 del 17.5.2006).

Va poi posto in luce che la disposizione così come sopra interpretata non suscita dubbi di costituzionalità, poiché non appare irragionevole una norma che limita l’ingresso e la permanenza sul territorio nazionale degli stranieri a seconda che questi abbiano commesso reati sanzionati con pene superiori a determinate soglie o comunque ritenuti di particolare pericolosità sociale nell’attuale momento storico (cfr. TAR Parma 21 febbraio 2006 n. 60 e TAR Umbria 28 dicembre 2005 n. 638).

Con la sentenza n. 148 del 2008, la Corte costituzionale ha osservato che: "la principale norma concernente la condizione giuridica dello straniero – attualmente, extracomunitario – è quella dell’art. 10, comma secondo, Cost., la quale stabilisce che essa "è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali", rilevando quindi che: "Da tale disposizione si può desumere che, per quanto concerne l’ingresso e la circolazione nel territorio nazionale ( art. 16 Cost.), la situazione dello straniero non è uguale a quella dei cittadini, dall’altro, che il legislatore, nelle sue scelte, incontra anzitutto i limiti derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute ed eventualmente dei trattati internazionali applicabili ai singoli casi".

Inoltre, la Corte ha ritenuto che non sia manifestamente irragionevole condizionare l’ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale alla circostanza della mancata commissione di reati di non scarso rilievo, osservando che la condanna per un delitto punito con la pena detentiva, la cui configurazione è diretta a tutelare beni giuridici di rilevante valore sociale – quali sono le fattispecie incriminatrici prese in considerazione dalla normativa censurata – non può, di per sé, essere considerata circostanza ininfluente ai fini di cui trattasi. E ciò in quanto il rifiuto del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno non costituisce sanzione penale, sicché il legislatore ben può stabilirlo per fatti che, sotto il profilo penale, hanno una diversa gravità, valutandolo misura idonea alla realizzazione dell’interesse pubblico alla sicurezza e tranquillità, anche se ai fini penali i fatti stessi hanno ricevuto una diversa valutazione.

Con specifico riferimento alla situazione del ricorrente, va rilevato che il decreto del Questore non si è limitato a richiamare le due sentenze di condanna (a pene detentive di rilievo: 4 anni di reclusione e 3 anni 10 mesi e 10 giorni), ma ha svolto specifiche considerazioni sulla pericolosità sociale del richiedente il rinnovo: "Considerato che per gli ingenti quantitativi di stupefacenti di tipo cocaina trattati, come acclarato dagli atti processuali, il EL JAAFARI debba essere considerato persona ben inserita nell’ambiente dei produttori/spacciatori di stupefacenti e soggetto che riveste ruoli di non secondario spessore in organizzazioni criminose dedite ad illeciti di specie e pertanto soggetto socialmente pericoloso per le oggettive possibilità di reiterazione dei reati alla luce di un’illecita attività realizzata con la schemi operativi sofisticati, perfezionati e consolidati nel tempo, sintomatici di personalità definitivamente incline a commettere delitti e prive di revisione critica;".

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore della resistente Amministrazione, che liquida in Euro 1000 (mille) oltre ad accessori di legge, ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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