Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-03-2012, n. 4142

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15 giugno 2004 il Tribunale di Rovereto – adito da A., Eu., El., E., F., Io., I., S. e A.V. nei confronti di R. L., con azione di accertamento dell’avvenuta usucapione di un fondo in (OMISSIS) – accolse la domanda, la quale è stata invece respinta, su gravame della soccombente, dalla Corte d’appello di Trento con sentenza del 22 giugno 2005.

I., Eu., E., Io., V., A., F., S. ed Ag.El. hanno proposto ricorso per cassazione, in base a sette motivi. R.L. si è costituita con controricorso, formulando a sua volta due motivi di impugnazione in via incidentale e condizionata. La resistente ha presentato altresì una memoria.

Motivi della decisione

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c..

La resistente ha contestato pregiudizialmente l’ammissibilità del ricorso principale, rilevando che la copia dell’atto a lei notificata non è firmata dai difensori dell’altra parte e che la procura a margine è priva della data del rilascio.

L’eccezione è infondata, sotto entrambi i profili in cui è articolata, poichè l’ufficiale giudiziario ha attestato di aver provveduto alla notificazione "a richiesta dell’avv. Angela Modena, proc. e dom. di A.S. e altri" e nella copia consegnata al destinatario è riprodotta la procura.

Il ricorso deve pertanto essere ritenuto ammissibile, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui:

– "ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, qualora l’originale dell’atto rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione, ad opera del medesimo, della sottoscrizione della parte che la procura ha conferito, la mancanza di tale firma e dell’autenticazione nella copia notificata non determinano l’invalidità del ricorso, purchè la copia stessa contenga elementi, quali l’attestazione dell’ufficiale giudiziario che la notifica è stata eseguita ad istanza del difensore del ricorrente, idonei ad evidenziare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale" (Cass. 11 marzo 2010 n. 5932) – "in tema di ricorso per cassazione, il requisito della specialità della procura, prescritto dall’art. 365 c.p.c., deve ritenersi soddisfatto qualora, pur non contenendo uno specifico richiamo al ricorso, essa sia stata apposta in calce o a margine dello stesso, in modo tale da porsi in relazione fisica con l’atto cui inerisce e da formare con esso un documento unitario, senza che assuma alcun rilievo l’eventuale mancanza della data, la quale, avendo la funzione di attestare che la procura è stata rilasciata dopo la pubblicazione della sentenza impugnata e prima della notifica del ricorso, può essere desunta anche aliunde, come nell’ipotesi in cui la procura risulti anche dalla copia notificata, ovvero in tale copia se ne dia atto mediante attestazione dell’ufficiale giudiziario" (Cass. 13 luglio 2010 n. 16369).

Con i primi sei motivi del ricorso principale viene rivolta alla sentenza impugnata essenzialmente una stessa censura: avere la Corte d’appello erroneamente e ingiustificatamente escluso che fosse stato provato l’esercizio sul fondo oggetto della causa, da parte di I., Eu., E., Io., V., A., F., S. ed Ag.El., di un potere di fatto utile all’usucapione del bene.

La doglianza va disattesa.

Si verte in tema di accertamenti di fatto e di apprezzamenti di merito, insindacabili in questa sede se non per l’aspetto dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione.

Da tali vizi la sentenza impugnata è però immune, in quanto il giudice di secondo grado ha dato adeguatamente conto, in maniera esauriente e logicamente coerente, della conclusione alla quale è pervenuto – la "assoluta sporadicità ed occasionalità della presenza attorea sul fondo in questione" – conclusione che ha argomentatamente tratto dall’esame e dal vaglio delle risultanze istruttorie, che i ricorrenti lamentano essere state travisate o trascurate. La diversa e opposta valutazione di esse, propugnata da I., Eu., E., Io., V., A., F., S. ed Ag.El., non può costituire idonea ragione di una pronuncia di cassazione, stanti i limiti del giudizio di legittimità, che non consentono a questa Corte di addentrarsi nelle questioni che le vengono poste dai ricorrenti, per verificare: – se le attività da loro svolte, sia pure non continuativamente, fossero tuttavia sufficienti a far configurare un vero e proprio possesso, data la natura boschiva del terreno di cui si tratta, che non richiedeva particolare frequenza di interventi; – se le persone chiamate a deporre dall’una parte e dall’altra avessero reso dichiarazioni discordanti, o se invece da tutte fossero state riferite circostanze da interpretare nel senso dell’esercizio di un potere di fatto sul bene riconducibile alla previsione degli artt. 1140 e 1158 c.c.; se l’autorizzazione data da R.L. al taglio di alberi fosse un episodio irrilevante, ai fini dell’esclusione di una possessio ad usucapionem; – se fosse effettivamente avvenuto un errore nell’intavolazione della divisione intervenuta nel 1949 tra i danti causa delle parti, sicchè la particella in contestazione, per una svista, non era stata intestata a I., Eu., E., Io., V., A., F., S. ed Ag.El., pur essendo stata assegnata a loro.

Neppure è ravvisabile alcuna contraddizione nell’avere la Corte d’appello riconosciuto che anche R.L. aveva a sua volta utilizzato il terreno soltanto episodicamente: ai fini dell’usucapione occorre che sia stato esercitato sul bene di un potere di fatto qualificabile come possesso, mentre è indifferente che esso sia mancato da parte del proprietario.

Nè infine giova ai ricorrenti la tesi secondo cui l1animus avrebbe dovuto essere presunto: l’elemento soggettivo del possesso può in effetti essere desunto da quello oggettivo (cfr. Cass. 11 giugno 2010 n. 14092), ma nella specie proprio quest’ultimo è stato ritenuto mancante.

Con il settimo motivo di ricorso A.I., Eu., E., Io., V., A., F., S. ed El. si dolgono della liquidazione delle spese dei giudizi di primo e di secondo grado, poste a loro carico dalla Corte d’appello, sostenendo che sono state quantificate in misura eccessiva, in relazione al valore della causa e alle prestazioni professionali effettivamente svolte in rappresentanza e difesa di R.L..

La censura non può essere accolta, poichè i ricorrenti si sono limitati a indicare approssimativamente i totali delle somme (di "circa Euro 1900-2000" e di "circa Euro 2000") da attribuire secondo loro come massimo a R.L., rispettivamente per i due gradi di giudizio, mentre invece "la parte, la quale intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi tariffari, ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in eccesso rispetto alla tariffa massima" (Cass. 7 agosto 2009 n. 18086).

Il ricorso principale va pertanto rigettato.

Deve essere conseguentemente essere dichiarato assorbito l’incidentale, in quanto condizionato.

La soccombenza dei ricorrenti principali comporta la loro condanna – in solido, stante il comune loro interesse nella causa – a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il principale; dichiara assorbito l’incidentale; condanna i ricorrenti principali in solido a rimborsare alla resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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