T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 09-11-2011, n. 1178 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I signori D.A.D. e M.D. espongono d’essere proprietari di una ex casa rurale, ora destinata a civile abitazione, in Strada Valle n. 36 – Borgata Valle nel Comune di Gassino Torinese, per il cui restauro e risanamento conservativo, volto alla riqualificazione generale del contesto, al consolidamento statico e all’adeguamento igienico, hanno chiesto ed ottenuto il permesso di costruire n. 27/2006 in data 12 giugno 2006.

Espongono, inoltre, che, nel corso dell’esecuzione dei lavori assentiti, hanno provveduto anche alla chiusura del portico ubicato al primo piano (ex fienile), installandovi degli infissi a vetrata "all’inglese"sui due lati delimitati da muretti parapetto e che il permesso di costruire in sanatoria per il recupero di tale portico, da loro successivamente richiesto, è stato denegato dal Comune di Gassino Torinese, con provvedimento del Funzionario responsabile dell’Area Ambiente e Territorio in data 30 gennaio 2009, prot. n. 1813, in quanto:

a) ritenuto in contrasto con l’art. 3, comma 1, lettera c), della L.R. Piemonte n. 9/2003, che non consente interventi di recupero in aree definite a rischio idrogeologico ed idraulico, come quella su cui insiste il fabbricato, che è classificata IIIb2;

b) l’art. 20, comma 4, delle N.T.A. del P.R.G.C. vigente e l’art. 5, comma 20, delle N.T.A. del P.R.G.C. adottato intendono acquisiti i volumi (fienili, casseri) chiusi da tre lati, nel mentre quello di cui si controverte risulterebbe completamente chiuso su due lati e caratterizzato da aperture sugli altri due prospetti.

A tale diniego ha fatto seguito il provvedimento in data 11 febbraio 2009, prot. n. 2381 – ordinanza n. 16, con cui – per quanto qui interessa – il funzionario comunale competente ha ordinato agli esponenti la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi delle opere realizzate in assenza del permesso di costruire e più precisamente dell’ampliamento volumetrico del fabbricato principale mediante il recupero del portico.

I signori D. e D. contestano la legittimità dei provvedimenti su indicati per i seguenti motivi di diritto:

Sul diniego di sanatoria

1) Violazione art. 36 d.P.R. 380/2001. Difetto di motivazione e di istruttoria.

2) Violazione L.R. Piemonte n. 9/2003. Illogicità. Irragionevolezza.

3) Violazione degli artt. 20, comma 4, N.T.A. del P.R.G.C. vigente e 5, comma 20, di quello adottato.

Sull’ordinanza di demolizione:

4) In via derivata, le violazioni dedotte con riferimento al diniego di sanatoria.

5) Violazione dell’art. 34 d.P.R. 380/2001

Il Comune di Gassino Torinese, in persona del Sindaco p.t., si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, contestandone la fondatezza.

Sono, inoltre, intervenuti in giudizio a favore dell’Amministrazione resistente i signori Cinzia Necco e Riccardo Garfì, proprietari di un immobile confinante con quello dei ricorrenti.

Le parti hanno depositato memorie e documenti.

La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 12 ottobre 2011 e, quindi, trattenuta per la decisione.

Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito indicate.

Osserva, in primo luogo, il Collegio che il portico recuperato non può ritenersi propriamente volume acquisito, ma solo volume cd. "improprio", relativo cioè ad una superficie non perimetralmente chiusa.

Dalla disamina degli elaborati progettuali e delle fotografie versate in atti è agevole evincere, infatti, che il portico in questione è interamente chiuso solo su due dei suoi quattro lati, non potendosi ritenere tali quelli delimitati unicamente da bassi muri parapetto sovrastati da archi, aventi, all’evidenza, funzione ornamentale e/o di impedire accidentali cadute verso il basso e non, invece, quella di perimetrazione/tamponamento dell’edificio.

Le N.T.A. del P.R.G.C. del Comune di Gassino Torinese sono, peraltro, chiare al riguardo.

Sia ai sensi dell’art. 20, comma 4, delle norme vigenti che dell’art. 5, comma 20, di quelle attuative del P.R.G.C. adottato costituiscono volume acquisito "le costruzioni esistenti dotate di copertura, chiuse da tre lati con tamponamenti continui e con struttura vincolata al suolo…".

Solo i volumi chiusi da tre lati, a destinazione non residenziale (fienili, casseri), esistenti al momento dell’adozione delle dette norme attuative s’intendono, dunque, acquisiti e "possono essere oggetto d’intervento nei limiti delle prescrizioni e condizioni previste per le aree classificate su cui insistono".

L’intervento in questione, sostanziatosi nella creazione di un nuovo vano abitabile, ottenuto grazie alla chiusura dei due lati precedentemente aperti del preesistente portico (ex fienile), ha comportato, quindi, da un punto di vista urbanistico, un aumento di volumetria dell’immobile (con conseguente, seppur lieve, aumento del carico antropico) e, da un punto di vista estetico, una modifica della facciata.

Sotto il profilo tecnicogiuridico, è tale, quindi, da poter essere considerato una nuova costruzione ai sensi delle vigenti norme in materia edilizia (art. 3, comma 1, lett. e, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), necessitante di permesso di costruire, e non, invece, trasformazione che non aumenta il carico antropico (manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia).

Contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, non trattasi, dunque, di intervento "modesto", ma di intervento comportante una modifica esterna del territorio, suscettibile di rilievo urbanistico, in grado di incidere, in aumento, sul rischio geologico che caratterizza la zona, senza, peraltro, che vi fosse alcun obbligo in capo al Comune di fornire od opporre puntuali verifiche istruttorie in merito.

La chiusura del portico è destinata, infatti, a durare nel tempo, ampliando il godimento dell’intero edificio, tant’è che i ricorrenti hanno inteso adibire tale nuovo vano abitativo allo studio dell’arch. D..

Ne deriva che, non potendo l’intervento essere assentito in base al paragrafo 1.3.4 delle N.T.A., nessun difetto di motivazione e di istruttoria è, al riguardo, ravvisabile nell’operato dell’Amministrazione.

Il primo motivo di gravame va, quindi, rigettato.

A miglior sorte non è destinato il secondo motivo di doglianza.

Osserva, invero, il Collegio che il portico recuperato dai ricorrenti a fini abitativi, mediante l’installazione di serramenti di chiusura sui due lati delimitati da muri parapetto e sovrastati da archi, è ubicato al I piano di un edificio residenziale di campagna sito in area classificata a rischio idrogeologico IIIb2, sottratta, in quanto tale, all’ambito di applicabilità della legge regionale per il Piemonte 29 aprile 2003, n. 9.

La normativa regionale, volta al recupero a fini residenziali dei rustici esistenti al fine di limitare il consumo di suolo e di favorire il contenimento dei consumi energetici, non consente, infatti, gli interventi di recupero di edifici "situati in aree definite a rischio idrogeologico ed idraulico, individuate negli strumenti di pianificazione sovraordinata di settore o dai piani regolatori generali comunali" (art. 3, comma 1, lett. c).

Tale circostanza porta, dunque, a condividere quanto al riguardo affermato dall’Amministrazione resistente ovvero l’insussistenza dei presupposti per poter invocare l’applicazione della su indicata L.R., che, laddove ammessa, avrebbe, invece, consentito di apprezzare in maniera maggiormente ampia la dizione "rustici delimitati da tamponamenti" e, quindi, di includere, quale volume acquisito, lo "spazio" compreso nella sagoma di copertura, anche se aperto su uno o più lati, come quello del portico in questione.

A nulla rileva, peraltro, che il rustico sia stato oggetto, nel suo complesso, di un recente intervento di restauro e risanamento conservativo, in quanto, in quel momento, nella copertura volumetrica assentita non era comunque contemplata quella relativa al portico di che trattasi.

E’, infine, destituito di fondamento anche l’ultimo dei motivi di diritto proposti dai ricorrenti per contestare la legittimità del diniego di sanatoria, nonché quello volto a censurare, per vizio proprio, l’ordinanza di demolizione, atteso che, come già precedentemente osservato, il portico in questione non può ritenersi volume acquisito (o comunque tale non lo era prima della realizzazione delle opere abusive contestate), con la conseguenza che l’intervento preordinato a chiudere lo stesso e a recuperare un nuovo vano abitabile non può ritenersi meramente realizzato in parziale difformità del permesso di costruire rilasciato ai ricorrenti per i precedenti interventi di recupero e risanamento conservativo del fabbricato, ma, all’evidenza, in assenza di permesso di costruire.

Correttamente, pertanto, il Comune ha evidenziato, anche sotto tale profilo, l’impossibilità di accordare la sanatoria invocata dai ricorrenti, nonché qualificato l’abuso commesso dai medesimi come opera realizzata in assenza di permesso di costruire e irrogato loro la sanzione di cui all’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

In conclusione, è da ritenersi legittimo il diniego del permesso di costruire in sanatoria per il recupero di un portico ubicato al primo piano di un edificio di campagna, a destinazione residenziale, laddove, come nel caso di specie, l’edificio medesimo sia ubicato in area classificata a rischio idrogeologico IIIb2, sottratta, in quanto tale, all’ambito di applicabilità della legge regionale per il Piemonte 29 aprile 2003, n. 9 sul recupero, a fini abitativi, dei rustici preesistenti, e l’intervento, sostanziatosi nella creazione di un nuovo vano abitabile, ottenuto grazie alla chiusura dei due lati precedentemente aperti del preesistente portico (ex fienile), abbia comportato un aumento di volumetria dell’immobile, posto che lo "spazio" in questione, non risultando sin dall’origine chiuso su tre lati, con tamponamenti continui, ma chiuso unicamente su due lati e delimitato sugli altri due da muretti parapetto, non può essere considerato volume acquisito in base alle norme di attuazione dello strumento urbanistico comunale. Ne deriva, all’evidenza, anche la legittimità dell’ordinanza di demolizione emessa sul presupposto della realizzazione dell’opera in assenza di permesso di costruire.

In base alle considerazioni innanzi esposte il ricorso va, quindi, respinto, in quanto infondato.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese e le competenze di giudizio tra le parti, attesa la particolarità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa tra le parti le spese e le competenze del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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