T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 10-11-2011, n. 2713 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale Interpretazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con delibera n. 229 del 2001 l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ha dettato disposizioni per la regolazione delle condizioni contrattuali del servizio di vendita del gas ai clienti finali avvalendosi del potere ad essa attribuito dall’art. 2 comma 14 della L. 481 del 1995.

All’art. 10 della suddetta delibera l’Autorità ha disciplinato i casi e le modalità di rateizzazione dei pagamenti prevedendo che gli esercenti sono tenuti ad offrire dilazioni rateali dei pagamenti nei casi di invio a clienti per i quali la periodicità di fatturazione sia diversa da quella mensile di bollette di conguaglio di ammontare pari o superiore al doppio dell’addebito più elevato fatturato nelle bollette stimate o di acconto ricevute successivamente ad un precedente conguaglio, salvo che il maggior importo maturato sia dovuto alla variazione stagionale nei consumi.

Il medesimo articolo prevede altresì che, salvo diverso accordo fra le parti, il corrispettivo dovuto è suddiviso in un numero di rate di ammontare costante o pari al numero di bollette stimate o in acconto ricevute dal cliente successivamente alla precedente richiesta di conguaglio e, comunque, non inferiore a due.

A seguito della presentazione di reclami e richieste di chiarimenti da parte di associazioni di consumatori che lamentavano comportamenti asseritamente scorretti da parte delle imprese consistenti nella richiesta di pagamento di ratei in un’unica bolletta o, comunque, a scadenze diverse rispetto a quelle ordinarie di fatturazione, aggravati da un consistente aumento delle richieste di conguaglio dovute alla rideterminazione retroattiva delle tariffe relative ad esercizi pregressi, avvenuta in esecuzione di talune sentenze del giudice amministrativo, l’AEEG ha emanato la delibera n. 85 del 2010 avente ad oggetto l’interpretazione autentica della deliberazione n. 229 del 2001 in materia di rateizzazione dei conguagli tariffari.

Il predetto atto dispone che:

– l’art. 10 comma 6 della deliberazione n. 229 del 2001 si interpreta nel senso che, salvo diverso accordo fra le parti, l’esercente, qualora sussistano le condizioni, deve riconoscere al cliente finale un piano di rateizzazione con rate non cumulabili di una periodicità corrispondente a quella di fatturazione;

– l’art. 10 della deliberazione n. 299 del 2001 si interpreta nel senso che esso è applicabile anche ai conguagli tariffari, ivi compresi quelli derivanti dalla necessità di dare esecuzione a provvedimenti giurisdizionali;

– i clienti finali, che hanno un piano di pagamento in corso, hanno la facoltà di chiedere entro il 30 settembre 2010 la rinegoziazione della periodicità delle rate in conformità alle nuove disposizioni di carattere interpretativo;

– le imprese devono dare adeguata informazione di tale facoltà ai propri clienti.

Avverso tale atto ha proposto ricorso l’ENI in qualità di impresa di categoria assoggettata alla disciplina regolatoria introdotta con il provvedimento impugnato.

La ricorrente, ritenendo lesivo il peggioramento delle condizioni di fatturazione dei conguagli disposto dall’AEEG in via di asserita interpretazione autentica e con effetto anche sui piani di pagamento in corso, ha censurato la predetta delibera per i seguenti MOTIVI

1) Violazione del principio di legalità. Eccesso di potere per sviamento.

La delibera impugnata ha solo nominalmente carattere interpretativo; in realtà essa è fonte di nuove disposizioni regolatorie diverse da quelle previste nella precedente delibera n. 229/01 alle quali l’Autorità ha inteso attribuire carattere retroattivo in violazione del principio di legalità.

2) Violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo; eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità manifesta, violazione del principio di proporzionalità.

La delibera AEEG è stata assunta senza essere preceduta dalla consultazione con le imprese di vendita. Ne è risultata una disciplina illogica e del tutto incongruente con l’effettiva dinamica dei rapporti fra le imprese interessate e la loro clientela.

Con successiva deliberazione 206/10 del 22 novembre 2010 l’AEEG ha ulteriormente modificato il contenuto della delibera 229 del 2001, tenendo conto anche delle istanze manifestate dalle imprese del settore. La nuova delibera ha, tuttavia, previsto che la disciplina introdotta con la delibera n. 85/10 del 2010 rimanesse in vigore fino alla data del 1 marzo 2011.

La ricorrente ha impugnato con motivi aggiunti anche tale atto nella parte in cui mantiene in vita, sia pur per un periodo di tempo limitato, una normazione regolatoria da essa ritenuta penalizzante.

Il ricorso per motivi aggiunti si basa sulle stesse ragioni già esplicitate con il ricorso principale.

Si è costituita l’Avvocatura Distrettuale per resistere al ricorso.

All’udienza del 13 ottobre 2011, sentiti gli avvocati delle parti come da separato verbale, relatore Dr. Raffaello Gisondi, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Deve essere in primo luogo rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse formulata dalla Avvocatura Distrettuale in relazione al fatto che la delibera AEEG 85/10 impugnata con il ricorso principale è stata annullata da questo TAR con la sentenza 1236 del 13 maggio 2011 pronunciata fra parti diverse da quelle del presente ricorso.

E’ ben vero, infatti, che l’annullamento degli atti di natura regolamentare produce efficacia erga omnes. Tuttavia, occorre osservare che la menzionata sentenza non risulta ancora passata in cosa giudicata, non potendo, quindi, escludersi la sua riforma da parte del giudice d’Appello. Ne consegue che la ricorrente ha ancora interesse a coltivare il presente gravame per assicurasi il beneficio richiesto che, diversamente, nel caso innanzi prospettato, essa non avrebbe più modo di conseguire.

Nel merito il ricorso è fondato.

Secondo l’Avvocatura dello Stato la natura interpretativa della delibera impugnata avrebbe reso superflua la previa consultazione delle imprese di settore e giustificherebbe l’operatività delle norme, così come reinterpretate, anche ai piani di rateizzazione in corso.

Il Collegio non condivide tali affermazioni.

Il potere di interpretazione autentica, in quanto idoneo ad introdurre ex tunc nell’ordinamento nuovi precetti, sia pur ricavabili da tenore letterale di preesistenti disposizioni, si ritiene generalmente riservato al legislatore per il quale la retroattività della disciplina adottata, al di fuori del diritto penale, non costituisce un limite.

Per i regolamenti adottati dalla p.a. vige, invece, un generale divieto di retroattività che, secondo la prevalente giurisprudenza, preclude anche l’esercizio del potere di interpretazione autentica (Cass. 1971/99; Cons. Stato, V, 220/93).

Peraltro, anche qualora si ammettesse la astratta sussistenza di un potere di interpretazione autentica dei propri regolamenti in capo all’Autorità, nondimeno la delibera impugnata dovrebbe considerarsi illegittima per mancanza di preventiva consultazione.

L’interpretazione autentica, al pari della introduzione di nuove disposizioni normative, può, infatti, comportare sostanziali innovazioni nei comportamenti dei suoi destinatari, posto che il carattere normalmente plurisenso del linguaggio normativo è normalmente compatibile con una pluralità di soluzioni applicative, spesso notevolmente divergenti fra loro.

Sicchè, attraverso operazioni interpretative, l’Autorità titolare del potere di regolazione può incidere su prassi consolidate, modificando in modo non lieve l’equilibrio dei contrapposti interessi che fanno capo ai soggetti operanti nei mercati di riferimento.

Per questo non può ritenersi che il potere di interpretazione autentica si sottragga alla regola della previa consultazione dei destinatari del potere di regolazione: a fronte del suo esercizio rimangono, infatti, immutate le esigenze di contemperamento delle posizioni soggettive sociali ed individuali dei diversi protagonisti del mercato per le quali la giurisprudenza ritiene indefettibile tale adempimento procedurale.

Nel caso di specie, peraltro, i precetti introdotti dall’AEEG con l’atto impugnato non appaiono immediatamente riconducibili alle disposizioni interpretate.

L’estensione dell’obbligo di rateizzazione anche ai conguagli tariffari dovuti alla rideterminazione dei corrispettivi per la vendita del gas può, forse considerarsi alla stregua di una interpretazione estensiva del concetto di conguaglio che, nella delibera n. 229 del 2001 sembra riferirsi solo alle differenze fra i consumi stimati e quelli effettivi; ma altrettanto non può dirsi con riguardo alla equiparazione della periodicità dei ratei a quella della fatturazione che in alcun modo sembra potersi desumere dal tenore letterale della disposizione di cui al comma 6 dell’art. 10 della delibera 229 del 2001.

Né si dica che l’interpretazione autentica adottata dalla Autorità ha avuto solo la finalità di impedire la prosecuzione di pratiche scorrette che tendevano a vanificare gli scopi della norma. Invero, un conto sono gli interventi dell’AEEG nei confronti di singoli operatori che, attraverso una distorta interpretazione delle sue delibere, hanno tenuto comportamenti contrattuali contrari a buona fede, altro è, invece, introdurre per via interpretativa un nuovo precetto valido per la generalità delle imprese. L’AEEG ha preteso poi di applicare le norme "interpretate" anche ai piani di rateizzazione in corso imponendo agli operatori la loro rinegoziazione.

Anche in questa parte la delibera impugnata è censurata dalla ricorrente che ne contesta la retroattività e la irragionevolezza, non essendo stato concesso un periodo transitorio per adeguare le proprie strutture al nuovo modello negoziale.

Il Collegio dubita del fatto che la delibera impugnata possa ritenersi, sul punto, effettivamente retroattiva.

Invero, l’immediata applicabilità ai contratti in corso delle norme imperative che modificano la disciplina legale di un determinato tipo contrattuale è discussa in dottrina e nella giurisprudenza civile che, sulla questione, non ha consolidato un orientamento univoco (si vedano Cass. 29/11/1999 n. 13339 e Cass. 22/04/2000 n. 5286).

Sembra tuttavia preferibile l’indirizzo secondo cui la disciplina sopravvenuta si applica anche ai rapporti contrattuali ancora in corso per le parti non ancora eseguite in quanto le clausole imperative sono comunque destinate a sovrapporsi alla volontà delle parti (Cass. 5286/00 cit., Corte Cost. n. 204/97).

Nel caso di specie, peraltro, la disciplina regolatoria dettata dall’AEEG appare finalizzata non tanto ad incidere direttamente sui rapporti contrattuali in corso, quanto ad imporre alle imprese obblighi di rinegoziazione investendo, quindi, la loro attività futura.

Il potere dell’AEEG di imporre agli operatori la rinegoziazione di rapporti contrattuali già stipulati deve essere, tuttavia, esercitato secondo i canoni di ragionevolezza e proporzionalità in modo da tenere conto degli affidamenti maturati e dei tempi necessari per adeguarsi allo jus superveniens.

Sotto questo profilo la delibera impugnata appare carente in quanto, non essendovi stata una fase di consultazione, gli operatori non hanno avuto modo di prospettare all’Autorità le proprie esigenze organizzative al fine di prevedere un congruo periodo transitorio.

Nei limiti di cui sopra il ricorso deve essere, quindi, accolto.

La pronuncia di annullamento della delibera AEEG n. 85/10 del 2010 rende improcedibile per carenza di interesse il ricorso per motivi aggiunti avverso la delibera 206/10 del 26 novembre del medesimo anno che, pur avendone modificato il contenuto, ne ha disposto la vigenza fino al 1 marzo 2011.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano coma da dispositivo. Resta altresì fermo a carico della parte soccombente l’onere di rimborso del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 6 bis1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiunto dalla lettera e) del comma 35bis dell’art. 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138, nel testo integrato dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Terza di Milano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato con ricorso principale.

Dichiara improcedibile il ricorso per motivi aggiunti.

Condanna l’Amministrazione resistente alla refusione delle spese di lite che liquida in Euro 2.500 oltre IVA, c.p.a. e rimborso C.U.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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