Cons. Stato Sez. VI, Sent., 09-11-2011, n. 5923 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I) La s.p.a. R. F. I. (d’ora innanzi: RFI) chiede la riforma della sentenza con la quale il Tar della Puglia ha accolto il ricorso n. 235 del 2010, proposto dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Bari (d’ora in avanti: Consorzio) avverso il verbale della conferenza di servizi del 9 dicembre 2009 sulla realizzazione di uno svincolo di collegamento tra la tangenziale di Bari A/14 con la strada provinciale n. 1 di Bari Modugno, 1° lotto, nella parte in cui recepisce il parere di RFI di non compatibilità tra il progetto dello svincolo e l’opera ferroviaria Bari S. Andrea – Bitetto.

II) Espone la società appellante che:

– il progetto preliminare della tratta ferroviaria appena citata è stato approvato dal CIPE con la deliberazione n. 46 del 2004, così determinando la variazione degli strumenti urbanistici ed un corridoio di rispetto di 80 metri;

– il progetto definitivo è stato approvato con la deliberazione n. 95 del 2006;

– il responsabile del procedimento del Consorzio ha convocato per il 17 luglio 2008 una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990 per acquisire intese, pareri e assensi per la realizzazione del primo lotto dello svincolo stradale di collegamento sopra indicato, intersecante la tratta ferroviaria progettata posta in trincea profonda 1015 metri, donde la necessità di acquisire la preventiva autorizzazione di RFI prescritta dall’art. 58 dpr n. 753 del 1980;

– dopo un primo parere sfavorevole, la conferenza di servizi, in data 17 dicembre 2008, ha segnalato che l’opera, "pur risultando compatibile con la realizzazione finale della nuova tratta in variante Bari S. Andrea – Bitetto, risulta invece incompatibile/interferente nelle fasi di costruzione della stessa", e ha subordinato qualsiasi autorizzazione alla stipula di apposita convenzione regolante i rapporti e i maggiori oneri derivanti;

– la bozza di convenzione inviata dal Consorzio non è stata accettata da RFI in quanto, come comunicato con la nota del 18 maggio 2009, le aree in questione sarebbero state interessate dalle attività preliminari all’avvio della fase realizzativa della tratta ferroviaria; RFI si rendeva quindi disponibile per definire la convenzione nella fase successiva alla realizzazione della tratta ferroviaria, per la quale in data 8 giugno 2009 era stato aggiudicato l’appalto relativo alla progettazione esecutiva;

– dopo l’invio di elaborati progettuali da parte del Consorzio, che solo nel giugno 2009 rappresentava l’interferenza dell’opera stradale con il costruendo tracciato ferroviario disposto in trincea, nell’incontro del 1° luglio 2009 emergeva che tale opera così come progettata e localizzata non risultava più tecnicamente compatibile con la trincea ferroviaria; il necessario riesame progettuale avrebbe dovuto prevedere opportune opere di scavalco della tratta ferroviaria in corrispondenza dell’interferenza con la strada, mentre RFI si sarebbe impegnata ad avviare prioritariamente la realizzazione dell’opera ferroviaria interessata dallo svincolo stradale, onde consentire la successiva realizzazione dello svincolo stesso: con nota del 10 luglio 2009 RFI trasmetteva al Consorzio una bozza di accordi in tal senso;

– con la nota del 5 ottobre 2010 il Consorzio contestava il contenuto di tale bozza; dopo scambio di corrispondenza, si è tenuta la terza conferenza di servizi in data 9 dicembre 2009, nella quale RFI, preso atto del mancato adeguamento progettuale, confermava l’incompatibilità già riscontrata per la fase costruttiva, e giudicava incompatibile anche quella definitiva tra il progetto dello svincolo e l’opera ferroviaria.

Il verbale relativo a tale conferenza è stato impugnato davanti al Tar, che ha accolto il ricorso sul presupposto della violazione, da parte della s.p.a. RFI, del principio di leale collaborazione tra gli Enti competenti all’amministrazione della cosa pubblica.

La società appellante oppone l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso di primo grado, non assumendo il verbale impugnato natura di provvedimento, le cui conclusioni erano, in ogni caso, note al ricorrente fin dal 18 maggio 2009.

Nel merito, l’appellante contesta in sostanza la sovrapposizione, da parte del Tar, della valutazione di merito a quella riservata all’Ente esercente il servizio ferroviario.

III) L’appello deve essere accolto, essendo infondato il ricorso di primo grado (e può pertanto prescindersi dall’esaminarne l’inammissibilità e l’irricevibilità, secondo le eccezioni svolte dall’appellante in primo grado e riproposte in questa sede).

L’art. 58 del d.P.R.11 luglio 1980, n. 753, dispone a carico di chi intenda costruire una strada o qualunque altra opera di pubblica utilità che debba attraversare impianti ferroviari o svolgersi ad una distanza che possa creare interferenze, soggezioni o limitazioni all’esercizio ferroviario, l’onere di ottenere la preventiva autorizzazione dell’azienda esercente, che potrà condizionarla alla realizzazione di tutte le varianti ai piani costruttivi che riterrà necessarie per garantire la sicurezza delle opere e degli impianti e la regolarità dell’esercizio ferroviario.

Tale norma attribuisce all’azienda esercente, e quindi, attualmente, alla società RFI, la competenza a valutare la compatibilità dell’opera progettata con le esigenze del servizio ferroviario, mediante un giudizio di merito che, come osserva l’appellante, si sottrae alla critica di legittimità se non per motivi estrinseci o di sostanziale illogicità.

Inoltre, la norma costituisce anche un parametro di giudizio in ordine alla graduazione degli interessi pubblici in gioco, nel senso della preminenza del servizio ferroviario sulle altre opere di pubblica utilità, la cui realizzazione è infatti condizionata alla sicurezza e alle esigenze del trasporto ferroviario, considerato servizio pubblico essenziale dall’art. 1, comma 2, lettera b), della legge 12 giugno 1990, n. 146.

Già in sede cautelare il Collegio ha osservato che il giudizio tecnicodiscrezionale circa la compatibilità tra la progettata opera stradale e il raddoppio ferroviario è riservato all’Amministrazione, la quale fin dalla conferenza di servizi del 17 dicembre 2008 aveva palesato le problematiche relative alla edificazione dell’opera, e aveva chiesto al Consorzio l’adeguamento progettuale necessario per una adeguata valutazione.

La sentenza impugnata, che pure argomenta dal dovere di leale collaborazione non è perciò condivisibile, dal momento che tale principio non può certamente valere a scolorire il riparto di competenze e di responsabilità demandato alle varie Amministrazioni coinvolte nel procedimento, né a sollevare dagli oneri prescritti a tutela dell’interesse pubblico, secondo la graduazione normativamente indicata.

E’ allora evidente che la sede di applicazione del principio evocato dal Tar si deve tradurre nell’onere di considerare la richiesta del Consorzio in sede di progettazione esecutiva del raddoppio ferroviario, sede nella quale, ai sensi dell’art. 93 d.lgs. n. 163 del 2006, si dovrà tener conto degli studi e delle indagini compiuti nelle fasi precedenti e degli eventuali ulteriori studi e indagini, di dettaglio o di verifica delle ipotesi progettuali, e quindi anche del quadro complessivo delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire: in questo senso la contrarietà espressa con il parere impugnato anche per quanto riguarda la fase definitiva del progetto non può costituire altro che una opinione non vincolante, essendo avulsa da qualunque concreta considerazione della concreta conformazione delle due opere interferenti, allo stato ancora non definita.

Non è invece consentito, contrariamente a quando pretende l’appellato, invertire il senso della verifica di compatibilità, anticipando la realizzazione dello svincolo e prevedendone lo smantellamento al momento della costruzione del raddoppio ferroviario: un tale modulo operativo, oltre ad essere assolutamente incurante dello spreco di risorse pubbliche che comporta, configura uno stravolgimento procedimentale che attribuirebbe all’onerato la potestà di porre nel nulla gli adempimenti prescritti e lo svolgimento anche temporale delle competenze previste dalla legge.

Neppure è condivisibile l’assunto del Consorzio secondo il quale l’art. 58 del d.P.R. n. 753 cit. si riferirebbe solo alle opere pubbliche destinate ad attraversare un impianto ferroviario: la norma, invece, mira ad eliminare interferenze negative anche in ragione della distanza tra le due infrastrutture, e abilita RFI a condizionare l’autorizzazione richiesta a tutte le varianti costruttive ritenute necessarie, che nella fattispecie, pur rappresentate, non sono state apportate dal Consorzio. Né può ritenersi che l’indicazione precisa delle modifiche progettuali spettasse alla s.p.a. RFI: questo Ente, che non si è espresso negativamente in via di principio sul progetto, ma ne ha rilevato la mancata considerazione delle preminenti esigenze del servizio ferroviario, già avviate alla fase preliminare della fase realizzativa mediante l’aggiudicazione dell’appalto per la progettazione esecutiva, ha rappresentato, nell’incontro del 1° luglio 2009, l’incompatibilità tecnica tra lo svincolo stradale come progettato e la trincea ferroviaria, segnalando l’opportunità di prevedere opere di scavalco della stessa trincea.

E’ evidente che, con tale segnalazione, l’apporto collaborativo che l’art. 58 citato richiede alla s.p.a. RFI in sede di esame del progetto stradale è stato pienamente assolto, mentre spettava al Consorzio tradurlo in concreta modalità progettuale: poiché così non è stato, qualunque considerazione ulteriore non può che arrestarsi a fronte dell’inadempimento della parte interessata al progetto, alla quale non poteva certamente supplire l’Ente deputato alla verifica di compatibilità.

Pertanto, data l’irrilevanza degli altri profili dedotti dal resistente (in particolare di quello, introdotto con memoria difensiva in vista dell’udienza, relativo al termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità dell’infrastruttura stradale in discorso, che, oltre a costituire motivo nuovo e sollevato con atto non notificato, non attiene al thema decidendum né si traduce in lesione degli interessi del Consorzio), l’appello deve essere accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado n. 235 del 2010.

Le spese dei due gradi del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato n. 733 del 2011, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado n. 235 del 2010.

Condanna il Consorzio appellato a rifondere alla società appellante le spese del doppio grado del giudizio, nella misura di 10.000 (diecimila) euro, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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