T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 09-11-2011, n. 1181 Ammissione al concorso Bando del concorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso depositato in data 24 agosto 2010, il dott. G.V. ha chiesto a questo Tribunale Amministrativo Regionale l’annullamento, previa sospensione cautelare (in seguito rinunciata), dei bandi dei concorsi pubblici, per titoli ed esami, n. 1/2010, n. 2/2010 e n. 3/2010, emanati dalla Provincia di Torino per la copertura di posti di dirigente di diverse professionalità, nelle parti in cui: a) richiedono, quale requisito per l’ammissione, il possesso del diploma di laurea vecchio ordinamento o del diploma di laurea specialistica (art. 2, pt. 6) e non anche la laurea breve; b) stabiliscono la data del 23 luglio 2010 per l’invio e/o la presentazione delle domande di ammissione (art. 3, comma 1) ovvero di un termine inferiore ai 30 giorni dalla pubblicazione dei bandi di concorso sulla G.U. della Repubblica Italiana (o comunque dalla pubblicazione all’albo pretorio dell’Ente); c) stabiliscono che "ai fini della valutazione dei titoli di servizio non sono conteggiati gli anni utili come requisito d’accesso" e che "ai titoli di servizio non possono essere attribuiti più di punti 4" (art. 9), senza, tuttavia, indicare il criterio o comunque la proporzione per l’assegnazione del punteggio in base agli anni di servizio.

Per le medesime ragioni di cui alla precedente lettera a), ha chiesto, inoltre, l’annullamento anche dell’art. 4bis, comma 1, lett. j), punto 1, del Regolamento per l’accesso agli impieghi nella Provincia di Torino, approvato con deliberazione del Consiglio provinciale n. 12297908/1996 del 25 giugno 1996 e s.m.i..

A supporto delle richieste avanzate ha dedotto i seguenti motivi di gravame:

1. Illegittimità dell’art. 4bis, comma 1, lettera j), punto 1, del Regolamento per l’accesso agli impieghi nella Provincia di Torino e dell’art. 2, punto 6, dei bandi di concorso n. 1/2010, n. 2/2010, n. 3/2010 per violazione e falsa applicazione dell’art. 28 del D. Lgs. n. 165/2001 – Eccesso di potere per perplessità ed illogicità manifesta e contraddittorietà – Violazione dell’art. 97 Cost. e violazione del principio di massima partecipazione ai pubblici concorsi – Violazione della Circolare 8 novembre 2005, n. 4, del Dipartimento della Funzione Pubblica – Violazione e falsa applicazione del D.M. 9 luglio 2009 del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ed eccesso di potere per sviamento;

2. Vizio genetico: violazione dell’art. 3 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e dell’art. 11, comma 2, lett. f), del Regolamento per l’accesso agli impieghi nella Provincia di Torino – Eccesso di potere per violazione del principio del favor partecipationis e della trasparenza – Mancato rispetto del termine dilatorio per la presentazione delle domande – Illogicità – Ingiustizia manifesta;

3. Vizio genetico: illegittimità dell’art. 9 dei bandi di concorso n. 1/2010, n. 2/2010, n. 3/2010 per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 – Eccesso di potere – Mancata predeterminazione dei criteri di valutazione dei titoli.

La Provincia di Torino si è costituita in giudizio, con memoria di stile, per resistere al ricorso.

Successivamente alla proposizione da parte del dott. V. del ricorso per motivi aggiunti, teso a contestare la legittimità della mancata ammissione alle prove orali dei tre concorsi, nonché quella degli atti ad essa preordinati, presupposti, connessi e/o consequenziali specificamente indicati, la Provincia, con diffuse argomentazioni, ha dedotto l’infondatezza delle doglianze tutte mosse da parte ricorrente ai bandi, al regolamento per l’accesso agli impieghi, alle procedure apprestate e alle operazioni ed attività poste in essere nel caso concreto dall’Amministrazione per la copertura dei posti di qualifica dirigenziale oggetto della presente controversia.

Le parti hanno depositato memorie e documenti.

La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 26 ottobre 2011 e, quindi, trattenuta per la decisione.

Il ricorso principale è in parte infondato e in parte inammissibile per le ragioni di seguito esplicitate.

Sono, invero, prive di pregio le doglianze volte a contestare, sotto diversi profili, la legittimità della clausola di cui all’art. 2, punto 6, dei bandi concorso impugnati e dell’art. 4bis, comma 1, lett. f), del Regolamento per l’accesso agli impieghi nella Provincia di Torino, laddove, nel subordinare l’accesso alla qualifica di dirigente a tempo indeterminato al possesso del diploma di laurea vecchio ordinamento o della laurea specialistica, escludono, implicitamente, coloro che risultano in possesso della laurea breve, di durata triennale, di cui al D.M. 3 novembre 1999, n. 509, come successivamente sostituito dal D.M. 22 ottobre 2004, n. 270.

Al riguardo, in disparte ogni considerazione sulla condivisibilità o meno della lettura dell’art. 28 del D. Lgs. n.165 del 2001 prospettata da parte ricorrente, alla quale, in ogni caso, questo Collegio ritiene di non poter aderire, atteso che l’indistinto utilizzo, da parte del legislatore, del termine "laurea" o "diploma di laurea" nella norma in questione sembra doversi ascrivere ad un difetto di coordinamento delle varie modifiche che hanno interessato la norma medesima con il nuovo ordinamento universitario, più che alla precisa volontà di dare rilevanza, ai fini dell’ammissione ai concorsi di qualifica dirigenziale, alla laurea breve e che, anzi, la norma vada interpretata nel senso che l’accesso alla dirigenza è subordinato al possesso del titolo di studio più elevato riconosciuto nel nostro ordinamento, osserva il Collegio che l’art. 28 del D.Lgs. n. 165 del 2001, di cui parte ricorrente lamenta la violazione, non è norma che può trovare diretta ed immediata applicazione con riguardo all’accesso alla dirigenza negli enti locali.

A prescindere dalla circostanza che la disposizione in questione è dettata con specifico riferimento all’accesso alla qualifica di dirigente "di seconda fascia", distinguo che, invero, non è conosciuto negli enti locali, il Collegio non può esimersi dal rilevare che tale disposizione, così come quelle ulteriori contenute nel Capo II del D.Lgs. n. 165, si applica, per espresso disposto di legge, alle (sole) amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e costituisce, invece, norma di principio per le restanti amministrazioni, tra cui gli enti locali, che, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti, tenendo, in ogni caso, conto delle proprie peculiarità.

In tal senso depone, infatti, la chiara formulazione degli artt. 13 ("Le disposizioni del presente capo si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo") e 27 ("Le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai princìpi dell’articolo 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità") del D.Lgs. citato e dell’art. 111 ("Gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai princìpi del presente capo e del capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni") del D.Lgs. n. 267 del 2000, derivandone che, fermo restando il rispetto del principio fondamentale ritraibile dalla disposizione di cui all’art. 28 ovvero che per l’accesso alla dirigenza è comunque necessario un titolo di studio adeguato alla qualità delle elevate prestazioni professionali alla medesima richieste, individuato dal legislatore nella laurea e/o nel diploma di laurea, gli enti locali hanno facoltà di stabilirne discrezionalmente il livello (laurea di primo livello, diploma di laurea, laurea specialistica) in relazione alle caratteristiche della figura da reclutare e, più in generale, al fine di assicurare il miglior perseguimento dell’interesse pubblico (in termini T.A.R., Puglia, Bari, III, 27 gennaio 2011, n. 177), "facendo, dunque, emergere già in una fase anteriore allo svolgimento della procedura concorsuale, criteri diretti a realizzare un reclutamento fondato sul merito, a garanzia di una migliore selezione della classe dirigenziale che ha un ruolo basilare nel determinare il buon andamento dell’attività amministrativa" (parere UPPA n.42/2008).

Non pertinenti s’appalesano, pertanto, i precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente, tra cui, in particolare, le pronunce del T.A.R., Lazio, Roma, I, 3 novembre 2009, n. 10729 e del T.A.R., Puglia, Lecce, II, 11 gennaio 2008, n. 69, riguardando, l’una, un’amministrazione dello Stato e non un ente locale e, l’altra, un’ASL, per la quale l’art. 26 del D.Lgs. 165/2001 detta una specifica disciplina.

Va, in ogni caso, rammentato che, per consolidato principio giurisprudenziale, "le norme di bando che prescrivono requisiti per la partecipazione ai concorsi devono essere coerenti con le professionalità che i vincitori saranno chiamati a ricoprire" (C.G.A.R.S. 3 novembre 1999, n. 590; Consiglio di Stato V sez., 2 dicembre 2002, n. 6606) e che "le pubbliche amministrazioni hanno ampia discrezionalità nella previsione dei titoli di studio per l’ammissione ai concorsi, spettando alle stesse determinare quali siano i titoli richiesti per l’ammissione nei ruoli in relazione ai servizi ed alle funzioni che l’amministrazione è chiamata a svolgere (C.d.S., sez. VI, sent. 903/90; T.A.R. Lazio, Roma, II, 2 maggio 2005, n. 3225), derivandone che la scelta in concreto effettuata dall’Amministrazione interessata può essere oggetto di sindacato giurisdizionale solo laddove trasmodi in irragionevolezza, arbitrarietà e illogicità manifesta.

Nel caso di specie, consta che la Provincia di Torino abbia esaurito tale discrezionalità sin dall’esercizio della propria potestà regolamentare, limitando, per l’appunto, l’accesso alla qualifica di dirigente a tempo indeterminato a coloro che risultano in possesso del diploma di laurea vecchio ordinamento o della laurea specialistica unitamente ad altri requisiti di professionalità.

E tale previsione, così come quelle contenute nei bandi di concorso che vi si sono conformati e qui impugnati, s’appalesa immune da vizi di irragionevolezza o illogicità non solo perché comunque congrua all’elevata qualità delle prestazioni richieste, in via generale, ai dirigenti degli enti locali (che – si ribadisce – non conoscono il distinguo tra I e II fascia) e coerente con l’organigramma della Provincia di Torino, in base al quale i dirigenti sono collocati al massimo livello organizzativo dell’ente, e alle correlate responsabilità gestionali cui i medesimi vanno incontro nell’assicurare l’attuazione concreta dei programmi politici, ma anche avuto riguardo al titolo di studio previsto dalla medesima Amministrazione per l’accesso alle categorie D1 e D3, ove, in ragione dei compiti qualitativamente inferiori cui sono tenuti tali funzionari, è stato ritenuto sufficiente anche il solo possesso della laurea triennale (vedi art. 4bis, comma 1, lett. d) ed e), Regolamento per l’accesso agli impieghi nella Provincia di Torino).

Sicché, in definitiva, la previsione, tra i requisiti d’ammissione ai concorsi in contestazione, dei soli diplomi di laurea vecchio ordinamento e di laurea specialistica appare coerente con le finalità perseguite dall’Amministrazione e funzionale ad assicurare l’assolvimento dei delicati compiti che competono alle figure dirigenziali da parte dei candidati che risulteranno vincitori, che presuppongono necessariamente il possesso del più elevato livello di formazione universitaria.

Il primo motivo di gravame va, conseguentemente, rigettato, in quanto destituito di fondamento.

La circostanza che il ricorrente risulti pacificamente in possesso della sola laurea breve ovvero di un titolo di studio che non consente la partecipazione ai concorsi contestati e che egli abbia avuto la possibilità di sostenere le prove scritte d’esame unicamente perché l’Amministrazione, per ragioni di economicità, ha ritenuto di differire all’esito delle prove medesime la verifica della sussistenza dei requisiti d’ammissione, rende, in ogni caso, evidente l’insussistenza in capo al medesimo della legittimazione e dell’interesse a ricorrere con riguardo agli ulteriori motivi proposti con il ricorso introduttivo e con il ricorso per motivi aggiunti, atteso che, oltre a non trovarsi in una posizione differenziata, legittimante la loro proposizione, in quanto non avente titolo a partecipare ai concorsi in questione, dall’eventuale accoglimento delle ulteriori doglianze proposte egli non potrebbe in alcun caso trarre l’utilità sperata, essendo, all’evidenza, precluso a chi è privo del titolo previsto per l’ammissione ad un determinato concorso collocarsi in posizione utile nella relativa graduatoria.

In definitiva, il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti successivamente proposto sono in parte infondati e in parte inammissibili nei sensi dianzi precisati.

Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso depositato in data 24 agosto 2010 e sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 11 gennaio 2011, in epigrafe indicati, respinge, in quanto infondato, il primo motivo del ricorso introduttivo e dichiara inammissibili gli ulteriori motivi contenuti nei gravami proposti.

Compensa tra le parti le spese e le competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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