Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-09-2011) 10-10-2011, n. 36480

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. Con sentenza del 12/11/2010, la Corte di Appello di Catania confermava la sentenza pronunciata in data 16/02/2010 con la quale il Tribunale di Catania aveva ritenuto L.S. e C. V. responsabili di rapina aggravata ai danni dell’Istituto Unicredit. p. 2. Avverso la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, a mezzo del comune difensore, hanno proposto separati ricorsi per cassazione. p. 2.1. L. ha dedotta la MANIFESTA ILLOGICITA’ della motivazione non avendo la Corte tenuto conto del fatto che il coimputato A.G. (separatamente giudicato), lo aveva completamente scagionato affermando che "dopo avere commesso la rapina si era rifugiato in casa del predetto L., il quale si presentava in pantofole e con il volto rasato". La Corte, in realtà, aveva risposto alle censure dedotte con i motivi di appello con un ragionamento di carattere ipotetico e, quindi, viziato, non avendo neppure esaminato tutti gli elementi probatori in atti. p. 2.2. C. ha dedotto la manifesta illogicità della motivazione rilevando che la Corte non aveva creduto all’alibi fornito da esso ricorrente (ossia che, al momento della rapina, egli si trovava in un’altra parte della città come dimostrato dal fatto che il suo telefono cellulare aveva agganciato, in orario compatibile con la rapina, un ponte ubicato in zona diversa da quella dove si trovava la banca rapinata) con motivazione "lapidaria e generica", tanto più che il suddetto alibi era stato confermato anche dalle indagini difensive svolte che, però, la Corte non aveva considerato.

In altri termini, la motivazione doveva ritenersi di mero stile, fondata su ipotesi alternative e, quindi, di per sè illogica e contraddittoria.

Motivi della decisione

p. 1. Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati per le ragioni di seguito indicate. p. 2. Quanto al L. la Corte territoriale ne ha ritenuto la colpevolezza sulla base della seguente motivazione: "Ed invero, all’individuazione operata, senza ombra di dubbio, da un soggetto estremamente qualificato quale il Ten. D.B. – che si trovava a transitare davanti alla banca nel preciso momento in cui i rapinatori ne uscivano, raggiungendo il terzo che aspettava a bordo di una moto (soggetti che attiravano la sua attenzione per via dell’atteggiamento e dell’abbigliamento non consono alla stagione), ai quali aveva vanamente intimato l’alt – si giustappone il rinvenimento, nell’abitazione del L., del provento della rapina: circostanza rispetto alla quale a ben poco vale il tentativo di scagionare il correo operato dall’ A., dal momento che non si comprende a che titolo questi non solo si trovasse in detta abitazione (non essendo parente) ma, soprattutto, a che titolo ivi avesse nascosto la refurtiva, e dal momento che, ancora, il L. venne notato dal verbalizzante C., durante la perquisizione domiciliare, prendere furtivamente una delle due mazzette (il provento della rapina era stato diviso in due mazzette da 700 Euro) dal comodino per nasconderla altrove; a detto quadro si aggiunge un ulteriore, forte elemento indiziante a carico del L., e, cioè, la circostanza che questi (e poco conta, a fronte delle testimonianze dei verbalizzanti, che non sia stata eseguita una ritrazione fotografica per documentare la circostanza) venne trovato con il volto tutto insanguinato, a dimostrazione di una rasatura fatta in tutta fretta per non farsi riconoscere come il rapinatore dalla barba incolta, visto dal D.B. e ripreso dalle telecamere".

A fronte di tale ampia, logica e coerente motivazione che ha collegato in un quadro d’insieme tutti i numerosi e convergenti elementi indiziari a carico del ricorrente, valutandoli in modo unitario e non frazionatamente, è del tutto evidente che i motivi proposti con il presente ricorso vanno ritenuti manifestamente infondati per assoluta genericità ed specificità. Infatti, il ricorrente, lungi dal confutare in modo analitico le pretese illogicità della motivazione, invocando notorie e paci fiche massime giuridiche di questa Corte di legittimità, facendo leva solo sul preteso alibi fornito dal complice A., e sostenendo in modo del tutto generico che la Corte territoriale non avrebbe considerato "tutti gli elementi probatori a disposizione" -senza, però, neppure indicare quali fossero – in modo surrettizio, tenta di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame e disattesi dalla Corte di merito, con motivazione accurata, logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori: il che deve ritenersi inammissibile. p. 3. Quanto al C., la Corte ha così motivato: "A carico del C., invece, milita, oltre al riconoscimento personale operato dal D.B. (che lo individuava nel soggetto che fungeva da "palo" a bordo della moto), la circostanza che questi sopraggiungeva, a sua volta – peraltro visibilmente agitato (probabilmente in quanto allertato circa una eventuale "soffiata" alle Forze dell’ordine con riguardo agli autori della rapina, e concitato nella speranza di giungere a tempo ad avvertire i correi) – a casa del L., luogo – evidentemente – concordato come quello di ritrovo dai tre rapinatori per la spartizione della refurtiva-.

La Corte, poi, ha avuto cura di esaminare sia il preteso alibi che gli esiti delle indagini difensive, ma, all’esito di uno stringente ragionamento di natura logica, fondato su oggettivi riscontri, ha concluso che si trattava di circostanze "non provate o non probanti" (cfr pag. 3-4 motivazione).

Non è vero, quindi, che la motivazione si basa su un ragionamento di carattere ipotetico, nè che sia generica ed illogica. Al contrario, anche per il C. va ribadito che, in realtà, le censure riproposte con il presente ricorso, vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva. In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento":

infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999 rv 215745; Cass. 2436/1993 rv 196955.

Sul punto va infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciatole, dev’essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze:

ex plurimis SSUU 24/1999. p. 4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00 ciascuno.

P.Q.M.

DICHIARA Inammissibili i ricorsi e CONDANNA i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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