Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-03-2012, n. 4083 Opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con decreto del 18-3-2003 il Tribunale di Milano ingiungeva all’avv. R.P. il pagamento in favore della GIAT s.p.a. della somma di Euro 8.025,17 per canoni mensili di locazione, dall’8-6-2002 al 31- 6-2002, di un’auto Jaguar concessa in uso promiscuo all’ingiunto in costanza di un rapporto di prestazioni professionali, concluso con atto di rinuncia al mandato da parte del legale, senza che la vettura venisse dal medesimo restituita.

Il R. proponeva opposizione avverso tale decreto, sostenendo di nulla dovere per canoni di locazione, in quanto l’auto gli era stata promessa in uso gratuito almeno fino alla scadenza del contratto di leasing (e cioè fino al 30-11-2003), e chiedendo in via riconvenzionale il risarcimento dei danni subiti per l’ingiustificata rottura del rapporto professionale, addebitabile al legale rappresentante della società opposta.

Con sentenza del 2-10-2007 il Tribunale rigettava l’opposizione. In motivazione, il giudice rilevava che dagli atti non emergeva la prova dell’esistenza di un contratto di prestazioni continuative da parte dell’avvocato, avente come corrispettivo l’acquisto di fatto da parte della GIAT s.p.a. della vettura in questione, con concessione al professionista del suo utilizzo anche per fini personali a tempo indeterminato, e quindi anche dopo l’eventuale estinzione del contratto.

Avverso la predetta decisione proponeva appello il R..

Con sentenza depositata il 15-3-2010 la Corte di Appello di Milano rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il R., sulla base di quattro motivi.

La GIAT s.p.a. resiste con controricorso.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia la carenza di motivazione, per mancata ed erronea valutazione di risultanze probatorie decisive. Sostiene che la Corte di Appello, nel ritenere non provato l’assunto del R., secondo cui l’affidamento in uso della Jaguar era stato concordato quale corrispettivo delle prestazioni professionali rese nel 1998, non ha minimamente valutato la testimonianza resa dall’ex dirigente di azienda C.B.. Fa presente che la predetta deposizione non contrasta affatto con quelle dei testi C., Ro. e Ru., che la Corte territoriale, per erronea valutazione, ha ritenuto confermative della natura di benefit dell’auto, asserita dalla controparte.

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, i vizi di motivazione denunciabili in cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. 28/7/2008 n. 20518; Cass. 11-11-2005 n. 22901; Cass. 12-8-2004 n. 15693; Cass. 7-8-2003 n. 11936).

L’onere di adeguatezza della motivazione, inoltre, non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di tutte le allegazioni delle parti, nè che egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da queste svolte. E’, infatti, sufficiente che il giudice esponga, anche in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito (tra le tante v. Cass. 20-11-2009 n. 24542;

Cass. 12-1-2006 n. 407; Cass. 2-8- 2001 n. 10569).

Va altresì ricordato che il vizio di motivazione per omesso esame di una prova decisiva può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, quando la prova non esaminata offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la "ratio decidendi" venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. 23-2-2009 n. 4369; Cass. 13-2-2006 n. 3075).

Fatte queste premesse, si osserva che nella specie la Corte di Appello ha fornito adeguata giustificazione delle ragioni per le quali ha ritenuto non provato l’assunto dell’appellante, secondo cui l’uso della Jaguar sarebbe stato concordato quale corrispettivo, non liquidato in denaro, per le prestazioni professionali rese dal R. in favore della GIAT nel 1998. Il convincimento espresso al riguardo poggia su una motivazione esaustiva e priva di vizi logici, con la quale il giudice del gravame, nel rimarcare l’assenza di prova documentale ed orale dell’esistenza di un accordo del tipo vantato dall’appellante, ha posto in evidenza i più significativi elementi di prova, anche di natura logica, che sembrano piuttosto avvalorare la tesi dell’appellata, secondo cui l’affidamento in uso promiscuo di tale auto costituiva un "benefit" per l’attività prestata dal 1999 (anno in cui tra le parti è stato concluso un rapporto duraturo) e cessava, pertanto, di operare alla risoluzione dei mandato professionale.

Con il motivo in esame il ricorrente lamenta la mancata valutazione delle dichiarazioni del teste P., che a suo dire avrebbero dovuto condurre ad una diversa soluzione della controversia. Ma, a parte il fatto che, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente non ha proceduto alla trascrizione integrale della deposizione resa dal teste, di cui ha riportato solo alcuni stralci, si osserva che le dichiarazioni richiamate (con le quali il P., premettendo di nulla sapere, riferisce il contenuto di conversazioni intercorse tra il B. e la madre circa l’uso della Jaguar da parte del R., senza operare alcun riferimento temporale) non appaiono di tale pregnanza da scalfire, sotto il profilo logico, il percorso argomentativo svolto dal giudice del merito, al quale soltanto, come si è rilevato, spetta il potere di individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.

Non sussistono, pertanto, i dedotti vizi motivazionali, dovendosi ricordare che il giudice di merito non è tenuto ad analizzare e discutere ogni singolo dato acquisito al processo, ma adempie all’obbligo della motivazione se giustifica compiutamente la sua decisione in base a quelle risultanze probatorie che ritiene risolutive ai fini della decisione adottata (vedi, tra le tante, Cass. 5-4-2005 n. 7086) 2) Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c,, essendo stata l’omessa valutazione della deposizione del teste C.B. sottoposta alla Corte di Appello quale motivo di gravame.

Il motivo è inammissibile.

Giova rammentare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e non anche in relazione ad istanze istruttorie, per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. 11-2-2009 n. 3357; Cass. 18-12-2001 n. 15982; Cass. 11-3-1995 n. 2859).

Nel caso di specie, l’istanza di cui il ricorrente lamenta la mancata delibazione non riguarda direttamente una domanda o un’eccezione, bensì il contenuto di una deposizione testimoniale che, secondo il suo assunto, ove correttamente valutata, avrebbe potuto comportare una diversa decisione. Il mancato esame della censura dell’appellante, pertanto, non da luogo a vizio di omessa pronuncia, a mente dell’art. 112 c.p.c., ma può essere fatto valere solo sotto il profilo dell’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.

3) Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la contraddittorietà della motivazione e l’erronea valutazione delle risultanze probatorie, in relazione alla ritenuta assenza di collegamento tra l’attività svolta dall’appellante nel 1998 e la disponibilità della vettura. Sostiene, in particolare, che in modo contraddittorio la Corte di Appello, dopo aver riconosciuto lo specifico impegno dell’appellante nelle due cause brevettuali, ha individuato tale attività come di consulenza generica ed ha attribuito l’attività specifica svolta in relazione alle due cause brevettuali ad altro legale. Rileva, inoltre, che contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, la conclusione del contratto di leasing con M. risale al marzo 1999 e non al novembre 1999 (epoca ritenuta dal giudice del gravame più idonea a giustificare un’integrazione del mensile accordato per il 1999 che un compenso per l’anno precedente). Aggiunge che la Corte territoriale ha omesso di valutare una serie di circostanze di univoca e concorrente rilevanza probatoria, concernenti l’atteggiamento della GIAT in relazione all’uso dell’auto nelle varie fasi temporali della collaborazione del ricorrente.

Il motivo è privo di fondamento.

Nessuna contraddittorietà è ravvisatole nella motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui, dopo aver accertato che nel 1998 l’avv. R. aveva svolto attività professionale in favore della GIAT ed aver fatto riferimento all’"interessamento a due cause brevettuali", ha ritenuto che tale attività era consistita in una "consulenza generalizzata, motivata da forti legami di amicizia e dalla previsione di futuri prossimi accordi di collaborazione", laddove "la consulenza e l’attività specifica svolta in relazione alle due cause brevettuali …erano affidate ad un esperto in diritto industriale e intellettuale, l’avv. Hassan". Si tratta, come è ben evidente, della concreta individuazione della natura della prestazione professionale svolta, alla quale il giudice di merito ha proceduto nell’esercizio dei poteri di cognizione ad esso riservati dalla legge.

Per il resto, il motivo in esame si risolve in mere censure di merito e nella richiesta di una valutazione delle emergenze processuali diversa rispetto a quella compiuta dal giudice territoriale, che, in quanto sorretta da una motivazione immune da vizi logici, si sottrae al sindacato di questa Corte.

4) Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizi di motivazione, in relazione all’affermazione secondo cui la domanda riconvenzionale di risarcimento danni per la rottura del rapporto professionale avrebbe dovuto essere proposta nei confronti di B.L..

Anche tale motivo deve essere disatteso.

La Corte di Appello ha dato adeguato conto delle ragioni della propria decisione, spiegando che la rinuncia dell’avv. R. alla prosecuzione del rapporto professionale con la GIAT risulta motivata dalla incompatibilità derivata dal fatto che, in una causa intentata dalla moglie separata del R. contro la madre del B., questa lo aveva chiamato in garanzia in caso di soccombenza. E’ agevole rilevare che si è in presenza di motivazioni che attengono alla sfera dei rapporti personali tra l’opponente e il legale rappresentante della GIAT e che, pertanto, il giudice del gravame ha correttamente ritenuto non addebitabili a tale società.

La decisione impugnata appare immune da censure anche nella parte in cui ha proceduto alla valutazione dell’asserito mancato rispetto delle promesse con le quali l’allora amico B. avrebbe indotto il R. a rinunciare progressivamente alla sua clientela nel meridione per assumere in via continuativa i mandati a difendere la GIAT. La Corte di merito, con apprezzamento in fatto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto che tali promesse provenivano in proprio dal B. e non erano, pertanto, riferibili alla società; sicchè del tutto logica e coerente appare la conclusione secondo cui la richiesta di danni avrebbe dovuto essere avanzata nei confronti dello stesso B., che non aveva rispettato i pretesi accordi.

5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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