Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-03-2012, n. 4266 Licenziamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- La sentenza attualmente impugnata conferma integralmente la sentenza del Tribunale di Messina n, 36/06 del 12 gennaio 2006, che ha dichiarato improponibile e improseguibile il ricorso proposto da L.A., M.V. e M.M. in riassunzione a seguito del decesso di M.E., loro dante causa, al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento di dispensa dall’impiego del loro congiunto, con il conseguente riconoscimento di una maggiore anzianità di servizio ai fini della determinazione della misura della pensione di riversibilità e del t.f.r..

La Corte d’appello di Messina, per quel che qui interessa, precisa che:

a) nel presente giudizio, come confermato dagli atti di riassunzione successivi al decesso di M.E., la domanda diretta all’annullamento del licenziamento con reintegra nel posto di lavoro è totalmente superata e l’accertamento dell’illegittimità della dispensa dal servizio ha una funzione solo strumentale rispetto alle domande dirette alla condanna della parte datoriale al pagamento di somme di denaro;

b) essa, infatti, non ha più alcuna autonomia ed è solo prodromica rispetto alle domande di contenuto patrimoniale volte ad ottenere il pagamento della riliquidazione dell’indennità di buonuscita, della pensione di riversibilità e delle consequenziali richieste reintegratorie, oltre al risarcimento dei danni morali;

c) si deve quindi fare riferimento alla regola applicabile anche alle imprese bancarie ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 83 – della improponibilità o improseguibilità delle domande a contenuto economico per difetto temporaneo di giurisdizione durante la fase amministrativa di accertamento dello stato passivo della impresa (nella specie: Sicilcassa s.p.a.) posta in liquidazione coatta amministrativa e per devoluzione di tale accertamento ai commissari liquidatori, ai quali le domande avrebbero dovuto essere proposte;

d) il suddetto rilievo è assorbente rispetto all’eccezione preliminare, dedotta prima dal Banco di Sicilia s.p.a. e poi da Capitalia s.p.a., di difetto di legittimazione passiva, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 90, fondata sull’assunto secondo cui il Banco di Sicilia come cessionario di Sicilcassa in l.c.a. rispondeva soltanto dei debiti compresi nel relativo stato passivo;

e) peraltro, essendo il lavoratore deceduto prima del 6 settembre 1997 (data della stipula dell’accordo tra il Banco di Sicilia s.p.a. e Sicilicassa in liquidazione) la problematica attinente la dispensa dal servizio in oggetto non può riguardare il nuovo gruppo societario perchè il rapporto era cessato ed esaurito prima dell’indicato accordo;

f) nessuna azione è stata rivolta, dopo l’interruzione per la morte del lavoratore, nei confronti della Sicilcassa in persona dei Commissari liquidatori, sicchè si è determinata l’estinzione del giudizio di merito diretto all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento e tale vizio non può considerarsi sanato dalla notifica effettuata nei confronti del Banco di Sicilia, estraneo alla vicenda per quel che si è detto.

2- Il ricorso di L.A., M.V. e M. M. domanda la cassazione della sentenza per sei motivi; resiste, con controricorso, UNICREDIT s.p.a., che eccepisce preliminarmente che il ricorso è stato notificato il 31 luglio 2010 al Banco di Sicilia s.p.a., quando tale società non esisteva più, in quanto dal 1 novembre 2008 era stata incorporata dalla UNICREDIT s.p.a.

Non svolgono, invece, attività difensiva Sicilcassa s.p.a. in l.c.a,, il Fondo pensioni personale Sicilcassa, il Banco di Sicilia s.p.a., Capitalia s.p.a. e Unicredito Italiano s.p.a..

Le ricorrenti depositano anche memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Motivi della decisione

1 – Profili preliminari 1.- Deve, preliminarmente, essere rilevata (in conformità con quanto disposto in analogo giudizio da Cass. 16 marzo 2011, n. 6156) l’infondatezza dell’assunto della resistente con riguardo alla dedotta erroneità della notifica del ricorso per cassazione effettuata, in data 31 luglio 2010, nei confronti del Banco di Sicilia s.p.a., anzichè nei confronti dell’UNICREDIT s.p.a., soggetto che avendo incorporato a seguito di fusione il primo soggetto giuridico, ne aveva determinato, a dire del società costituitasi nel presente giudizio, l’estinzione già in data 1 novembre 2008, per effetto dell’atto di fusione per notar Gennaro Mariconda rep. n. 47912, racc. 13013, intervenuto il 20 ottobre 2008.

Invero, le Sezioni Unite di questa Corte hanno già precisato che nell’ipotesi di fusione tra società per incorporazione, realizzata prima dell’entrata in vigore del novellato art. 2504 bis cod. civ., l’impugnazione è validamente notificata al procuratore costituito di una società che, successivamente alla chiusura della discussione (o alla scadenza del termine di deposito delle memorie di replica) si sia estinta per incorporazione, se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento modificatore della capacità della giuridica mediante la notificazione di esso (vedi: Cass. SU 14 settembre 2010, n. 19509 e, nello stesso senso, Cass. 7 gennaio 2011, n. 266). Il suddetto principio è stato affermato sulla premessa secondo cui la fusione per incorporazione, che si sia verificata prima dell’entrata in vigore del novellato art. 2504 bis cod. civ., determina l’estinzione della società incorporata, non avendo la nuova disciplina normativa della fusione, introdotta dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, carattere interpretativo ed efficacia retroattiva, ma esclusivamente carattere innovativo.

Infatti, come evidenziato dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte la disciplina introdotta dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 6 (in vigore dal 1 gennaio 2004) non contiene più il riferimento all’effetto estintivo e da ciò, valorizzando il dato letterale della normativa, si desume che la società che risulta dalla fusione o quella incorporante prosegue in tutti i rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione, atteso che la fusione tra società non determina, nella ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutiva-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pure in un nuovo assetto organizzativo, senza la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo, con la conseguenza che essa, implicando ora anche la continuità nei rapporti processuali, non comporta più, a norma degli artt. 110, 299 e 300 cod. proc. civ., interruzione del processo in cui sia parte una società partecipante, per l’appunto, ad una fusione (vedi, per tutte: Cass. SU 8 febbraio 2006, n. 2637, nonchè da Cass. 23 giugno 2006, n. 14526, Cass. 3 maggio 2010, n. 10653, Cass. SU 17 settembre 2010, n. 19698).

2 – Sintesi dei motivi di ricorso.

2- Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio; erronea e falsa rappresentazione dell’oggetto del giudizio.

Si sostiene che la Corte d’appello ha ricostruito i fatti di causa alterandoli nella loro effettiva consistenza, incorrendo in una evidente omissione di valutazione della fattispecie sub iudice ove ha affermato l’improponibilità o improseguibilità delle domande a contenuto economico formulate dalle ricorrenti per difetto temporaneo di giurisdizione durante la fase amministrativa di accertamento dello stato passivo della Sicilcassa s.p.a. nel frattempo posta in liquidazione coatta amministrativa e per devoluzione di tale accertamento ai commissari liquidatori, ai quali le domande avrebbero dovuto essere proposte.

Si sottolinea che le domande formulate nell’atto di appello non contengono alcuna richiesta di condanna al pagamento di somme di denaro, essendo dirette ad ottenere: a) la dichiarazione ex post di illegittimità della dispensa dal servizio (o licenziamento), con conseguente dichiarazione della sussistenza del relativo rapporto di lavoro fino alla data del decesso (26 agosto 1996); b) la dichiarazione del diritto alla pensione di reversibilità e al trattamento di fine rapporto, sulla base della maggiore anzianità di servizio conseguente all’accoglimento della precedente domanda.

Ne deriva che nell’atto di appello non è stata proposta alcuna domanda di condanna, in quanto le ricorrenti hanno rinunciato a tale tipo di domande proprio per non incorrere nell’improcedibilità. Sono state proposte solo domande dirette al mero riconoscimento dichiarativo dell’illegittimità del recesso e dei consequenziali diritti spettanti alle ricorrenti, come effetti diretti e automatici della suddetta illegittimità, in applicazione della normativa previdenziale e pensionistica.

3.- Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 83, nonchè degli artt. 409 e 413 cod. proc. civ..

Si rileva che la Corte territoriale non uniformandosi a quanto stabilito da Cass. 25 febbraio 2009, n. 4547 – ha erroneamente applicato le suindicate disposizioni perchè ha stabilito che la dichiarazione di liquidazione coatta amministrativa di un istituto bancario possa sottrarre alla cognizione del giudice del lavoro una controversia relativa al riconoscimento della maggiore anzianità di servizio spettante ad un lavoratore illegittimamente allontanato dal lavoro e dei consequenziali diritti scaturenti dalla legge.

4.- Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo del giudizio, riguardante il difetto di legittimazione passiva di Unicredito Italiano s.p.a. nel giudizio di appello.

Si osserva che la Corte messinese, pur avendo dichiarato assorbita l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di Banco di Sicilia s.p.a., Capitalia s.p.a. e Unicredito Italiano s.p.a. (successori di Sicilcassa in l.c.a.), l’ha ugualmente esaminata affermando che, essendo il lavoratore deceduto prima del 6 settembre 1997 (data della stipula dell’accordo tra il Banco di Sicilia s.p.a. e Sicilicassa in liquidazione), la problematica attinente la dispensa dal servizio in oggetto non può riguardare il nuovo gruppo societario perchè il rapporto era cessato ed esaurito prima dell’indicato accordo.

Tale statuizione, non corroborata da una adeguata motivazione, potendo comportare anche l’affermazione del difetto di legittimazione di Unicredito Italiano s.p.a., viene contestata dalle ricorrenti.

Si sottolinea al riguardo che al momento dell’introduzione del giudizio di appello (10 aprile 2007) l’unico soggetto fornito di legittimazione passiva era Unicredito Italiano s.p.a., che nella propria memoria di costituzione in data 28 marzo 2008 ha dichiarato espressamente che il Banco di Sicilia era stato incorporato in Capitalia s.p.a., a sua volta incorporata in Unicredito Italiano s.p.a., con atto del 25 settembre 2007.

Ne consegue che, in base all’art. 2504-bis cod. civ., l’unico legittimato passivo si doveva considerare Unicredito Italiano s.p.a. perchè le altre società erano state progressivamente da questa incorporate e, d’altra parte, anche Sicilcassa in l.c.a. si doveva considerare priva di legittimazione passiva sia per il tipo di domande avanzate dalle ricorrenti, sia per l’appartenenza del rapporto di lavoro del deceduto M. alla successione contrattuale avutasi tra i suddetti istituti bancari.

5. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione degli artt. 110, 111, 299 e 300 cod. proc. civ., dell’art. 2504-bis cod. civ., del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 90; legittimazione passiva di Unicredito s.p.a..

Ad avviso delle ricorrenti il rapporto di lavoro in questione – in considerazione della nota pendenza del giudizio di impugnativa del licenziamento e dell’effetto della permanenza del rapporto di lavoro per tutta la durata di tale tipo di giudizio – e tutti i consequenziali diritti devono considerarsi far parte dei rapporti ceduti, pur se per omissione degli addetti alla l.c.a. erroneamente non risultano indicati nelle passività.

Si precisa che UNICREDIT ammette che i rapporti di lavoro pendenti alla data della l.c.a. e delle successive incorporazioni sono stati oggetto di cessione nei propri confronti, ma sostiene che ne sia rimasto escluso il rapporto in oggetto, perchè antecedente la messa in l.c.a., di Sicilcassa e la successiva cessione di attività e passività al Banco di Sicilia.

Tale assunto viene contestato, per quanto detto sopra (vedi: terzo motivo).

6.- Con il quinto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 303 cod. proc. civ., comma 1, e art. 307 cod. proc. civ..

Estinzione del giudizio.

Si fa presente che l’attuale giudizio comprende: a) la domanda proposta originariamente dal M. di impugnativa del licenziamento (RG n. 2914/1996) nel corso del quale è stata emessa ordinanza pretorile d’urgenza di concessione della reintegrazione; b) il giudizio di riassunzione nel merito della misura cautelare (RG n. 4109/1996) volto ad ottenere solo la conferma della misura cautelare senza sostituirsi al giudizio principale; c) il ricorso di urgenza proposto dalle ricorrenti dopo il decesso del loro congiunto (RG n. 4365/1997) per ottenere il riconoscimento del loro diverso e autonomo diritto alla pensione di riversibilità e al trattamento di fine rapporto, che dopo un parziale accoglimento in sede cautelare è stato oggetto di riassunzione per la conferma nella fase di merito.

Ora, l’eccezione di estinzione del giudizio riguardante la seconda misura cautelare (RG n. 4365/1997), è priva di effetti giuridici, si fonda su un erroneo computo del termine semestrale (che si fa decorrere dalla notifica del ricorso in riassunzione, anzichè correttamente dalla data del relativo deposito) ma soprattutto è stata proposta senza rispettare la norma di cui all’art. 307 cod. proc. civ., u.c., che prescrive che la relativa eccezione debba essere formulata dalla parte che la propone "prima di ogni sua altra difesa".

Anche il profilo di censura secondo cui l’atto riassuntivo del giudizio di cui al RG n. 4365/1997 avrebbe dovuto essere notificato alla Commissione di liquidazione della Sicilcassa è palesemente infondato, per le ragioni di seguito precisate 7.- Con il sesto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, erronea e falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 83. Inesistenza della legittimazione processuale della Commissione di liquidazione nel giudizio del lavoro.

Si sottolinea la totale estraneità della Commissione liquidatoria rispetto alla presente controversia di esclusiva spettanza del giudice del lavoro.

Si ribadisce la tardività della proposizione dell’eccezione di estinzione del giudizio RG n. 4365/1997 e si pone l’accento sul fatto l’unico appello incidentale proposto risulta essere quello diretto alla restituzione di quanto dovuto a causa delle asserite irregolarità commesse dal dipendente deceduto, che ne hanno determinato il licenziamento da parte di Sicilcassa.

Tale richiesta, secondo le ricorrenti, pur non potendo produrre gli effetti sostanziali sperati, fornisce però una prova ulteriore e certa della diretta sostituzione sostanziale di UNICREDIT nel rapporto di lavoro da cui è nata la controversia.

3 – Esame delle censure.

8.- I motivi di ricorso – da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione – non sono da accogliere, anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere parzialmente corretta, come si preciserà di seguito.

8.1.- In ordine di priorità logica si pone la questione del rispetto del principio del contraddittorio nella fase successiva all’interruzione del processo dovuta all’assoggettamento di Sicilcassa s.p.a. alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Per inquadrare la questione appare opportuno ricordare che non è contestato che: 1) M.E. è deceduto il (OMISSIS), quando erano pendenti i giudizi relativi all’impugnativa del provvedimento di dispensa del servizio e alla fase di merito successiva alla reintegrazione disposta in via d’urgenza ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ.; 2) in seguito alla costituzione in giudizio delle eredi (attuali ricorrenti) all’udienza del 6 marzo 1997 è stata disposta la riunione dei giudizi pendenti (ivi compreso quello relativo alla domanda delle eredi di riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto, sulla base di una anzianità di servizio maggiore di quella già riconosciuta) e il rinvio all’udienza del 22 maggio 1997; 3) in seguito alla assoggettamento di Sicilcassa s.p.a. alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, in base del decreto del Ministero del Tesoro 5 settembre 1997, n. 602529, è stata disposta una ulteriore interruzione del processo.

Le attuali ricorrenti hanno, quindi, provveduto ad effettuare la riassunzione nei soli confronti del Banco di Sicilia s.p.a., successore a titolo particolare di Sicilcassa per contratto del 6 settembre 1997, con il quale Sicilcassa s.p.a. in L.c.a. ha ceduto al Banco di Sicilia le proprie attività e passività ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 90, comma 2.

Tale ultima disposizione (nel testo ratione temporis applicabile) attribuisce ai Commissari liquidatori la facoltà di cedere "le attività e le passività, l’azienda, rami d’azienda nonchè beni e rapporti giuridici individuabili in blocco" e aggiunge che la cessione può avvenire in qualsiasi stadio della procedura, anche prima del deposito dello stato passivo, salvo restando che "il cessionario risponde comunque delle sole passività risultanti dallo stato passivo".

La stessa disposizione, attraverso il richiamo del precedente art. 58, commi 2, 3 e 4, prevede le modalità con le quali i creditori ceduti possono far valere le proprie ragioni, mentre altre precedenti disposizioni dello stesso decreto legislativo (artt. 86-89) regolano la procedura di formazione dello stato passivo, le relative contestazioni e le possibili insinuazioni tardive.

Va, peraltro, considerato che, in base agli artt. 83 e 84 del medesimo decreto, dalla data di emanazione del provvedimento che dispone la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa bancaria si sospende il pagamento delle passività di qualunque genere (salvo quelle accertate dai Commissari), contro la banca in liquidazione non può essere promossa o proseguita alcuna azione (tranne quelle derivanti dalla l.c.a.) e i Commissari diventano i legali rappresentanti della banca, esercitano tutte le azioni ad essa spettanti e procedono alle operazioni di liquidazione.

Nonostante la suddetta rigida e speciale normativa sulla liquidazione coatta amministrativa delle banche, le attuali ricorrenti non hanno però notificato il suddetto atto di riassunzione ai Commissari liquidatori, come sarebbe stato necessario, prescindendo dalla qualificazione da attribuire alla domanda da loro proposta (se di contenuto patrimoniale o di mero accertamento).

Le ricorrenti, infatti, con la suddetta omissione, accompagnata dalla chiamata in giudizio della società Banco di Sicilia, da un lato hanno mostrato di interpretare il contratto di cessione intervenuto tra Sicilcassa s.p.a. in l.c.a. e il Banco di Sicilia alla stregua di una fusione per incorporazione (analoga a quella che si è poi avuta tra tutti gli altri istituti bancari che si sono avvicendati nel presente giudizio fino all’attuale controricorrente UNICREDIT) e dall’altro e principalmente non hanno attribuito il dovuto rilievo alla preminenza e specialità della normativa sulla liquidazione coatta amministrativa (vedi, in tal senso: Cass. 16 marzo 2011, n. 6156).

Come, anche di recente, è stato precisato dalla giurisprudenza di questa Corte l’apertura di una procedura di liquidazione coatta amministrativa da parte dell’organo competente nel rispetto delle forme di legge costituisce un "fatto giuridico" di per sè idoneo a radicare la legittimazione processuale, attiva e passiva, dei Commissari liquidatori in relazione ai rapporti giuridici che ne formano oggetto (Cass. SU 24 dicembre 2009, n. 27346).

Ciò vale anche per il lavoratore la cui pretesa sia sub judice al momento in cui l’azienda (di credito) datrice di lavoro sia sottoposta a liquidazione coatta amministrativa (Cass. 27 febbraio 2008, n. 5113) e non esclude l’eventuale utilizzazione degli strumenti offerti dal D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, ai creditori per tutelare i propri diritti.

La rilevata mancanza si è tradotta nella violazione del principio di effettività del contraddittorio (di cui all’art. 101 cod. proc. civ.) e, in particolare, del diritto alla partecipazione al processo dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (ricavabile dall’art. 111 Cost.) ed ha segnato irrimediabilmente le sorti del giudizio.

Infatti, da esso è rimasta estranea l’unica parte dotata di legittimazione passiva e, come ritenuto anche dalla Corte messinese, tale vizio non può considerarsi sanato per effetto della notifica dell’atto di riassunzione prima al Banco di Sicilia e poi agli altri istituti bancari via via succedutisi, in quanto il Banco di Sicilia come cessionario di Sicilcassa in l.c.a. rispondeva solo dei debiti compresi nel relativo stato passivo (ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 90) e negli stessi limiti i debiti di Sicilcassa sono stati ereditati dagli altri istituti di credito, mentre il mancato coinvolgimento dei Commissari liquidatori ha creato una frattura con la presente vicenda processuale che ormai non è più colmabile.

8.2- Va, infatti, osservato che, come più volte affermato da questa Corte, in base al canone costituzionale della economia processuale e della ragionevole durata del processo, la violazione del principio del contraddittorio, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità, può tradursi in una ragione di annullamento della sentenza impugnata solo se, nel caso esaminato, possa essere fatta valere come strumento diretto a garantire l’esercizio di effettivi diritti di difesa, altrimenti essa costituisce una semplice irregolarità fine a sè stessa (arg. ex Cass. 12 marzo 2010, n. 6051; Cass. 4 giugno 2007, n. 12952).

Nella specie, non essendo ormai più possibile coinvolgere i Commissari liquidatori (in quanto le interessate non hanno rispettato i tempi e le modalità previsti dal D.Lgs. n. 385 del 1993), si è verificata una situazione di sopravvenuto difetto di interesse ad agire da parte delle attuali ricorrenti, che, per le anzidette ragioni, rende irrilevante, a questo punto, la suindicata violazione del principio del contraddittorio.

Va precisato, al riguardo, che, per consolidati e condivisi indirizzi di questa Corte, l’interesse ad agire, e quindi anche l’interesse ad impugnare, devono sussistere non solo nel momento della proposizione dell’azione o dell’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, poichè è in relazione alla decisione – ed in considerazione della domanda originariamente formulata – che va valutata la sussistenza del suddetto interesse concreto e attuale (vedi, per tutte: Cass. 18 gennaio 2008, n. 971; Cass. 8 settembre 2003, n. 13113; Cass. 31 maggio 2005, n. 11609).

E’ evidente, per le ragioni anzidette, che l’originario interesse delle attuali ricorrenti alla decisione del presente giudizio è venuto meno non essendo loro più possibile ottenere, nei confronti dell’unico soggetto legittimato, neppure il solo "accertamento" della asserita illegittimità del provvedimento di dispensa dal servizio del loro congiunto.

4 – Conclusioni.

9- Per le suesposte considerazioni, assorbenti di ogni censura, il ricorso deve essere rigettato. Le ricorrenti vanno conseguentemente condannate al pagamento, in favore di UNICREDIT s.p.a., delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, liquidate nella misura indicata in dispositivo.

Nulla deve essere disposto per le spese in favore di Sicilcassa s.p.a. in l.c.a., Fondo pensioni personale Sicilcassa, Banco di Sicilia s.p.a., Capitalia s.p.a. e Unicredito Italiano s.p.a., che non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, in favore di UNICREDIT s.p.a., liquidate in Euro 30,00 per esborsi, Euro 2000,00 (duemila/00) per onorari di avvocato, oltre IVA, CPA e spese generali.

Nulla spese in favore di Sicilcassa s.p.a. in l.c.a., il Fondo pensioni personale Sicilcassa; il Banco di Sicilia s.p.a., Capitalia s.p.a. e Unicredito Italiano s.p.a..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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