Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-03-2012, n. 3924 Divorzio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’aprile 2003 il sig. P.V. ricorse al Tribunale di Monza per ottenere la modifica delle condizioni economiche del suo divorzio con la sig.ra L.S., stabilite con sentenza del 17 gennaio 1991, quanto all’assegno divorzile di Euro 516,00 mensili in favore della ex moglie e all’assegno per il mantenimento delle figlie R. e A.. Dedusse il mutamento delle proprie condizioni economiche a causa del pensionamento e dei sopravvenuti obblighi di mantenimento di due figli naturali.

Le figlie, costituendosi in giudizio, dichiararono di rinunciare al contributo paterno essendo diventate economicamente autonome; la sig.ra L., invece, resistette alla domanda di riduzione del suo assegno e chiese, in via riconvenzionale, il riconoscimento della quota del 40% del trattamento di fine rapporto di lavoro nel frattempo percepito dall’attore, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12 bis.

Il Tribunale, dato atto della rinunzia di P.R. e A., respinse la domanda del ricorrente nei confronti della L. ed accolse la riconvenzionale di quest’ultima, condannando il P. a versarle 50.797,22 Euro oltre interessi.

Il P. propose reclamo eccependo l’improcedibilità della domanda riconvenzionale avversaria e la prescrizione del relativo diritto, avendo egli riscosso il TFR all’atto della cessazione del rapporto di lavoro avvenuta il 31 ottobre 1992.

La Corte d’appello di Milano ha respinto il reclamo.

Quanto alla prima eccezione, ha osservato che la diversità dei riti – rispettivamente camerale e ordinario – previsti per le domande di modifica delle condizioni economiche del divorzio e di riconoscimento della quota del TFR ai sensi della L. 1 dicembre 1979, n. 898, art. 12 bis (introdotto dalla L. 6 marzo 1987, n. 74) non ostava alla trattazione congiunta in sede camerale delle medesime domande, essendo la seconda di esse legata da stretta consequenzialità e connessione con la persistente titolarità dell’assegno di divorzio:

vincolo rilevante agli effetti dell’art. 40 c.p.c. che consente, appunto, il simultaneus processus per cause destinate a riti fra loro differenti che siano connesse ai sensi degli artt. 31, 32, 34, 35 o 36 c.p.c..

Dell’eccezione di prescrizione, invece, ha dichiarato l’inammissibilità non essendo consentita la deduzione di nuove eccezioni in grado di appello, ai sensi del novellato art. 345 c.p.c..

Il sig. P. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura. L’intimata si è difesa con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso si sostiene l’insussistenza di un legame di connessione rilevante ai sensi dell’art. 40 c.p.c. fra la domanda di esclusione o riduzione dell’assegno in favore dell’ex coniuge stabilito con la sentenza di divorzio e la riconvenzionale di riconoscimento di una quota del trattamento di fine rapporto dell’ex coniuge attore.

Secondo il ricorrente la domanda principale da lui proposta ha ad oggetto il suo obbligo di contribuzione in favore della ex coniuge, da escludere o ridurre con modifica delle statuizioni della sentenza di divorzio, mentre la riconvenzionale della L. non trova titolo nella sentenza da modificare, essendo il suo diritto alla quota del t.f.r. incontestabilmente maturato dopo tale sentenza.

1.1. – Il motivo è infondato L’art. 40 c.p.c. (come novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353) consente il cumulo di domande soggette a riti diversi nello stesso processo solo in presenza di ipotesi qualificate di connessione (artt. 31, 32, 34, 35 e 36), esclude cioè la possibilità di proporre nello stesso giudizio più domande connesse solo soggettivamente ai sensi dell’art. 33 c.p.c. (ex multis, Cass. 11828/2009, 27233/2008, 17404/2004). La domanda riconvenzionale di una quota del t.f.r. ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 12 bis, è connessa ai sensi dell’art. 36 c.p.c., a quella di revisione dell’assegno, perchè il diritto all’assegno, di cui si discute nel giudizio di revisione, ne è presupposto (cfr. Cass. 27233/2008 e 17404/2004, citt.), mentre non rileva che il diritto alla quota del t.f.r. maturi successivamente alla sentenza di divorzio.

2. – Con il secondo motivo di ricorso si censura la statuizione di inammissibilità dell’eccezione di prescrizione, contestando l’applicabilità dell’art. 345 c.p.c. al reclamo camerale.

2.1. – Il motivo è infondato.

Va premesso che il rito in concreto seguito nella specie per le due cause connesse è stato quello camerale, e non quello ordinario, onde correttamente la questione dell’ammissibilità di nuove eccezioni è stata posta dal ricorrente con riferimento al reclamo camerale.

Questa Corte ha già avuto occasione di affermare che il reclamo avverso i provvedimenti di modifica delle condizioni del divorzio resi dal tribunale ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 1, costituisce un mezzo d’impugnazione, ancorchè devolutivo, e come tale ha per oggetto la revisione della decisione adottata in primo grado, nei limiti del devolutum e delle censure formulate, in correlazione alle domande formulate in quella sede; con la conseguenza che in sede di reclamo, mentre possono essere allegati, stante la libertà di forme proprie del procedimento, fatti nuovi, non possono essere proposte domande nuove, che snaturerebbero il reclamo stesso quale mezzo d’impugnazione, come tale avente la funzione di rimuovere vizi del precedente provvedimento (Cass. 14022/2000; in senso conforme Cass. 1761/2008). Ritiene il Collegio che la considerazione della natura e funzione del reclamo di cui trattasi, quale mezzo d’impugnazione volto a rimuovere i vizi del provvedimento impugnato, giustifichi altresì il divieto di introdurre con esso nuove eccezioni in senso stretto.

3. – Il ricorso va in conclusione respinto.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle persone a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *