Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 14-03-2012, n. 4046

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata in data 31.7.2006 la Corte d’appello di Salerno, riformando la sentenza impugnata che aveva ritenuto inammissibile in quanto tardiva l’opposizione proposta da I. A. avverso la cartella esattoriale con cui gli era stato intimato il pagamento della somma di Euro 249.441,17 a titolo di contributi omessi per il periodo da ottobre 1999 a giugno 2001, ha ritenuto infondata nel merito l’opposizione, osservando, in particolare, che era infondata l’eccezione di nullità dell’iscrizione a ruolo per indeterminatezza della pretesa, così come infondata doveva ritenersi l’eccezione di decadenza dal termine per l’iscrizione a ruolo, posto che successive disposizioni di legge avevano spostato l’arco temporale al quale doveva aversi riguardo ai fini dell’applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25 che aveva originariamente previsto tale decadenza. Sempre secondo la Corte territoriale, era infondata l’eccezione di improcedibilità dell’iscrizione a ruolo effettuata in pendenza della proposizione di gravame amministrativo e doveva essere respinta l’eccezione di prescrizione, non essendo decorso il termine di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10. Nel merito, l’opposizione doveva ritenersi infondata perchè le omissioni contributive erano state accertate a seguito di accertamento ispettivo dal quale era risultato che la ditta aveva usufruito indebitamente degli sgravi previsti dalla L. n. 448 del 1998, avendo occupato alcuni lavoratori presso cantieri aperti fuori dai territori compresi nel D.P.R. n. 218 del 1978, art. 1 ed aveva corrisposto, in alcuni casi, somme maggiori di quelle indicate nei prospetti paga. Quanto alla posizione degli apprendisti e dei lavoratori assunti in base alla L. n. 407 del 1990, la Corte territoriale ha rilevato che l’accertamento aveva tenuto conto delle qualifiche risultanti dalla documentazione aziendale e che i benefici in questione richiedevano comunque la ricorrenza di due requisiti: quello dell’ubicazione delle imprese nell’ambito territoriale indicato e quello della residenza dei lavoratori nella medesima circoscrizione territoriale; e ciò coerentemente allo scopo della norma, che era quello di favorire l’occupazione nelle zone maggiormente colpite dal fenomeno della disoccupazione.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione I.A. affidandosi a otto motivi di ricorso.

L’Inps ha depositato procura speciale in calce al ricorso notificato.

La società ETR spa non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, D.M. n. 321 del 1999, art. 3, D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 17 anche sotto il profilo dell’errore in procedendo, chiedendo a questa Corte di stabilire se "in materia di crediti degli enti previdenziali, nel caso di accertamento precedente al ruolo, può farsi luogo alla iscrizione a ruolo senza che vi sia alcun riferimento all’atto di accertamento, nè vi sia qualsivoglia motivazione, ancorchè sintetica, della pretesa, come richiesto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12 richiamato dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 18e senza che vi sia alcuna indicazione degli estremi dell’accertamento e della relativa data di notifica, come richiesto dal D.M. 3 settembre 1999, n. 321, art. 3, comma 2, lett. n) come richiamato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12".

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 2, chiedendo questa Corte di stabilire se "in caso di gravame amministrativo contro l’accertamento effettuato dall’Ufficio, l’iscrizione a ruolo poteva essere eseguita prima della decisione del competente organo amministrativo".

3.- Con il terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25 chiedendo a questa Corte di stabilire se "in relazione ad accertamento notificato il 21.12.2001, a mente del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 25 l’iscrizione a ruolo andava, a pena di decadenza, effettuata entro il 31.12.2002".

4.- Con il quarto motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 4, chiedendo a questa Corte di stabilire se "può essere ritenuto valido il ruolo che non sia sottoscritto dal titolare dell’ufficio".

5.- Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 2697, 2699, 2700 e 2702 c.c., nonchè dell’art. 116 c.p.c., chiedendo a questa Corte di stabilire se "ai verbali redatti dall’ispettorato del lavoro, o dai funzionar degli enti previdenziali, in tema di omesso versamento di contributi ex L. n. 488 del 1998, in relazione a circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di aver accertato nel corso dell’inchiesta in seguito ad ispezione di documenti, in presenza di specifica contestazione da parte opponente, può essere attribuito valore di vero e proprio accertamento, tale da costituire prova della controversa pretesa, ancorchè facendosi ricorso al principio del libero convincimento, nel caso in cui nel verbale difetti: a) qualsivoglia indicazione circa i nominativi dei lavoratori che si sostiene e si contesta essere stati occupati in modo continuativo presso cantieri aperti fuori dei territori compresi nell’art. 1 del D.P.R.; b) qualsivoglia indicazione dei cantieri, ricadenti fuori dei territori D.P.R. n. 218 del 1978, ex art. 1 presso i quali avrebbero prestato attività i lavoratori; c) qualsivoglia indicazione del periodo di "occupazione" dei lavoratori presso i predetti cantieri e l’asserita indagine non è confluita nè sinteticamente, nè nel verbale medesimo, nè in verbale è dato atto, neppure attraverso uno schema, degli importi analitici attribuiti a ciascun lavoratore per il periodo contestato".

6.- Con il sesto motivo si denuncia omessa o comunque insufficiente motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da individuarsi nell’esistenza o meno delle addebitate omissioni contributive e di lavoratori in relazione ai quali parte ricorrente avrebbe usufruito indebitamente di sgravi ex L. n. 448 del 1998.

7.- Con il settimo motivo si denuncia violazione degli artt. 433 e ss. c.p.c., nonchè dell’art. 420 c.p.c., chiedendo a questa Corte di stabilire se "in relazione a procedimento di opposizione a ruolo emesso in relazione a verbale redatto dall’ispettorato del lavoro, o dai funzionari degli entri previdenziali, in tema di omesso versamento di contributi ex L. n. 488 del 1998, nel caso in cui nel verbale difetti: a) qualsivoglia indicazione circa i nominativi dei lavoratori che si sostiene e si contesta essere stati occupati in modo continuativo presso cantieri aperti fuori dei territori compresi nell’art. 1 del D.P.R.; b) qualsivoglia indicazione dei cantieri, ricadenti fuori dei territori D.P.R. n. 218 del 1978, ex art. 1 presso i quali avrebbero prestato attività i lavoratori; c) qualsivoglia indicazione del periodo di "occupazione" dei lavoratori presso i predetti cantieri e l’asserita indagine non è confluita nè sinteticamente, nè nel verbale medesimo, nè in verbale è dato atto, neppure attraverso uno schema, degli importi analitici attribuiti a ciascun lavoratore per il periodo contestato, può il giudice rigettare la richiesta di prova finalizzata alla confutazione delle risultanze del verbale stesso, nella parte relativa a fatti non avvenuti alla presenza dei verbalizzanti".

8.- Con l’ottavo motivo si denuncia omessa o comunque insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da individuarsi nel rigetto della richiesta di ammissione di prova, come formulata nel ricorso in appello e richiamata nel motivo che precede.

9.- Il primo motivo è infondato. Invero, premesso che la cartella deve contenere solo l’indicazione sintetica degli elementi in base ai quali è stata effettuata l’iscrizione a ruolo e solo nel caso in cui l’iscrizione consegua ad un atto precedentemente notificato, anche gli estremi di tale atto e della relativa data di notifica (D.M. 3 settembre 1999, n. 321, art. 3), deve osservarsi che le contestazioni mosse sul punto dal ricorrente – ed in particolare quella dell’assoluta indeterminatezza della cartella di pagamento – integrano un’opposizione agli atti esecutivi di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 29, comma 2 che per la relativa regolamentazione rinvia alle "forme ordinarie", con la conseguenza che prima dell’inizio dell’esecuzione l’opposizione va proposta nel termine di cinque giorni dalla notifica della cartella, non potendo trovare applicazione il termine di quaranta giorni previsto dall’art. 24, comma 5, del medesimo D.Lgs., riferibile all’opposizione sul merito della pretesa di riscossione (Cass. n. 25208/2009). Come già affermato da questa Corte, infatti, nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, l’opposizione agli atti esecutivi è prevista dall’art. 29, comma 2, che per la relativa regolamentazione rinvia alle "forme ordinarie", e non dall’art. 24 dello stesso D.Lgs., che si riferisce, invece, all’opposizione sul merito della pretesa di riscossione; ne consegue che l’opposizione agli atti esecutivi prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporsi entro cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49 si identifica nella cartella esattoriale (Cass. n. 21863/2004).

Nella specie, il termine in questione non è stato rispettato, con la conseguenza che le censure proposte dal ricorrente con il primo motivo non possono trovare accoglimento.

10.- Il secondo motivo è infondato. Questa Corte ha già affermato (cfr. Cass. n. 21791/2009 cui adde Cass. n. 1584/2010) che in tema di riscossione dei contributi previdenziali mediante ruolo, ove sia stato proposto ricorso in via amministrativa avverso l’accertamento ispettivo, l’iscrizione, a mente di quanto previsto dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 4, deve comunque avvenire, a pena di decadenza, entro i termini previsti dall’art. 25 dello stesso D.Lgs., restando in capo all’ente solo la facoltà di sospendere, con provvedimento motivato, la sospensione.

Il motivo deve essere pertanto respinto.

11.- Il terzo motivo deve ritenersi inammissibile sia per la genericità della censura espressa (che si riduce in sostanza alla mera deduzione secondo cui "non risulta che l’iscrizione a ruolo sia avvenuta entro il 31.12.2002") sia per la mancanza dei requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, e quindi anche al ricorso in esame, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, che deve essere idoneo a far comprendere alla S.C., dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamele compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. n. 8463/2009). Per la realizzazione di tale finalità, il quesito deve contenere la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice a quo e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuto applicare alla fattispecie. Nel suo contenuto, inoltre, il quesito deve essere caratterizzato da una sufficienza dell’esposizione riassuntiva degli elementi di fatto ad apprezzare la sua necessaria specificità e pertinenza e da una enunciazione in termini idonei a consentire che la risposta ad esso comporti univocamente l’accoglimento o il rigetto del motivo al quale attiene (Cass. n. 5779/2010, Cass. n. 5208/2010).

Ne consegue che è inammissibile non solo il ricorso nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in modo inconferente rispetto alla illustrazione dei motivi d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito o in modo tale da richiedere alla S.C. un inammissibile accertamento di fatto o, infine, sia formulato in modo del tutto generico (Cass. sez. unite n. 20360/2007).

Nella specie, il quesito formulato da parte ricorrente ("in relazione ad accertamento notificato il 21.12.2001, a mente del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 25 l’iscrizione a ruolo andava, a pena di decadenza, effettuata entro il 31.12.2002?") non è assolutamente idoneo a far comprendere alla S.C., in base alla sola lettura del quesito, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito, non contenendo, in particolare, alcun riferimento alla regola di diritto applicata dal giudice a quo. Di qui l’inammissibilità del motivo.

12.- Anche il quarto motivo deve ritenersi inammissibile. La questione, infatti, non risulta trattata nella sentenza impugnata, nè il ricorrente ha indicato di averla proposto nella precedente fase di merito.

13.- Gli ultimi quattro motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la connessione tra le diverse censure, sono infondati. La Corte territoriale ha respinto l’opposizione nel merito, ritenendo che le censure svolte dall’opponente dovessero ritenersi infondate alla luce degli accertamenti svolti dall’Ispettorato del lavoro, dai quali era risultato che l’impresa aveva usufruito indebitamente del beneficio dello sgravio contributivo previsto dalla L. n. 448 del 1998, art. 3, in favore dei datori di lavoro privati e degli enti pubblici economici operanti nelle regioni Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, per i nuovi assunti negli anni 1999, 2000 e 2001, evidenziando, peraltro, che, a fronte delle risultanze degli accertamenti ispettivi, l’opponente si era limitato ad addurre "generiche contestazioni, insistendo, relativamente agli sgravi, nell’ininfluente argomentazione, in ordine alla quale ha pure chiesto prova testimoniale, avente ad oggetto l’espletamento della gran parte dei lavori nell’ambito della Regione Campania, e negando, inoltre, la circostanza che i lavoratori avessero ricevuto somme maggiori di quelle indicate nei prospetti paga (e ciò in contrasto con quanto dichiarato nell’immediatezza agli ispettori dai lavoratori medesimi ed ammesso dal responsabile della ditta in loco, come riportato nel l’anzidetto verbale)".

Il ricorrente ha contestato la validità di tali argomentazioni, osservando, tra l’altro, che il verbale di accertamento era del tutto carente sotto il profilo dell’indicazione dei lavoratori, dei cantieri e dei periodi di occupazione per i quali non vi sarebbe stato diritto ad usufruire dello sgravio, si che non poteva ritenersi che l’ente previdenziale avesse assolto l’onere probatorio a suo carico in relazione ai fatti posti a fondamento della pretesa restitutoria, tanto più considerando il limitato valore probatorio che viene attribuito dalla giurisprudenza ai verbali di accertamento redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro in relazione alle circostanze di fatto che i funzionali stessi segnalino di avere accertato nel corso dell’inchiesta, ma che non sono, tuttavia, avvenute alla loro presenza.

14.- Le suddette censure non possono trovare accoglimento, atteso che la decisione della Corte territoriale risulta pienamente conforme ai principi espressi dalle sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 18046 del 4 agosto 2010 (seguita da numerose altre, fra cui, recentemente, Cass. n. 198/2011), secondo cui ove l’accipiens chieda l’accertamento negativo della sussistenza del diritto dell’Istituto previdenziale a ripetere quanto indebitamente corrisposto a titolo di prestazione previdenziale, e quindi del suo obbligo di restituire quanto percepito, si ha che l’attore deduce necessariamente in giudizio il diritto alla prestazione già ricevuta, ossia un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dal convenuto, sicchè egli ha l’onere di provare i fatti costitutivi di tale diritto (e non l’Istituto quello di provare i presupposti del suo diritto alla restituzione dell’indebito).

Per quanto riguarda più specificamente la materia in esame, questa Corte ha avuto modo di affermare reiteratamente il principio secondo cui in tema di sgravi contributivi, grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti, con la conseguenza che incombe sul datore di lavoro fornire la prova della ricorrenza dei presupposti fattuali in presenza dei quali possa ritenersi che, nel loro effettivo svolgimento, i rapporti lavorativi dedotti in giudizio si siano conformati al modello legale nella ricorrenza del quale il datore di lavoro può beneficiare degli sgravi (cfr, ex plurimis Cass. n. 21898/2010, Cass. n. 29324/2008, Cass. n. 16351/2007, Cass. n. 5137/2006).

15.- Quanto alla statuizione di rigetto della richiesta di ammissione di prova testimoniale, va ricordato che il giudizio sulla idoneità della specificazione dei fatti dedotti nei capitoli di prova costituisce apprezzamento di merito non suscettibile di sindacato in sede di giudizio di cassazione, se correttamente motivato (Cass. n. 2201/2007). Nella specie la Corte territoriale ha motivato il rigetto delle istanze istruttorie sul rilievo della assoluta genericità dei capitoli di prova, e così della inidoneità delle circostanze ivi dedotte a fornire elementi di qualche rilievo ai fini della decisione della causa; e tale statuizione, oltre a risultare del tutto coerente alla riscontrata mancanza di specificità delle circostanze dedotte come capitoli di prova (e così di quella secondo cui l’impresa "ha effettuato la gran parte della propria attività lavorativa in regioni rientranti nel D.P.R. 6 marzo 1978", ovvero secondo cui "la gran parte dei lavori eseguiti dalla opponente" sono "intervenuti in Regione Campania"), non è assoggettabile alle censure che le vengono mosse in questa sede di legittimità, peraltro in modo del tutto generico e senza che vengano in alcun modo indicate, in particolare, le lacune argomentative del procedimento logico posto a base della decisione.

16.- Va rilevato, infine, che non hanno formato oggetto di specifiche censure le argomentazioni con cui la Corte territoriale ha ritenuto che fosse stata dimostrata la corresponsione di una retribuzione mensile superiore a quella registrata sui libri paga e, da ultimo, che fosse irrilevante quanto dedotto dall’opponente in ordine alla posizione dei lavoratori assunti come apprendisti o in base alle disposizioni di cui alla L. n. 407 del 1990 (pagg. 11-12 della sentenza impugnata).

17.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto con la conferma dell’impugnata sentenza, dovendosi ritenere assorbite in quanto sinora detto tutte le censure non espressamente esaminate.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nei confronti dell’Istituto previdenziale e vengono liquidate in relazione all’attività svolta dal controricorrente con la partecipazione alla discussione orale. Non deve provvedersi in ordine alle spese nei confronti della società ETR spa, che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’Inps liquidate in Euro 1.000,00 per onorari, oltre accessori di legge; nulla sulle spese nei confronti della parte intimata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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