Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 23-09-2011) 10-10-2011, n. 36519

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

G.M., ricorre, a mezzo dei suoi difensore, avverso l’ordinanza del 18-26 aprile 2011 del Tribunale di Firenze (che ha respinto il riesame avverso l’ordinanza di custodia cautelare del G.I.P. di Firenze del 28 febbraio 2011, eseguita il 31 Marzo 2011, con la quale è stata disposta la misura degli arresti domiciliari presso l’abitazione in (OMISSIS), in relazione a fatti contestati dal novembre 2005 all’aprile 2009) deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) i capi di imputazione.

Risulta agli atti che il G. è accusato ai capi:

sub a: del reato di cui all’art. 648 c.p., per aver ricevuto da B.U., in più occasioni, la complessiva somma di 77.000,00 Euro dal novembre 2005 al dicembre 2006, prelevata dal conto corrente intestato alla procedura di concordato preventivo "Roller" s.r.l., di cui il B. era liquidatore. La ricettazione è contestata in quanto dette somme erano provenienti dal delitto di cui all’art. 314 c.p. posto in essere dal B.;

sub b: di concorso in peculato ( art. 314 c.p.) ai sensi dell’art. 111 c.p., poichè il G., approfittandosi dello stato di incapacità di intendere e di volere del B., si sarebbe fatto consegnare da quest’ultimo, in tale qualità di liquidatore, la somma di Euro 1.262.000. Detta somma sarebbe stata sottratta dal B. dal concordato preventivo "Roller", in più occasioni, dal 2007 fino all’aprile 2009;

sub c: del reato di cui all’art. 643 c.p. poichè il G., dal 2007 all’aprile 2009, avrebbe indotto il B. (incapace di intendere e di volere) a consegnargli cospicue somme di denaro, che costui traeva dal proprio patrimonio personale.

2.) i motivi di impugnazione.

Esistono in atti due distinte impugnazioni: la prima a cura dell’avv. Puliti e la seconda a cura dell’avv. Minasi.

2.1) il ricorso proposto dall’avv. Puliti e le ragioni della decisione della Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo dell’art. 274 c.p.p., lett. e), art. 292 c.p.p., comma 2, lett. e) e e-bis e art. 275 c.p.p.; mancanza contraddittorietà od illogicità della motivazione per violazione dei parametri di cui il Giudice deve tenere conto nell’applicazione della misura.

Con un secondo motivo si lamenta violazione od erronea applicazione dell’art. 273 c.p.p. in relazione all’art. 278 ed agli artt. 648 e 314 c.p.; contraddittorietà della motivazione e sua illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati di ricettazione e peculato.

In tema di ricettazione osserva il ricorrente che la stessa ricorre fuori dai casi di concorso nel reato ( art. 648 c.p.) ed è quindi logicamente incompatibile con ipotesi criminose tutte fondate sul necessario concorso del G.: non essendo possibile pensare logicamente, prima ad una condotta che esuli dal concorso e poi ad una forma qualificata del concorso. In proposito si rileva che nella contestazione di cui al capo b) G.M. è ritenuto addirittura un determinatore.

Per l’ordinanza impugnata la contestazione di cui all’art. 648 c.p. sarebbe corretta a fronte di una scelta prudenziale del PM che presuppone all’epoca (e quindi fino al 2006) in capo al B. una piena capacità di intendere e di volere e quindi l’imputabilità con riferimento al reato di peculato all’epoca commesso.

Il ricorso prospetta al contrario che tale affermazione sfugge ad ogni motivazione sulla censura mossa dal ricorrente ed è assolutamente illogica.

L’ipotesi di base è che il G. concorra con il B. nei fatti, ma non è logicamente ammissibile isolare segmenti di condotta anteriori alla supposta incapacità del B. per supporre un’ipotesi alternativa ed addirittura opposta, e cioè una estraneità del G. al fatto distrattivo, pur consapevole di una illecita provenienza.

Se egli era consapevole, concorreva, se non fosse stato consapevole, era estraneo ad ogni ipotesi delittuosa. Non esiste altra alternativa logica.

Da ciò l’ulteriore impossibilità di configurare il reato di cui all’art. 314 c.p..

Si sostiene infatti che il liquidatore di una società nella procedura di concordato preventivo non è pubblico ufficiale e che, in caso di sottrazione di beni alla procedura stessa, può rispondere del reato di appropriazione indebita e non di peculato.

Secondo l’ordinanza impugnata anche il peculato sarebbe stato contestato correttamente dal PM nella forma concorsuale ai sensi dell’art. 111 c.p..

Rileva il ricorrente che il Tribunale del riesame ignora che con sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Unite Penali, 30 settembre – 7 dicembre 2010 n. 43428, in una vicenda che riguardava la sussumibilità o meno nella fattispecie di bancarotta delle condotte distrattive o fraudolente poste in essere dal liquidatore di un concordato preventivo con cessione di beni.

In base a tali premesse, i reati in astratto ipotizzabili implicano una cornice edittale di pena che consentirebbe la misura solo per la previsione di cui al capo e).

2.2) i motivi di impugnazione proposti dall’avv. Minasi e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione l’avv. Minasi deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della violazione degli artt. 648 e 314 cod. pen..

In sintesi, se dunque il legislatore ha conservato con l’art. 165 l’originario testo dell’art. 30 e, dunque, la qualifica di pubblico ufficiale del curatore fallimentare, nulla ha affermato circa il liquidatore, a cui, come in passato, continua a non essere attribuita alcuna specifica qualifica.

Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge in riferimento agli artt. 314 e 111 c.p..

Con un terzo motivo si prospetta violazione dell’art. 643 cod. pen. avuto riguardo ai rapporti tra G. e B., che risalgono a prestiti di denaro iniziati nell’anno 1997, allo stato di salute del B..

Con un quarto motivo si evidenzia violazione dell’art. 70 cod. proc. pen. dato che G. è stato iscritto nel registro delle notizie di reato per un’ipotesi ex art. 111 cod. pen. con riferimento all’art. 314 cod. pen. fin dai primi mesi del 2009, quando l’incapacità di stare in giudizio del B. e processualmente documentata dal dicembre 2010.

Con un quinto motivo si evidenzia violazione delle norme che presiedono l’applicazione delle misure cautelari.

3.) le ragioni della decisione della Corte di cassazione.

All’odierna udienza i difensori del ricorrente hanno comunicato la sopravvenuta cessazione dello stato di custodia cautelare, senza peraltro formulare alcuna esplicita richiesta intesa a giustificare la decisione di questa Corte, sulla proposta impugnazione sotto il profilo degli interessi tutelabili ex art. 314 cod. proc. pen..

Da ciò l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Le S.U. con sentenza 7931/2011 Rv. 249002 hanno infatti enunciato il principio che in tema di ricorso avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiate, nelle more revocata o divenuta inefficace, come nella specie, perchè possa ritenersi comunque sussistente l’interesse del ricorrente a coltivare l’impugnazione in riferimento a una futura utilizzazione dell’eventuale pronunzia favorevole, ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, è necessario che la circostanza formi oggetto di specifica e motivata deduzione, idonea a evidenziare in termini concreti il pregiudizio che deriverebbe dal mancato conseguimento della stessa, formulata personalmente dall’interessato.

Tanto non si è nella fattispecie verificato con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso per sopravenuta carenza di interesse.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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