Cass. civ., sez. II 16-02-2006, n. 3428 CIRCOLAZIONE STRADALE – SANZIONI – Segnali pubblicitari e segnali di territorio e turistici – Differenze – Valutazione del giudice e censurabilità in cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La s.a.s. Copres ha impugnato davanti al Giudice di pace di Varallo l’ordinanza ingiunzione con cui il Prefetto di Vercelli le aveva irrogato la sanzione pecuniaria di L. 1.224.100, per aver collocato senza autorizzazione mezzi pubblicitari reclamizzanti la ditta Autotrasporti Bastianelli lungo la strada provinciale n. 8 nel comune di Quarona. Ha dedotto l’attrice che il cartello in questione doveva essere considerato come segnale di territorio, sicchè infondatamente le era stato contestato di aver violato l’articolo 23 C.d.S.. Il Prefetto di Vercelli si è costituito in giudizio, contestando la fondatezza del ricorso.

All’esito dell’istruzione della causa, consistita nell’espletamento di una consulenza tecnica di ufficio, con la sentenza indicata in epigrafe il Giudice di pace ha accolto l’opposizione, ritenendo

che ?il manufatto oggetto della contestazione non è qualificabile come mezzo pubblicitario, bensì come segnale stradale verticale e come tale soggetto alla diversa disciplina dell’art. 39 C.d.S.?, mentre a coloro ?che non rispettano le disposizioni di tale articolo e del regolamento si applica il comma 13 dell’art. 38, il quale determina la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro inferiore a quella indicata dall’art. 23?.

Il Ministero dell’interno – Prefetto di Vercelli ha proposto ricorso per Cassazione, in base a due motivi.

La s.r.l. (già s.a.s.) Copres si è costituita con controricorso.

Motivi della decisione

Con i due motivi addotti a sostegno del ricorso, tra loro strettamente connessi e da esaminare pertanto congiuntamente, il Ministero dell’interno – Prefetto di Vercelli si duole di ?violazione e falsa applicazione degli articoli 134 e 81, commi 4 e 11, del reg. esec. C.d.S., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3? e di ?omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5?, lamentando che il Giudice di pace erroneamente e ingiustificatamente ha recepito le conclusioni del consulente tecnico di ufficio, pur se dallo stesso elaborato peritale era risultato che il cartello in questione non era conforme alle disposizioni concernenti l’ubicazione e l’altezza dal suolo stabilite per i segnali di territorio, sicchè avrebbe dovuto essere qualificato senz?altro come un mezzo pubblicitario.

Di questa censura la resistente ha contestato l’ammissibilità, osservando che non è stata denunciata la violazione di norme processuali o di norme sostanziali di rango superiore a quello

ordinario, che unicamente può essere fatta valere come ragione di cassazione delle sentenze pronunciate dal giudice di pace nelle cause di valore inferiore a L. 2.000.000, da decidere secondo equità.

l’eccezione va disattesa, poichè ?in tema di contenzioso sulle sanzioni amministrative, la L. 24 novembre 1981 n. 689, art. 23, comma 11, nella formulazione introdotta dal D.Lgs. 30 dicembre

1999, n. 507, art. 99, dispone che nel giudizio di opposizione davanti al giudice di pace non si applica l’art. 113 c.p.c., comma 2, e, quindi, preclude la pronuncia secondo equità;

conseguentemente anche le sentenze emesse dal giudice di pace in cause di opposizione a sanzione amministrativa di valore inferiore a lire duemilioni (oggi euro millecento) sono ricorribili per cassazione per violazione di norme sostanziali? (Cass. 10 marzo 2005 n. 5297).

Sebbene ammissibile, la censura formulata dal ricorrente non è fondata.

l’articolo 39 C.d.S., definisce come segnali stradali verticali ?di indicazione? quelli che ?hanno la funzione di fornire agli utenti della strada le indicazioni necessarie o utili per la guida e per

l’individuazione di località, servizi ed impianti? e include nel loro novero i ?segnali turistici e di territorio?, destinati a fornire tra l’altro, a norma dell’articolo 134 del regolamento, ?indicazioni? industriali, artigianali, commerciali?, riguardanti sia le ?zone di attività?, sia le ?attività e gli insediamenti particolari?.

Secondo il ricorrente, questi ultimi segnali, quando presentano una qualsiasi divergenza dalle previsioni delle norme regolamentari che specificamente li disciplinano, sono assimilabili comunque alle ?insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda, segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade?, di cui all’art. 23 C.d.S..

La tesi non può essere accolta, poichè si basa sull’erroneo presupposto che ogni anche lieve difformità valga a parificare ai mezzi pubblicitari i segnali di territorio, quando si riferiscono a particolari attività o insediamenti.

A questa conclusione si può pervenire, invece, soltanto se si tratta di differenze rilevanti, tali da snaturare il cartello, facendogli assumere una prevalente funzione reclamistica, di promozione dei prodotti di una determinata impresa, in luogo di quella segnaletica, di indicazione dell’itinerario verso la sede in cui l’attività industriale, commerciale o artigianale si svolge.

La relativa valutazione, implicando accertamenti di fatto e apprezzamenti di merito, non è sindacabile in sede di legittimità, se non sotto il profilo della omissione, insufficienza o

contraddittorietà della motivazione. Ma da tali vizi la sentenza impugnata è immune, poichè il Giudice di pace ha dato conto, in maniera esauriente e logicamente coerente, delle ragioni della

decisione, osservando, sulla scorta delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio, che il cartello in questione presentava tutti i prescritti requisiti di ?forma, dimensioni, colori, materiali, rifrangenza, illuminazione, composizione grafica ed alfanumerica?, essenziali per la sua qualificabilità come segnale di territorio, e implicitamente considerando di importanza

secondaria la sua irregolarità per altri aspetti, come l’altezza dal suolo e la collocazione sulla direttrice principale di traffico anzichè sulle successive intersezioni locali: irregolarità circa la

quale ha osservato che da bensì luogo a una violazione, ma diversa e meno grave di quella prevista dall’art. 23 C.d.S., per l’installazione di mezzi pubblicitari senza autorizzazione.

Nè il ricorrente ha formulato doglianze di sorta, relativamente alla mancata applicazione, con la sentenza impugnata, della minore sanzione stabilita dall’art. 38 C.d.S., per il fatto come

diversamente qualificato.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di Cassazione sostenute dalla resistente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di Cassazione, liquidate in 100,00 Euro, oltre a 500,00 Euro per onorari, con gli accessori di

legge.

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