Cass. civ. Sez. V, Sent., 14-03-2012, n. 4021 Rimborso Società cooperative

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 13/10/06, la CTR della Toscana, giudicando in sede di rinvio a seguito della decisione di questa Corte n. 2528/04, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Livorno avverso la decisione di prime cure, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla C.T.C. Fidi Commercio e Turismo soc. coop. nei confronti del silenzio rifiuto serbato dall’amministrazione sull’istanza di rimborso delle ritenute sugli interessi bancari percepiti, operate, a detta della contribuente, a titolo di acconto e non a titolo di imposta.

2. La CTR riteneva, per contro, applicando il principio di diritto enunciato da questa Corte, che – avendo la cooperativa accantonato le somme in questione sotto forma di riserve indivisibili, ed avendo perciò fruito del regime di esenzione di cui alla L. n. 904 del 1977, art. 12 – le ritenute in contestazione fossero da considerarsi operate a titolo di imposta, con la conseguenza che il contribuente, in relazione alle stesse, non poteva vantare diritto alcuno al rimborso.

3. Per la cassazione della sentenza n. 13/10/06, ha proposto ricorso la C.T.C. Fidi Commercio e Turismo soc. coop. affidato a due motivi, ai quali l’amministrazione intimata ha replicato con controricorso.

Motivi della decisione

1. Osserva, in via pregiudiziale, la Corte che il ricorso per cassazione proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile.

Invero, in tutti i casi in cui l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale sia stato proposto – come nel caso di specie – soltanto dall’ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate (succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze, nel corso del giudizio di primo grado) e il contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, deve ritenersi verificata, sia pure per implicito, l’estromissione del dante causa Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a resistere al ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate;

per cui il ricorso proposto nei confronti del Ministero deve essere dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione passiva (v., in tal senso, Cass. 27452/08, 9004/07, 3557/05).

2. Con il primo motivo di ricorso, la C.T.C. Fidi Commercio e Turismo soc. coop. ha dedotto la violazione della L. n. 904 del 1977, art. 12 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 384 c.p.c..

2.1. La CTR della Toscana – pronunciando in sede di rinvio a seguito della decisione di questa Corte n. 2528/04 – dopo avere accertato che la Cooperativa, negli anni dal 1984 al 1988, aveva prodotto utili in astratto assoggettabili ad IRPEG, ma di fatto a tale imposta non assoggettati, avendo fruito del regime di sospensione proprio delle Cooperative di garanzia – avrebbe, invero, erroneamente equiparato, a parere della ricorrente, il regime di sospensione a quello di esenzione dell’ente dall’imposta. In tal modo, la CTR avrebbe non correttamente applicato il principio di diritto enunciato dalla predetta decisione di questa Corte, atteso che quest’ultima si sarebbe limitata solo ad ipotizzare l’"equivalenza di fatto" tra "sospensione" ed "esenzione" dall’imposta, e non la loro equiparazione, peraltro non autorizzata neppure dalla L. n. 904 del 1977, art. 12. 2.2. Ed infatti, secondo la Cooperativa ricorrente, gli utili accantonati a riserva indivisibile ai sensi della norma succitata, e costituti da interessi attivi di conto corrente bancario percepiti dalla Cooperativa, non sarebbero esenti da IRPEG, sicchè al cessare delle condizioni che ne consentono la sospensione da imposta, concorrerebbero a formare il reddito imponibile. Per il che, le ritenute operate su tali interessi attivi andrebbero considerate a titolo di acconto, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26, comma 4 e non di imposta, con conseguente spettanza del diritto di rimborso delle stesse, ove risultino in eccedenza rispetto all’imposta dovuta, una volta venuta meno la sospensione che ne determina la provvisoria non assoggettabilità ad imposizione.

2.3. Il motivo è infondato e va disatteso.

2.3.1. Osserva, invero, la Corte che la corretta qualificazione delle ritenute operate ai fini IRPEG, non è correlata alla qualità del soggetto percettore del reddito, ovvero alla circostanza che si tratti, o meno, di soggetto esente da imposta, bensì al regime cui è sottoposto il reddito stesso nel periodo di imposta in discussione. Nel senso che deve ritenersi costituisca ritenuta a titolo di acconto quella operata su un reddito che concorre a determinate la base imponibile, laddove costituisce ritenuta a titolo di imposta quella operata su un reddito non assoggettabile ad imposizione.

Ed infatti, è del tutto evidente che, se il reddito non è esente da imposta, la ritenuta è, appunto, un acconto, la cui definitiva congruità dovrà essere valutata in sede di consuntivo, il quale potrà alternativamente evidenziare, o la sussistenza di un ulteriore debito di imposta, ovvero la spettanza del diritto al rimborso, qualora le ritenute operate eccedano l’imposta dovuta dal contribuente. Per converso, se il reddito non è assoggettato a IRPEG, la ritenuta costituisce un’"imposta secca", avendo il legislatore evidentemente ritenuto trattarsi comunque di una manifestazione di ricchezza, come tale assoggettabile a prelievo in via definitiva, in misura, cioè, non ancorata all’ammontare complessivo dei redditi del contribuente (cfr. Cass. 1563/07, 4519/09, 4412/10).

2.3.2. Orbene, con riferimento alla fattispecie concreta, va osservato che le cooperative di garanzia – come l’odierna ricorrente – pur non svolgendo un’attività commerciale, sono, tuttavia, soggette ad IRPEG, a norma del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1, lett a) e b) (nel testo applicabile ratione temporis). Per cui, in via di principio, – come ha correttamente affermato la CTR nell’impugnata sentenza – la ritenuta operata sui redditi percepiti da dette cooperative sono da considerarsi effettuate a titolo di acconto, e non di imposta. E tuttavia – dovendo farsi applicazione del suesposto principio, in forza del quale la qualificazione delle ritenute ai fini IRPEG va operata sulla base del criterio oggettivo del regime cui è sottoposto il reddito, e non di quello soggettivo connesso alla natura di soggetto esente, o meno, rivestita dal contribuente – deve tenersi conto del fatto che anche le cooperative di garanzia, al pari della altre società cooperative, fruiscono del beneficio concesso dalla L. n. 904 del 1977, art. 12. In virtù di tale norma, invero, le somme destinate a riserve indivisibili "non concorrono a formare il reddito imponibile", sempre che, per effetto di previsione statutaria e di conforme delibera, "sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell’ente che all’atto del suo scioglimento". Ebbene, come risulta del tutto evidente dallo stesso tenore letterale della norma, la disposizione, men che sancire una mera sospensione dell’assoggettabilità di tali riserva ad imposta, introduce, piuttosto, una vera e propria forma di esenzione oggettiva del reddito in parola dall’imposizione ai fini IRPEG, con la conseguenza che le ritenute operate sui redditi destinati a riserve indivisibili vanno considerate effettuate a titolo di imposta, e non possono dare luogo, pertanto, a diritto al rimborso (cfr. Cass. 1563/07, 13572/07).

2.3.3. Da quanto suesposto deve necessariamente inferirsi, con riferimento al caso concreto, che – avendo la CTR della Toscana accertato che la C.T.C. Fidi Commercio e Turismo soc. coop., negli anni dal 1984 al 1988, aveva sempre operato un accantonamento dell’avanzo di esercizio (in esso ricompresi gli interessi attivi dei depositi e conti correnti bancari) sotto forma di riserva indivisibile, e non risultando previsione statutaria alcuna che ne consentisse la distribuzione ai soci – le ritenute operate sui redditi in questione devono ritenersi effettuate a titolo di imposta.

Ne consegue, pertanto, per le ragioni suesposte, che il diritto al rimborso di tali ritenute deve essere senz’altro escluso.

3. Con il secondo motivo di ricorso, la C.T.C. Fidi Commercio e Turismo soc. coop. deduce l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, costituito dalla menzionata qualificazione del ritenute in questione come effettuate a titolo di imposta e non di acconto.

3.1. Il motivo è infondato sotto diversi profili.

3.1.1. Il ricorrente ha, invero, in primo luogo omesso di formulare un’indicazione riassuntiva e sintetica, contenente la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume contraddittoria o insufficiente, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2 (applicabile alla fattispecie ratione temporis), a tenore del quale la formulazione della censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 deve contenere un "momento di sintesi" omologo del quesito di diritto, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo operata dalla parte ricorrente (Cass. 8897/08, 2652/08, Cass. S.U. 11652/08, 16528/08).

3.1.2. Sotto il profilo dell’insufficiente motivazione, la cooperativa ricorrente ha, poi, esposto una serie di ragioni per le quali la sentenza sarebbe affetta dal denunciato vizio motivazionale, talune delle quali, tuttavia, sono palesemente attinenti a profili di omessa pronuncia deducibili solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e non come vizio di motivazione.

3.1.3. Anche sotto il profilo della contraddittorietà della motivazione, infine, il motivo di ricorso si palesa del tutto infondato, essendosi la CTR limitata a distinguere – nella questione della qualificazione delle ritenute in discussione – tra la regola, per cui tali ritenuto sono operate a titolo di acconto, essendo le cooperative di garanzia soggette ad IRPEG, e l’eccezione, per cui dette ritenute sono, nella specie, operate a titolo di imposta, trattandosi di riserve indivisibili L. n. 904 del 1977, ex art. 12.

Sicchè è evidente – a parere della Corte – che nella motivazione dell’impugnata sentenza non può ravvisarsi contraddizione alcuna.

4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate deve essere, pertanto, rigettato.

5. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione;

dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze; rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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