T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 09-11-2011, n. 628 Ricorso straordinario al Capo dello Stato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

L’attuale ricorrente è proprietario di alcuni terreni in località Chiaramilla del Comune di Bucchianico, inclusi nello strumento urbanistico in "zona agricola".

Avendo il Consiglio comunale di quel Comune adottato con deliberazione 23 ottobre 2008, n. 52, il nuovo P.R.G., nel quale tali terreni erano stati nuovamente inclusi in "zona agricola", l’interessato ha proposto proprie osservazioni, chiedendo l’inserimento di tali aree in zona B di completamento, in quanto le aree circostanti avevano destinazione residenziale e la zona era urbanizzata; ma tale osservazione è stata respinta sulla base della testuale considerazione che tale richiesta contrastava "con l’impostazione tecnica del piano".

Il nuovo P.R.G. è stato quindi definitivamente approvato con deliberazione 28 giugno 2010, n. 21, conservando la destinazione a "verde agricolo" di tale area.

Il sig. T. con ricorso straordinario al Capo dello Stato ha impugnato tale deliberazione ed, avendo il Comune chiesto la trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale, ha proceduto a proporre il ricorso in esame, con il quale ha dedotto le seguenti censure:

1) che l’osservazione presentata era stata rigettata senza una motivazione congrua;

2) che la destinazione di piano impressa all’area del ricorrente era illogica, non motivata e basata su errori di fatto in quanto la zona è ampiamente urbanizzata e le aree circostanza hanno una destinazione residenziale;

3) che erano state accolte le osservazioni presentate da proprietari di terreni, alcuni anche in zone prive di opere di urbanizzazione primaria, che non avevano differenze sostanziali rispetto all’area del ricorrente, avendo quale risultato una pianificazione "a macchia di leopardo".

Ha, infine, anche chiesto la condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti, anche in forma specifica.

Con memoria depositata il 1° ottobre 2011 ha meglio illustrato le proprie ragioni.

Il Comune di Bucchianico si è costituito in giudizio e con memorie depositate il 1° aprile ed il 20 settembre 2011 e con memoria di replica del 12 ottobre 2011 ha pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto questo non era "perfettamente" identico al ricorso straordinario ed in quanto era stata avanzata anche richiesta di risarcimento dei danni. Nel merito ha, inoltre, diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla pubblica udienza del 3 novembre 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.

Motivi della decisione

1. – Con il ricorso in esame, come sopra esposto, l’attuale ricorrente – proprietario di alcuni terreni agricoli nel Comune di Bucchianico – ha impugnato, unitamente agli atti presupposti e connessi, il nuovo P.R.G. del Comune, approvato con deliberazione 28 giugno 2010, n. 21, nella parte in cui l’area di sua proprietà è stata inclusa in zona agricola.

Tale ricorso, va subito precisato, è fondato.

2. – In via pregiudiziale il Collegio deve farsi carico si esaminare l’eccezione di rito dedotta dall’Amministrazione resistente, con la quale questa ha nella sostanza evidenziato l’inammissibilità della trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al capo dello Stato, in quanto questo non era "perfettamente" identico al ricorso straordinario ed in quanto era stata avanzata anche richiesta di risarcimento dei danni.

Tale eccezione è solo parzialmente fondata.

Va al riguardo ricordato che l’art. 48 del codice del processo amministrativo dispone che la corretta trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale avviene con la notifica prima e con il deposito poi nella Segreteria del Tribunale entro sessanta giorni di un atto di costituzione in giudizio che riproduca nella sua interezza il gravame originariamente proposto in via amministrativa, il cui contenuto, peraltro, non può per qualsivoglia ragione essere modificato (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, 29 marzo 2011, n. 1926, e T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 01 aprile 2011, n. 564)

Tale normativa, peraltro, nulla statuisce in ordine all’onere di produzione del ricorso straordinario in caso di trasposizione, sicché si è affermato che occorre aver riguardo, ai fini dell’ammissibilità del ricorso giurisdizionale, alla sussistenza degli elementi essenziali che caratterizzano l’atto introduttivo del giudizio e condizionano la regolare costituzione del rapporto processuale con conseguente ammissibilità del ricorso predetto quando il ricorrente, pur non avendo depositato l’originale del ricorso straordinario, abbia specificato con chiarezza le parti, il petitum e la causa petendi, riproducendo il testo del ricorso stesso e documentandone i momenti procedurali rilevanti in giudizio. E la giurisprudenza ha al riguardo già chiarito che nel trasferimento del ricorso straordinario in sede giurisdizionale sono inammissibili i soli motivi che non erano già stati proposti con l’atto introduttivo della controversia (cfr. TAR Emilia Romagna, sez. Parma, 6 dicembre 2006, n. 588).

Ciò detto, va evidenziato che nel caso di specie il ricorrente, nel riprodurre nell’atto di trasposizione il ricorso straordinario proposto ai sensi degli artt. 8 e segg. del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, ha apportato alcune modifiche al testo del ricorso così come originariamente avanzato, nel senso cioè che ha meglio precisato alcune censure proposte, ha omesso di riproporre alcune di tali censure ed ha in aggiunta avanzato anche la nuova richiesta di risarcimento dei danni.

Ritiene il Collegio che tali modifiche non determinano l’inammissibilità dell’intero atto trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al capo dello Stato, in quanto questo non era "perfettamente" identico al ricorso straordinario, ma solo l’inammissibilità dei motivi nuovi; mentre i motivi non riproposti debbono ritenersi come rinunciati.

Quanto, invece alla domanda di risarcimento dei danni, va ricordato che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica costituisce un rimedio giustiziale di carattere essenzialmente impugnatorio, volto ad accordare una tutela riparatoria contro atti amministrativi definitivi, alternativo alla ordinaria azione davanti al giudice amministrativo, ed offre una tutela che si esplicita in una decisione costitutiva di annullamento del provvedimento di cui venga accertata la contrarietà all’ordine giuridico, con la conseguenza che il risarcimento degli eventuali danni rimane estraneo all’ambito di cognizione ammesso in sede di ricorso straordinario (Cons. St., sez. III, 10 marzo 2010, n. 3255). Peraltro, in base anche alla disposizioni contenute nel nuovo codice, l’istanza di risarcimento danni può essere sempre proposta anche in corso di causa (art. 30, n. 5 del codice del processo amministrativo), purché, trattandosi di domanda nuova, sia notificata alle altre parti con motivi aggiunti (art. 43).

Per cui, deve concludersi che in sede di trasposizione in sede giurisdizionale di un ricorso straordinario il ricorrente possa contestualmente anche proporre, con atto ritualmente notificato, anche una "nuova" richiesta di risarcimento dei danni, in quanto, come già detto, tali richieste di risarcimento possono sempre essere proposte anche in corso di causa.

3. – Così risolta tale questione di rito, può utilmente passarsi all’esame del merito del gravame.

Ai fini del decidere deve partirsi dal rilievo che lo strumento urbanistico previgente nel Comune collocava l’area del ricorrente in zona agricola. In sede di adozione prima e di approvazione poi del nuovo piano non è stata però modificata la previgente destinazione di piano e, nel respingere l’osservazione proposta al riguardo dall’interessato, il Comune si è nella sostanza limitato a fare riferimento alla circostanza che la richiesta del ricorrente di rendere edificabile tale area contrastava "con l’impostazione tecnica del piano". Contestualmente, però, si è anche deciso di accogliere analoghe osservazioni (le nn. 196 e n. 28) presentate dai proprietari di aree adiacenti, anch’esse aventi destinazione agricola nel piano adottato.

Fatta tale precisazione in punto di fatto, va ricordato che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, le scelte effettuate dall’Amministrazione all’atto dell’adozione del P.R.G. costituiscono apprezzamento di merito sottratte al sindacato di legittimità di questo Giudice, salvo che siano inficiate da errori di fatto o da grave illogicità o contraddittorietà (così, per tutti e da ultimo, Cons. St., sez. IV, 12 gennaio 2011, n. 133)); tali scelte, non necessitano, inoltre, di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti per l’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al p.r.g., salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifiche considerazioni. Cioè nell’emanare nuove previsioni urbanistiche, l’Amministrazione ha l’onere di fornire una specifica motivazione sulla destinazione di singole zone solo quando tale destinazione incida, in senso peggiorativo, su situazioni meritevoli di particolari considerazioni o per la singolarità del sacrificio imposto al privato o per la preesistenza di legittime aspettative in quest’ultimo ingenerate; mentre tale motivazione non è necessaria ove si tratti semplicemente di modificare la precedente destinazione urbanistica, trattandosi in tal caso di generica aspettativa alla precedente utilizzazione più proficua dell’immobile.

Né ugualmente una specifica motivazione deve giustificare il rigetto delle osservazioni proposte dai privati in sede di formazione del piano regolatore, in quanto le osservazioni formulate dai proprietari interessati costituisconono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative, essendo al riguardo sufficiente che esse siano state esaminate e ragionevolmente ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano regolatore o della sua variante (Cons. St., sez. III, 26 agosto 2010, n. 3146, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6911, e T.A.R. Lazio, sede Roma sez. II, 2 marzo 2011, n. 1950).

Con riferimento a quanto sopra esposto, deve, in definitiva, evidenziarsi che in sede di sindacato di legittimità delle scelte di piano la giurisprudenza ha costantemente affermato che tali scelte effettuate dall’Amministrazione all’atto dell’approvazione del piano regolatore generale costituiscono apprezzamento di merito sottratto in via generale al sindacato di legittimità del Giudice amministrativo a meno che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità. Poiché, infatti, l’Amministrazione comunale ha un’ampia discrezionalità nel definire la tipologia delle utilizzazioni delle singole parti del territorio, le scelte effettuate non sono sindacabili da questo Giudice, salvo che risultino incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio o siano manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio.

In particolare, è stato anche precisato che in sede di previsione di zona di piano regolatore, la valutazione dell’idoneità di un immobile a soddisfare determinati interessi pubblici piuttosto che altri, non può essere censurata neanche per disparità di trattamento basato sulla sola comparazione con la destinazione impressa agli immobili adiacenti (Cons. St., sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2264, e 18 giugno 2009 n. 4024); per cui nell’impugnazione di un piano regolatore generale non è configurabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, non essendo possibile individuare in via generale situazioni identiche sia sul piano soggettivo, che sul piano oggettivo.

4. – Ciò posto e così definiti i limiti entro il quale può essere sindacata la scelta pianificatoria ora all’esame, deve ulteriormente precisarsi che nella specie l’area di proprietà del ricorrente era stata inserita in zona agricola e tale zona – come è noto – non è tanto preordinata alla salvaguardia degli interessi dell’agricoltura, quanto invece ad evitare ulteriori interventi edilizi che possano risultare pregiudizievoli per il conveniente equilibrio delle condizioni di vivibilità della popolazione, potendo, in definitiva, giustificarsi tale destinazione con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire una ulteriore edificazione o un congestionamento delle aree, mantenendo un equilibrato rapporto tra aree libere ed edificate.

Deve, in aggiunta, ulteriormente ricordarsi che la parte ricorrente ha presentato una osservazione con la quale aveva chiesto di rendere edificabile tale area, ma tale osservazione non era stata accolta in quanto contrastante "con l’impostazione tecnica del piano"; in estrema sintesi, con tale motivazione si è inteso evidenziare che tale richiesta, che mirava ad un’espansione dell’aggregato urbano, contrastava con i criteri informatori per la redazione del piano poiché comportava un ulteriore consumo del territorio.

Con riferimento a tale motivazione sembrerebbe ad un primo esame immune dai vizi dedotti la scelta pianificatoria in questione, anche in relazione al fatto che – come sopra chiarito – è preclusa a questo Giudice la possibilità di sindacare le scelte effettuate in merito dall’Amministrazione.

Purtuttavia, deve meglio precisarsi che il ricorrente ha dedotto e documentato delle ulteriori circostanze, particolarmente rilevanti ai fini del decidere, e cioè che l’area in questione era posta lungo una strada e che tutte le aree situate sul lato opposto di tale strada erano edificabili ed erano divenute tali anche a seguito dell’accoglimento di un’osservazione (la n. 28); ugualmente sul lato della strada ove si trova l’area di proprietà del ricorrente, alcune aree hanno destinazione residenziale ed in particolare, una di queste, adiacente a quella di proprietà del ricorrente, è stata resa edificabile ed inserita in zona C2 a seguito dell’accoglimento di un’osservazione presentata dal proprietario (la n. 196).

Ciò posto, ritiene il Collegio che siano fondate le censure sopra indicate ai nn. 2 e 3 – che possono esaminarsi congiuntamente – e con le quali il ricorrente si è lamentato nella sostanza del fatto che la contestata destinazione di piano impressa all’area di sua proprietà era illogica, non motivata e basata su errori di fatto in quanto la zona è ampiamente urbanizzata e le aree circostanza hanno una destinazione residenziale, e che erano state accolte le osservazioni presentate da proprietari di terreni, che non avevano differenze sostanziali rispetto all’area del ricorrente.

Con riferimento, invero, alle predette circostanze di fatto (determinate in parte anche per effetto dell’accoglimento delle predette osservazioni presentata dai proprietari di terreni adiacenti) sembra al Collegio che, così come lamentato con il gravame, la non inclusione anche dell’area in parola in zona C2 appaia illogica ed iniqua.

La scelta effettuata dall’Amministrazione nel caso di specie sembra, infatti, essere inficiata da evidenti errori di fatto o da abnormi illogicità e, pur essendo formalmente coerente con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio, sembra essere manifestamente incompatibile con le caratteristiche oggettive del territorio, che vede il terreno in questione oggi quasi totalmente circondato da aree edificabili.

Né può al riguardo giustificare il diverso regime impresso alla aree in questione il riferimento ai criteri per l’esame osservazioni che il Consiglio comunale si era dato con la deliberazione 25 novembre 2009, n. 58, e che avevano poi giustificato l’accoglimento delle predette osservazioni nn. 28 e 196, in quanto le motivazione addotte al riguardo ("la richiesta non comporta modifiche sostanziali sull’impianto del progetto di piano") non giustificano il contestuale rigetto dell’osservazione relativa all’area adiacente del ricorrente.

5. – Alla luce delle suesposte considerazioni in ricorso in esame deve, pertanto, essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullato l’atto impugnato in ragione della illegittima inclusione dell’area in parola in zona agricola.

Mentre va respinta, allo stato degli atti, la richiesta di condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni in quanto, per un verso, tale richiesta è priva dell’imprescindibile supporto probatorio e, per altro verso, appare a tal fine rilevante il conseguente e futuro comportamento dell’Amministrazione in esecuzione della presente sentenza.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.

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P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnata deliberazione 28 giugno 2010, n. 21, del Consiglio comunale di Bucchianico, nella parte in cui ha inserito in zona agricola l’area di proprietà del ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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