Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-09-2011) 11-10-2011, n. 36558

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 28.5.2011, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Monza dispose la custodia cautelare in carcere di Q.R. indagato per il reato di rapina aggravata.

Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed il Tribunale di Milano, con ordinanza del 6.6.2011, confermò il provvedimento impugnato.

Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo vizio di motivazione in quanto il Tribunale, ritenendo attendibile la chiamata in correità di D.S.P. (il quale ha affermato che la rapina era stata concordata fra tutti gli indagati e che Q. aveva procurato l’autovettura attendendo poi nei pressi del supermercato con altro indagato V.L., mentre D.S. e C.A. entrarono con un coltello nel supermercato), incorre in varie contraddizioni. Il Tribunale nulla dice sul fatto che, a dire del D.S., gli indagati si erano procurati, oltre al coltello, tre cappellini con visiera, un casco, tre paia di occhiali scuri, un giravite ed un bastone al fine di perpetrare la rapina. Tali oggetti sono stati trovati in auto ed il Tribunale non spiega perchè gli imputati si sbarazzarono solo del coltello e non anche di tali strumenti, perchè i due autori materiali agirono a volto scoperto (tanto più che Q., dipendente di un supermercato, avrebbe dovuto consigliarli in tal senso per non essere ripresi dalle telecamere) e perchè Q. non ha evitato di posteggiare l’auto di proprietà di suo padre nel posteggio del supermercato, perchè si fermò al semaforo rosso (così evidenziando che non voleva fuggire perchè evidentemente solo dopo seppe della rapina).

L’assenza di esigenze cautelari sarebbe evidenziata dal fatto che Q. era stato promosso e che negli anni in cui ha lavorato nel supermercato non avrebbe mai commesso reati contro il patrimonio. Il procedimento sarà definito con rito alternativo, sicchè sarebbe ingiusto il diniego quantomeno degli arresti domiciliari.

Motivi della decisione

Il ricorso è proposto al di fuori dei casi consentiti perchè svolge censure di merito.

E’ anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.

Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.

(Cass. Sez. 6A sent. n. 2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).

Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.

Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Cass. Sez. 1A sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

Nel caso in esame il Tribunale ha rilevato che i due autori materiali della rapina fuggivano inseguiti da alcune persone con il camice bianco e salirono a bordo dell’auto condotta da Q., che parti immediatamente; inoltre i Carabinieri videro gettare dall’auto un coltello. Ciò riscontrerebbe la chiamata in correità del D. S..

Le esigenza cautelari sono state desunte dalle modalità del reato e dall’allegazione di inverosimili versioni.

In tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede, mentre le allegazioni contenute nel ricorso propongono una lettura alternativa inammissibile in questa sede ed una valutazione di adeguatezza della misura che si risolve anch’essa in una valutazione di merito.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

Poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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