Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-03-2012, n. 4086 Danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. C.E. conveniva in giudizio il notaio P. B. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito di una vendita di un immobile di sua proprietà ad opera di B.P., al quale esso attore aveva conferito una procura a vendere revocata prima della detta alienazione con atto redatto dal convenuto, il quale aveva mancato di accertare la validità della procura. Il P., costituitosi, sosteneva l’infondatezza della domanda chiedendo ed ottenendo di chiamare il causa a titolo di manleva la società Zurigo Assicurazioni, con la quale aveva stipulato una polizza di assicurazione. La Zurigo si costituiva associandosi alle tesi difensive dell’assicurato. Con sentenza 24879 del 2003 l’adito Tribunale di Roma condannava il P. a pagare all’attore Euro 155.305,00, dichiarando che la Zurigo doveva manlevare il convenuto nei limiti di polizza. Avverso la detta sentenza P.B. proponeva appello al quale aderiva la Zurigo Assicurazioni e resisteva il C.. Si costituiva in sede di gravame la signora M.A. che chiedeva la conferma della sentenza impugnata deducendo di aver acquistato dal C. – con dichiarazione del 7 marzo 2002 – i diritti derivanti dal giudizio conclusosi con la detta sentenza. Nel corso del giudizio di appello il Caldi disconosceva la firma apposta alla dichiarazione del 7 marzo 2002 e dichiarava di rinunciare ad ogni diritto riconosciutogli con la pronuncia di primo grado. Con sentenza n. 4641 del 2009 (depositata il 24 novembre 2009), la Corte di appello di Roma dichiarava cessata la materia del contendere; condannava il C. al pagamento delle spese di primo grado; rigettava la domanda della M.; condannava il C. e la M. al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado. La Corte di merito, per quel che ancora rileva, osservava: che il C. aveva abbandonato la domanda avanzata in primo grado dichiarando che l’azione a suo tempo proposta nei confronti del notaio P. era infondata e frutto di un disegno criminoso; che, pertanto, andava dichiarata cessata la materia del contendere tra le dette parti; che la M. non aveva partecipato al giudizio di primo grado ed andava esclusa la sua qualità di successore a titolo particolare del diritto controverso, ossia del diritto sostanziale dedotto in giudizio da identificarsi con la situazione legittimante le parti a stare in giudizio come attore e come convenuto; che, pertanto, la posizione della M. era di mera adesione alla posizione del C. non essendo state avanzate domande proprie ed autonome diverse da quella di conferma della sentenza impugnata che andava rigettata.

Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto ricorso M.A., basato suo a due motivi.

L’intimata Zurich Insurance PLC ha resistito con controricorso.

L’intimato C.E. non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità. Il ricorso, avviato in prima battuta per il procedimento in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stato rimesso, all’udienza camerale del 18 novembre 2011, per la trattazione alla pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria della 6^ sezione civile n. 26634 del 2011.

Motivi della decisione

1. Il collegio rileva, innanzitutto, che il ricorso, ancorchè non notificato anche al P.B., si prospetta ammissibile perchè con essa a ricorrente – in qualità di terzo interveniente in appello – ha lamentato, in effetti, il mancato esame delle sue domande volte all’accertamento della sua legittimazione attiva e della validità della cessione di tutti i diritti sull’immobile dedotto in controversia, la cui cognizione non esclude la scindibilità della causa (ovvero non ne implica la inscindibitità con riferimento alla posizione del notaio originariamente convenuto).

2. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la nullità della notifica in data 29 febbraio 2008 dell’istanza di anticipazione dell’udienza a procuratore diverso da quello costituito e, quindi, la nullità del procedimento dopo il 29 febbraio 2009, congiuntamente alla violazione dell’art. 170 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4).

3. Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato l’errore di diritto nella dichiarazione di cessazione della materia del contendere in presenza della domanda di essa ricorrente M. A. di riconoscimento della propria legittimazione passiva e di validità della cessione di C.E., in proprio favore, dei diritti sull’immobile in (OMISSIS), nonchè il vizio di omessa pronuncia e, quindi, la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. 4. Deve essere esaminato, per priorità logica, il secondo motivo.

Esso è infondato e deve, perciò, essere rigettato.

Posto che la sentenza impugnata deve essere valutata complessivamente nella coordinazione tra il precetto contenuto nel dispositivo e le ragioni giustificative trasparenti dalla motivazione, deve sottolinearsi che la Corte territoriale ha esaminato specificamente la posizione della M., la cui domanda è stata rigettata con apposita pronuncia (v. capo 4 del dispositivo), con inerente regolamentazione delle spese processuali (cfr. capo 5 dello stesso dispositivo). In altri termini, la Corte capitolina ha adottato una specifica statuizione sulla posizione fatta valere dalla M. nel giudizio di appello, con ciò rimanendo esclusa la configurazione del vizio di omessa pronuncia dedotto con la doglianza in esame (cfr., tra le tante, Cass. n. 702 del 2000 e Cass. n. 264 del 2006), supportando la relativa decisione con un adeguato percorso motivazionale che non risulta specificamente censurato dalla medesima ricorrente.

In particolare, il giudice di appello ha evidenziato che la pretesa della interventrice M. seguiva la stessa sorte della pronuncia principale, non nel senso che (difformemente da quanto prospettato dalla stessa odierna ricorrente) sussistevano – anche in relazione alla sua peculiare posizione – i presupposti per la declaratoria della cessazione della materia del contendere, bensì nel significato che essa rimaneva condizionata dalle intervenute ammissioni operate dal Caldi nel corso del giudizio di secondo grado. In modo ancora più pregnante, la Corte distrettuale ha escluso espressamente che alla M. potesse riconoscersi la qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 111 c.p.c., comma 3, sul presupposto della qualificazione dell’atto di cessione intervenuto in favore della stessa M. come un contratto aleatorio che non aveva importato alcuna modificazione nella titolarità della situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio. Alla stregua di tale ricostruzione, perciò, la Corte territoriale ha puntualizzato che la posizione della M., intervenuta solo in grado di appello, era consistita in una mera adesione alla posizione del C., non risultando avanzate, all’atto della sua costituzione in giudizio quale interventrice, domande proprie ed autonome diverse da quella di conferma dell’impugnata pronuncia.

Sulla scorta di tanto, perciò, deve concludersi nel senso che il giudice di appello ha specificamente statuito sugli aspetti relativi alla legittimazione e alla validità dell’atto di cessione dei diritti da parte del C., con la conseguenza che non vi è stata alcuna omissione di pronuncia come prospettata dalla M., ragion per cui la doglianza in questione è destituita di fondamento, considerandosi, altresì, che la stessa ricorrente non ha fatto valere alcun vizio di carenza o contraddittorietà della motivazione sulla qualificazione giuridica de suo intervento e sull’ammissibilità dello stesso, che devono, perciò, intendersi definitivamente cristallizzati nei termini decisi dalla stessa Corte di appello.

5. Ciò posto, ritiene il collegio che anche il primo riportato motivo è privo di pregio. Infatti, occorre rilevare, anzitutto, che la doglianza non risponde completamente all’osservanza del principio di autosufficienza, non risultando riportati adeguatamente i documenti in essa richiamati, con specifico riferimento alle risultanze del verbale di udienza del 29 aprile 2009, al nuovo atto di costituzione del 1 febbraio 2006 nell’interesse della M. A. ed al contenuto dell’istanza di anticipazione dell’udienza con il relativo richiamo dei destinatari effettivi della relativa notificazione. In ogni caso, oltre alla insussistenza dei presupposti per la formulazione dell’intervento in appello ai sensi dell’art. 344 c.p.c. (avendo – come visto – la Corte territoriale qualificato l’intervento in questione come intervento meramente adesivo e, quindi, implicitamente inammissibile: cfr., tra le tante, Cass. n. 3258 del 2003 e Cass. n. 12282 del 2004), la ricorrente non ha dedotto la rilevanza della supposta nullità fatta valere, ossia l’idoneità della stessa ad incidere sulle garanzie difensive delle parti (nemmeno indicate) ed a minare, di conseguenza, il portato della decisione giudiziale assunta (con l’evidenziazione delle ulteriori argomentazioni difensive – rispetto a quelle già tempestivamente approntate dal precedente difensore – che avrebbero potuto ipoteticamente far pervenire il giudizio di appello ad un diverso esito).

6. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso deve essere integralmente respinto.

Sussistono giusti motivi, in virtù della peculiarità della vicenda processuale e della natura delle questioni giuridiche trattate, per disporre l’integrale compensazione delle spese della presente fase tra le parti costituite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti costituite le spese del presente giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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