Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-09-2011) 11-10-2011, n. 36553 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Busto Arsizio, con ordinanza del 15.11.2010, applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di:

S.M. perchè indagato, in concorso con S.A., B.M. e S.G., per il reato di cui agli artt. 110, 81 e 648 c.p., per avere ricevuto in più occasioni la soma di Euro 178.000 circa, proveniente da attività delittuose, quali una rapina e attività di spaccio di stupefacenti; fatti commessi in data antecedente al 14.03.201;

L’indagato proponeva impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Milano, con ordinanza del 03.12.2010, respingeva il reclamo, confermando il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione, ricorre per cassazione il difensore del S., deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

-Il ricorrente censura la decisione impugnata per illogicità della motivazione e lamenta:

l)-che il tribunale non avrebbe indicato nè dimostrato quale sia il reato presupposto da cui provengono i denari oggetto del reato contestato omettendo di motivare riguardo alle giustificazioni addotte dall’indagato e ricavando la prova dell’origine delittuosa dalle modalità di custodia del denaro che, in verità, era custodito normalmente in una semplice cassetta metallica riposta nell’armadio;

2)-che la motivazione era da censurare anche riguardo alle esigenze cautelari, illogicamente ritenute senza una reale dimostrazione del pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato, pericoli che a parere del ricorrente non erano sussistenti;

3)-Con Motivi Nuovi del 18.05.2011, il Difensore faceva presente che, in sede di merito, il Tribunale di Busto Arsizio con sentenza del 13.05.2011 aveva definito la posizione di S.M. assolvendolo dall’imputazione ex art. 648 c.p.;

CHIEDEVA l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Questa Corte, con provvedimento del 129.05.2011, disponeva l’acquisizione della sentenza sopraindicata.

Motivi della decisione

Acquisita la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio in data 13.05.2011, emerge:

-che agli imputati: S.A., B.M., S. M., S.G., era stata contestata la ricettazione della somma di Euro 178.000 (capo A) asseritamene provento dei reati di rapina e di spaccio di stupefacenti commessi da S.G.;

-che al solo S.G. era contestato anche il reato di cessione di sostanze stupefacenti;

-che S.G. veniva ritenuto responsabile e condannato per il delitto di spaccio, ascritto al capo C);

-che, invece, nessuno degli imputati poteva essere ritenuto responsabile del delitto di ricettazione delle somme di denaro (capo A): -perchè il denaro si trovava in una cassettina la cui chiave era nella disponibilità della B. e: -perchè il S.G. era ospite temporaneo dei genitori da qualche giorno, sicchè non vi erano prove sulla riconducibilità del denaro al S.G. nè sulla sua provenienza illecita;

-che, pertanto, tutti gli imputati dovevano essere mandati assolti dall’imputazione di ricettazione di cui al capo A) perchè il fatto non sussiste;

-che, in particolare, per quanto riguardava l’odierno ricorrente S.M., il comportamento ascritto al medesimo, lungi dal poter integrare il reato di ricettazione, doveva essere inquadrato nel reato di favoreggiamento personale in favore del fratello G., reato però non punibile ex art. 384 c.p. perchè relativo al fratello cioè ad un prossimo congiunto;

-che pertanto S.M. andava assolto dal reato ex art. 378 c.p., così riqualificato il fatto a lui ascritto al capo A), perchè non punibile ex art. 384 c.p.;

-che, in conseguenza della decisione, andava dichiarata l’immediata perdita di efficacia delle misure ancora in essere nei confronti degli imputati.

IN DIRITTO L’avvenuta scarcerazione per assoluzione dell’imputato non esclude l’interesse alla decisione del presente ricorso, atteso che nel caso che il procedimento si concluda con un proscioglimento, residua l’interesse concreto ed attuale alla decisione tutte le volte che ricorre la fattispecie di cui all’art. 314 c.p.p., comma 4, circostanza certamente sussistente nella specie, sia pure in via di principio.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in tali casi occorre una espressa indicazione che dimostri l’intenzione di una futura utilizzazione della pronuncia in vista dell’azione di riparazione per ingiusta detenzione (Cass. Pen. Sez. 6, 18 06.2010 n. 235859), circostanza pienamente ricorrente nella specie ove il ricorrente ha espresso in maniera specifica tale intenzione nella memoria del 18.05.2011, allegata in atti.

Tanto premesso si deve osservare che l’esito assolutorio del processo riguarda la valutazione nel merito dell’imputazione mossa al ricorrente e non può influire nel presente giudizio che resta ancorato alla fase cautelare.

In proposito va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

11 Tribunale ha ampiamente, congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza, osservando:

-che S.M. aveva affermato che il denaro sequestrato era il frutto dei risparmi di una vita di tutta la famiglia;

-che tale giustificazione era priva di fondamento, risultando il cospicuo ammontare del denaro del tutto sproporzionato rispetto ai modesti redditi familiari;

-che, al contrario, quelle somme risultavano provenire:

-dall’attività di spaccio come era dimostrato dal rinvenimento e sequestro anche di sostanze stupefacenti nell’abitazione di S. G., nonchè: -da altre attività delittuose, come era dimostrato dal tenore e contenuto delle conversazioni intercettate;

Quella del Tribunale del riesame è una motivazione sufficiente nella fase cautelare, ove la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice. (Cass. pen. Sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Nè possono accogliersi le censure sollevate riguardo alla mancata dimostrazione dei reati presupposti perchè in tema di ricettazione correttamente viene ritenuta la provenienza delittuosa della "res", sulla base di una prova presuntiva, secondo la regola generale di esperienza e l’"id quod plerumque accidit". (Cassazione penale, sez. 2, 18/10/2006, n. 37208).

Invero, in tema di ricettazione, la prova del verificarsi del delitto che costituisce antecedente necessario di quello di ricettazione, non presuppone un giudiziale accertamento nè l’individuazione del responsabile, bastando che il fatto risulti "positivamente" al giudice chiamato a conoscere del reato di cui all’art. 648 c.p. (Cassazione penale, sez. 2, 12/03/1998, n. 3211).

Ne consegue la infondatezza dei motivi proposti in sede cautelare, atteso che il Tribunale del riesame ha motivato adeguatamente in ordine alla esistenza di gravi elementi indiziari a carico dell’imputato;

va sottolineato che lo stesso Tribunale del merito, nella sentenza del 13.05.2011, riconosce che la situazione probatoria esistente al momento del provvedimento cautelare (sequestro della sostanza stupefacente, rinvenimento del denaro, tenore delle conversazioni telefoniche intercettate) era indicativa della "necessità di svolgere approfondite indagini sulla provenienza di tale denaro" (pag. 4 sent. 13.05.2011) e che, in effetti, i gravi elementi indiziari emersi a carico del ricorrente S.M. (viene richiamata la conversazione telefonica nella quale M. parla con il fratello G. del ritrovamento del denaro e della "barzelletta" raccontata dalla madre B.M. per giustificarne la provenienza) lungi dall’essere ininfluenti, integrano a carico di S.M. il reato di favoreggiamento che, però, risulta non punibile in quanto commesso in favore di un prossimo congiunto (pag. 5 sent. 13.05.2011).

Consegue la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso proposti riguardo al quadro indiziario e infondate risultano anche le censure relative alla ricorrenza delle esigenze cautelari, atteso che sul punto il Tribunale ha evidenziato i concreti rischi di recidiva e di inquinamento delle prove, tratti dal tenore delle intercettazioni ambientali, nelle quali l’indagato risulta, per un verso, inserito in un contesto criminale (attraverso il riferimento ad un "capo") e, per altro verso, esprime la volontà di manipolare la prova riguardo alla provenienza del denaro.

Anche a tale riguardo il Tribunale ha compiuto una valutazione di puro fatto, in ordine al pericolo di recidiva e di inquinamento della prova che, si riflette anche sulla valutazione della idoneità della misura, ritenuta l’unica idonea ad impedire il mantenimento dei contati con l’ambiente crinale di provenienza, sicchè la motivazione impugnata risulta riferita a specifici rilievi fattuali e priva di illogicità evidenti. Le altre censure sono generiche e comunque assorbite.

Consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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