Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-09-2011) 10-10-2011, n. 36477

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con sentenza del 11/03/2011, la Corte di Appello di Brescia confermava la sentenza pronunciata in data 30/06/2010 con la quale il Tribunale di Crema aveva ritenuto A.G. responsabile dei delitti di rapina aggravata e ricettazione. p. 2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, in proprio, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del delitto di ricettazione non avendo la Corte territoriale adeguatamente motivato sulla sussistenza dell’elemento soggettivo.

Peraltro, la Corte aveva utilizzato, ai fini della prova della responsabilità, le dichiarazioni del coimputato C., in violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 3, atteso che le medesime non solo erano rimaste prive di ogni riscontro ma erano state anche smentite dal teste P., infine, rileva il ricorrente, che il coimputato L., giudicato separatamente, era stato prosciolto, dalla stessa Corte di Appello di Brescia, dall’imputazione di ricettazione dello stesso motociclo. p. 3. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito indicate.

La Corte territoriale ha respinto la tesi difensiva della mancanza di consapevolezza della provenienza illecita del motociclo, con la seguente motivazione: "Quanto alla ricettazione del motociclo, osserva la Corte come certamente l’ A. ha avuto un diretto contatto con il mezzo, avendovi lasciato le proprie impronte. Che egli non avesse consapevolezza della provenienza illecita del mezzo è affermazione difensiva assolutamente non condivisibile: pacifico è che gli organizzatori della rapina furono il L. ed l’ A. che, come visto, reclutò il C. Arevalo, non volendosi esporre personalmente, gli fornì la pistola e lo rassicurò: la pianificazione della rapina prevedeva come elemento portante la disponibilità di un mezzo rubato (infatti, è dato notorio che, in tali contesti, non si utilizzino mezzi di spostamento "puliti" che portano immediatamente alla identificazione degli autori). Non solo:

il motociclo presentava (si veda il verbale di sequestro) il blocco di accensione e il nottolino della chiave del sellino danneggiato e "fili elettrici strappati". Ciò rende evidente la piena consapevolezza dell’ A. sulla provenienza illecita del mezzo. Si aggiunga, infine, che benchè P.L. abbia affermato di non aver visto la sera prima della rapina, nel garage, il motociclo, il C.A. ha, invece, dichiarato, nel suo interrogatorio al P.m., di aver visto, due giorni prima della rapina, nel garage del cognato P.L. il ciclomotore Yamaha poi utilizzato per la rapina e altra teste ha dichiarato (fg. 329 e fg. 352) che, qualche giorno prima dei fatti, l’ A. le aveva chiesto la chiave del garage per riporvi qualcosa, chiave che effettivamente lei gli aveva consegnato.

In quell’occasione, dunque, l’ A. entrava nella disponibilità della chiave del garage ove il mezzo è stato rinvenuto.

Nel medesimo garage, la Polizia giudiziaria sequestrava i due caschi corrispondenti alle descrizioni fattene dai testimoni della rapina;

uno di questi aveva tracce biologiche appartenenti all’ A.. Ne discende la prova che costui aveva possibilità di accedere al predetto garage e di lasciarvi beni a lui riconducigli".

Come si può notare, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, la Corte territoriale, con motivazione amplissima, logica ed aderente ai puntuali dati fattuali evidenziati, ha ritenuto che l’ A. fosse ben consapevole della provenienza illecita del motociclo utilizzato per la rapina.

Si tratta di motivazione che, quindi, non è soggetta ad alcuna delle generiche censure di legittimità mosse dal ricorrente il quale, peraltro, si è limitato a frazionare (per meglio confutarli) i singoli elementi indiziari evidenziati dalla Corte (e neppure tutti:

ne verbum quidem, ad es. sul fatto che sul motociclo furono rinvenute le impronte del ricorrente) non considerando che il suddetto procedimento non è corretto, dovendosi ritenere, al contrario, ineccepibile – alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità – quello seguito dalla Corte territoriale che ha valutato tutti gli indizi in modo unitario.

In altri termini, le censure riproposte con il presente ricorso, vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi l’attuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva: il che rende inammissibile il ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.00.

P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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