Cass. civ. Sez. II, Sent., 12-03-2012, n. 3885 Corrispettivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 3 febbraio 2003 il Tribunale di Aosta – adito da S.T. e in via riconvenzionale da C.L., rispettivamente appaltatore e committente di opere edili – determinò in 8.081,93 Euro il credito dell’attore e in 750,00 quello del convenuto, condannando il secondo al pagamento della differenza, con gli interessi dal 12 febbraio 1992.

Impugnata in via principale da T.S. e S.M. (quale cessionario del credito in questione) , in via incidentale da C.L., la decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Torino, che con sentenza – del 16 ottobre 2005 ha rettificato in 7.433,06 Euro la somma dovuta da C.L. e ha fissato al 3 ottobre 1994 la data di decorrenza degli interessi.

S.T. e S.M. hanno proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. C.L. si è costituito con controricorso e ha presentato una memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso S.T. e S.M. si dolgono del rigetto della domanda, nella parte in cui era diretta ad ottenere la condanna di C.L. al pagamento della revisione dei prezzi, dovuta in seguito all’aumento dei costi dei materiali e della mano d’opera verificatosi nel corso dell’esecuzione dell’appalto: lamentano che in proposito la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che nell’atto introduttivo del giudizio la richiesta non fosse supportata dall’allegazione del maggior onere conseguentemente sostenuto dall’appaltatore e della imprevedibilità della circostanza; affermano inoltre che in materia non occorreva acquisire prove, stante la notorietà del fenomeno inflattivo in atto negli anni 90, mentre la consulenza tecnica di ufficio espletata non aveva supplito a carenze probatorie di sorta attribuibili alla parte attrice, ma soltanto individuato le percentuali di incremento delle spese necessarie per il compimento dei lavori.

La censura è inconferente, poichè non investe nella sua integrità la ratio decidendi posta a base, sul punto, della sentenza impugnata, con la quale si è rilevata la carenza di allegazione e di prova, da parte dell’attore, non solo in ordine all’effettività degli aumenti dei costi, ma anche alla loro imprevedibilità al momento del contratto: imprevedibilità cui l’art. 1664 c.c. condiziona il diritto alla revisione del prezzo, ove questa non abbia formato oggetto di specifica pattuizione (v., tra le più recenti, Cass. 21 gennaio 2011 n. 1494). Proprio la circostanza – su cui i ricorrenti insistono – della notorietà della diminuzione del potere di acquisto della moneta in quel periodo e dell’inevitabile sua ripercussione sui costi dell’edilizia è stato argomento di rigetto della domanda di cui si tratta, in base alla considerazione che "all’inizio degli anni 90 l’inflazione era generalizzata e tutti ne erano a conoscenza":

argomento non specificamente contestato dai ricorrenti, i quali in particolare non deducono che all’epoca si fosse verificato quell’"improvviso salto inflattivo, rispetto all’andamento della svalutazione manifestatosi negli anni precedenti, dovuto a particolari contingenze", che secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. s.u. 9 novembre 1992 n. 12076 e successive conformi) può consentire di ravvisare nel fenomeno dell’inflazione monetaria il requisito dell’imprevedibilità, richiesto dalla disposizione citata.

Con il secondo motivo di ricorso S.T. e S.M. osservano che l’espletamento della consulenza tecnica di ufficio, con- trariamente a quanto affermato C.L., aveva formato oggetto di espressa richiesta da parte dell’attore.

Anche questa deduzione non è pertinente, poichè la Corte d’appello non ha affatto ritenuto che l’indagine peritale fosse stata disposta dal primo giudice in mancanza di un’istanza in tal senso di S. T.: la ragione per cui non ha utilizzato i risultati del mezzo istruttorie, come prima si è detto, è del tutto diversa.

Con il terzo motivo di ricorso si contesta l’esattezza della fissazione della decorrenza degli interessi alla data della domanda, anzichè a quella dell’accettazione dell’opera, avvenuta con la redazione di un verbale di constatazione che aveva comportato la maturazione del credito dell’appaltatore e reso superflua la costituzione in mora del committente.

Neppure questa censura può essere accolta, poichè si basa sulla supposizione di un fatto che non risulta dalla sentenza impugnata (nè può formare oggetto di accertamento in questa sede, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità) e che dovrebbe desumersi da un documento di cui non viene riportato il contenuto, in violazione del principio di "autosufficienza".

Il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti – in solido, dato il comune loro interesse nella causa – a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 2.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 2.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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