Cass. civ. Sez. II, Sent., 12-03-2012, n. 3880 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il Sindaco del Comune di Parma ingiungeva a F.M., socio de "La Bottega del pane di Fanti e Volpi s.n.c.", in qualità di trasgressore, e a V.D., quale legale rappresentante della medesima società, il pagamento della sanzione amministrativa di Euro 1.032,00, oltre spese, per avere effettuato la vendita al pubblico di prodotti da forno prodotti nei locali della società alle ore 3,40, in violazione dell’ordinanza sindacale che stabiliva per gli esercizi di panificazione l’orario di vendita dalle ore 7 alle ore 22.

Avverso tale ordinanza-ingiunzione proponeva opposizione la s.n.c. "La Bottega del pane".

L’adito Giudice di pace di Parma, con sentenza depositata il 26 aprile 2005, ha accolto l’opposizione sulla base dei seguenti rilievi: 1) l’opponente "Bottega del pane" era un panificio artigianale, la cui attività prevalente consisteva nella produzione e vendita di prodotti da forno; 2) ai sensi del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 4, comma 2, lett. f), sono esonerate dall’applicazione dello stesso decreto le attività artigianali per la vendita nei locali di produzione o nei locali a questa adiacenti di beni di produzione propria; 3) non si poteva pretendere dalla opponente il rispetto del citato D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 11; 4) l’ordinanza sindacale che assoggettava all’osservanza degli orari previsti per gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio le attività di panificazione e di vendita al dettaglio anche di prodotti di produzione propria (ordinanza peraltro annullata dal TAR), era illegittima ad andava quindi disapplicata.

Il Comune di Parma propone ricorso per la cassazione di questa sentenza sulla base di un motivo, illustrato da memoria.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, il Comune ricorrente deduce violazione della L. n. 1002 del 1956, art. 9, del D.Lgs. n. 114 del 1998, artt. 4 e 11, e della L. n. 443 del 1985, art. 3.

Il Comune osserva che l’attività di panificazione è disciplinata dalla L. n. 1002 del 1956, tuttora in vigore, la quale, all’art. 9, dispone che la vendita al pubblico del pane può essere esercitata solo dalle imprese produttrici che siano anche in possesso della licenza commerciale con specifica indicazione della voce "pane". Il ricorrente sostiene dunque che la disciplina di cui al D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 11 trova piena applicazione alla vendita del pane, attesa la piena equiparazione di detta attività alle attività commerciali. Del resto, osserva il Comune, la Società Bottega del pane aveva ottenuto l’autorizzazione per la vendita al pubblico a seguito di comunicazione di "apertura di esercizio di commercio al dettaglio di vicinato".

Ad avviso del ricorrente, una diversa interpretazione, che escludesse l’attività di vendita del pane dalla disciplina del commercio si porrebbe in contrasto con la L. n. 265 del 1999, art. 11, comma 3, la quale ha stabilito il principio per cui la vendita del pane, da chiunque effettuata, è soggetta all’applicazione degli orari di cui al D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 11, comma 4.

Da ultimo il Comune osserva che non potrebbe neanche operare la deroga contenuta nel D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 4, comma 2, lett. f), sia perchè la vendita del pane al pubblico è sempre considerata attività commerciale, sia perchè anche la definizione di impresa artigiana contenuta nella L. n. 443 del 1985, art. 3, esclude che possano essere qualificate tali le imprese che esercitano attività di prestazione di servizi commerciali, e quindi l’attività di vendita al pubblico di prodotti.

Il ricorso è fondato.

Il thema decidendum della presente controversia consiste nello stabilire se i panificatori autorizzati alla vendita del loro prodotto, come imprenditori artigiani, siano esentati, ai sensi del D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 4, comma 2, lett. f), dal rispetto degli orari di vendita fissati dall’autorità comunale o, in difetto determinati ai sensi del medesimo D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 11, ovvero se, necessitando essi comunque di specifica autorizzazione per la vendita al pubblico anche del pane da essi stessi confezionato, siano invece assoggettati al rispetto dei detti orari, al pari degli altri esercenti di attività commerciali.

Per dare risposta al quesito così individuato occorre prendere le mosse dalla L. n. 1002 del 1956 (abrogato dal D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, nella L. n. 248 del 2006), la quale, all’art. 9 (catione temporis applicabile al caso di specie), disponeva: "La vendita del pane al pubblico può essere esercitata solo dalle imprese in possesso della licenza commerciale con la specifica indicazione della voce "pane". Le imprese, con rivendita di pane non annessa al panificio non possono rifornirsi contemporaneamente da più produttori per ciascuno dei tipi di pane di cui è consentita la produzione e la vendita, e sono tenute a farsi rilasciare dai produttori una distinta per ogni quantitativo di pane fornito con l’indicazione dell’indirizzo della ditta produttrice, della data di consegna, qualità e quantità di pane consegnato. Tali distinte debbono essere tenute nella rivendita a disposizione degli agenti di sorveglianza fino ad esaurimento della vendita del pane al quale si riferisce la distinta".

Si deve poi rilevare che, secondo la definizione data dalla L. n. 443 del 1985, art. 3, "è artigiana l’impresa che, esercitata dall’imprenditore artigiano nei limiti dimensionali di cui alla presente legge, abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa".

Ai sensi del successivo art. 5, comma 7, "per la vendita nei locali di produzione, o ad essi contigui, dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente di quanto strettamente occorrente all’esecuzione dell’opera o alla prestazione del servizio commessi, non si applicano alle imprese artigiane iscritte all’albo di cui al primo comma le disposizioni relative all’iscrizione al registro degli esercenti il commercio o all’autorizzazione amministrativa di cui alla L. 11 giugno 1971, n. 426, fatte salve quelle previste dalle specifiche normative statali".

In questo contesto, è intervenuto il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, il quale all’art. 11 dispone che "1. Gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni del presente art. e dei criteri emanati dai comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti, in esecuzione di quanto disposto dalla L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 36, comma 3. 2. Fatto salvo quanto disposto al comma 4, gli esercizi commerciali di vendita al dettaglio possono restare aperti al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue. Nel rispetto di tali limiti l’esercente può liberamente determinare l’orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio non superando comunque il limite delle tredici ore giornaliere.

3. L’esercente è tenuto a rendere noto al pubblico l’orario di effettiva apertura e chiusura del proprio esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione.

4. Gli esercizi di vendita al dettaglio osservano la chiusura domenicale e festiva dell’esercizio e, nei casi stabiliti dai comuni, sentite le organizzazioni di cui al comma 1, la mezza giornata di chiusura infrasettimanale.

5 (…)". Il medesimo D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 4, comma 2, lett. f), dispone che "2. Il presente decreto non si applica: (…) f) agli artigiani iscritti nell’albo di cui alla L. 8 agosto 1985, n. 443, art. 5, comma 1, per la vendita nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all’esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio".

Successivamente, la L. n. 265 del 1999, art. 11, comma 13, ha disposto l’abrogazione della L. 13 luglio 1966, n. 611, recante disposizioni sul riposo settimanale degli addetti alla produzione e alla vendita del pane, stabilendo altresì che "all’attività di panificazione autorizzata ai sensi della L. 31 luglio 1956, n. 1002, si applicano del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, l’art. 11, comma 4 e gli artt. 12 e 13".

Le disposizioni da ultimo citate rispettivamente prevedono: art. 12 "1. Nei comuni ad economia prevalentemente turistica, nelle città d’arte o nelle zone del territorio dei medesimi, gli esercenti determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono derogare dall’obbligo di cui all’art. 11, comma 4. 2. Al fine di assicurare all’utenza, soprattutto nei periodi di maggiore afflusso turistico, idonei livelli di servizio e di informazione, le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio e del turismo e dei lavoratori dipendenti, possono definire accordi da sottoporre al sindaco per l’esercizio delle funzioni di cui alla L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 36, comma 3. 3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, anche su proposta dei comuni interessati e sentite le organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e del turismo e dei lavoratori dipendenti, le regioni individuano i comuni ad economia prevalentemente turistica, le città d’arte o le zone del territorio dei medesimi e i periodi di maggiore afflusso turistico nei quali gli esercenti possono esercitare la facoltà di cui al comma 1"; art. 13 "1. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle seguenti tipologie di attività: le rivendite di generi di monopolio;

gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri; gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; alle rivendite di giornali; le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le pasticcerie; gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonchè le stazioni di servizio autostradali, qualora le attività di vendita previste dal presente comma siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale cinematografiche. 2. Gli esercizi del settore alimentare devono garantire l’apertura al pubblico in caso di più di due festività consecutive. Il sindaco definisce le modalità per adempiere all’obbligo di cui al presente comma. 3. I comuni possono autorizzare, in base alle esigenze dell’utenza e alle peculiari caratteristiche del territorio, l’esercizio dell’attività di vendita in orario notturno esclusivamente per un limitato numero di esercizi di vicinato".

Dal qui richiamato quadro normativo si evince che l’attività di vendita del pane al pubblico può, ai sensi della L. n. 1002 del 1956, essere esercitata solo dalle imprese in possesso della licenza commerciale con la specifica indicazione della voce "pane". Tale previsione, che deve tuttora considerarsi in vigore, colloca dunque la menzionata attività nell’area della attività commerciale.

La circostanza che la stessa venga esercitata in forma artigianale non vale ad esonerare gli operatori, anche nel caso in cui la vendita dei prodotti da forno avvenga nel luogo di produzione, dall’ambito di operatività delle disposizioni che regolano le attività commerciali, e quindi anche del D.Lgs. n. 114 del 1998, e segnatamente dell’art. 11 di quest’ultimo. Depone in tal senso il fatto che la L. n. 443 del 1985, art. 3, nel dettare la definizione dell’impresa artigiana esclude che tali possano essere quelle che esercitano attività di prestazione di servizi commerciali, e cioè attività per le quali è richiesta l’autorizzazione all’esercizio del commercio.

L’attività di vendita del pane oggetto di contestazione da parte del Comune ricorrente, quindi, essendo subordinata, ratione temporls, al possesso della licenza commerciale (art. 9 legge n 1002 del 1956), non poteva ritenersi esentata dall’obbligo di osservanza delle prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 11, sul rilievo della natura artigiana dell’impresa di panificazione. In sostanza, ai fini che qui rilevano, l’attività di vendita del pane non poteva essere qualificata di tipo artigiano ai sensi del citato D.Lgs. n. 114, art. 4, lett. f).

A tale soluzione non è di ostacolo la disposizione della L. n. 265 del 1999 che, abrogando la L. n. 611 del 1996, ha esteso all’attività di produzione e di vendita del pane l’applicabilità non solo dell’art. 11, comma 4, ma anche del D.Lgs. n. 114 del 1998, artt. 12 e 13, atteso che l’estensione, considerato l’oggetto della L. n. 611 del 1966, non può essere estesa ad altri fini che non a quello dell’obbligo del risposo settimanale per gli addetti a quella attività.

Da ultimo, giova ricordare che questa Corte ha già avuto modo di affermare che "le disposizioni della L. 28 luglio 1971, n. 558, sugli orari di apertura e chiusura dei negozi, trovano applicazione pure con riguardo agli esercizi di produzione e vendita al dettaglio del pane, ancorchè aventi dimensione artigianale, e, quindi, anche tali esercizi restano assoggettati alle prescrizioni in proposito impartite dai competenti organi regionali, ovvero degli organi comunali all’uopo delegati, nonchè al potere sanzionatorio degli uni o degli altri, in caso di inosservanza delle prescrizioni medesime" (Cass. n. 1621 del 1985).

In conclusione, il ricorso deve essere accolto, avendo la sentenza impugnata affermato il diverso principio della esenzione dell’attività di vendita del pane svolta da un’impresa artigiana nel luogo di produzione dall’obbligo di osservare le prescrizioni del D.Lgs. n. 114 del 1998.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata e la cassazione può essere disposta senza rinvio, potendosi procedere alla decisione della causa nel merito, con il rigetto dell’opposizione. Non sono infatti necessari ulteriori accertamenti di fatto, essendo la violazione stata accertata nella sua materialità (vendita di prodotti da forno alle ore 3,40) e non risultando che sul punto siano state dedotte specifiche censure nel giudizio di opposizione.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, si ritiene che le stesse possano essere compensate in considerazione della complessità del richiamato quadro normativo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *