Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-09-2011) 11-10-2011, n. 36540 Impedimento legittimo a comparire

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Catania, con sentenza del 16.12.2004, dichiarava B.G. e BO.GI. responsabili di concorso nel delitto di truffa, ex artt. 110-640 c.p. e li condannava alla pena indicata in sentenza.

La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 10.12.2009, respingeva il gravame e confermava la decisione impugnata.

Ricorrono per cassazione gli imputati, deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c).

1)-Il ricorrente Bo.Gi. deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione del diritto di difesa, atteso che la Corte territoriale ha proceduto in sua contumacia nonostante l’omessa notifica del decreto di citazione;

all’uopo osserva che per la citazione in appello è stata tentata la notifica in (OMISSIS), ove la relata recita "sconosciuto", mentre il decreto andava recapitato nel luogo ove era stata effettuata la notifica della citazione per il primo grado, in (OMISSIS);

2)-il ricorrente B.G. lamenta la nullità della sentenza impugnata osservando che l’udienza dell’8.11.2009 era stata rinviata per legittimo impedimento dell’imputato a quella del 20.11.2009, senza dare comunicazione del rinvio all’interessato, procedendosi successivamente ed erroneamente alla dichiarazione di contumacia, in violazione del diritto di difesa;

3)-la sentenza impugnata sarebbe inoltre erronea per avere ritenuto il reato di truffa nonostante l’assenza di artifici e raggiri per indurre la sig.ra G. all’acquisto dell’automobile, la cui mancata consegna era stata causata solo da ritardi; al riguardo la sentenza aveva ignorato le dichiarazioni dei testi M. e G.;

-la Corte di appello aveva errato nel non inquadrare i fatti nell’ipotesi dell’appropriazione indebita, ex art. 641 c.p., essendosi limitato Bo.Gi. a dissimulare il proprio stato di insolvenza;

-in ogni caso, B.G. era estraneo alla vicenda ed era intervenuto solo su espressa richiesta della signora G.;

CHIEDONO l’annullamento della decisione impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso di Bo.Gi. è fondato e va accolto.

In effetti, la notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado è stata tentata inutilmente in (OMISSIS) e, dopo opportune indagini esperite di ufficio (vedi nota CC di Catania del 07.10.2003), effettivamente portata a buon fine in (OMISSIS) a mani della moglie – convivente – L.M., in data 15.10.2003;

per contro, la notifica della citazione per il secondo grado è stata nuovamente ed inutilmente tentata in (OMISSIS); agli atti vi è la relata negativa dell’Ufficio postale ma la Corte di appello ha proceduto ugualmente nel giudizio, dichiarando la contumacia di Bo.Gi., senza che in atti risulti altra regolare notifica al medesimo.

Vi è stata dunque un’insanabile violazione del diritto al contraddittorio riguardo a Bo.Gi. con conseguente nullità dell’intero giudizio di secondo grado e della sentenza impugnata.

Ricorre infatti la nullità assoluta prevista dall’art. 179 c.p.p. allorchè, come nel caso, la notificazione sia stata omessa.

(Cassazione penale, sez, un., 27/10/2004, n. 119).

Attesa la natura processuale della nullità, consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Catania per l’ulteriore corso.

Il ricorso proposto da B.G. è, invece, del tutto infondato.

Il medesimo lamenta, in primo luogo, l’omessa notifica dell’ordinanza di rinvio a seguito di un suo riconosciuto impedimento, ma il motivo trascura di considerare il principio affermato in sede di legittimità per il quale l’art. 420 ter c.p.p., comma 1, nella parte in cui prevede il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento a comparire dell’imputato, si riferisce anche all’imputato contumace che, a mezzo del suo difensore, esterni la sua volontà di comparire, per conseguire così la revoca dell’ordinanza dichiarativa della contumacia.

In tal caso, disposto il rinvio dell’udienza, non è necessario che il giudice disponga la notificazione all’imputato del rinvio, giacchè la lettura dell’ordinanza che fissa la nuova udienza fatta alla presenza del difensore che rappresenta l’imputato contumace sostituisce, ai sensi dell’art. 420 ter c.p.p., comma 4, la notificazione al medesimo prevista dal precedente comma 3; ciò perchè l’imputato contumace, dopo la dichiarazione di contumacia, è rappresentato dal suo difensore fino alla revoca della stessa (art. 420 quater c.p.p., comma 2). (Cassazione penale, sez. 3, 19/05/2006, n. 22048).

Nella specie B.G. era stato già dichiarato contumace nella precedente udienza del 12.01.2009 sicchè l’ordinanza di rinvio per suo impedimento, pronunciata all’udienza dell’8.11.2009, non gli andava notificata essendo egli rappresentato dal difensore di fiducia, presente.

Anche gli altri motivi sollevati nel merito risultano del tutto infondati; al riguardo il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione delle dichiarazioni dei testi, che risultano vagliate dalla Corte di appello, con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

In tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255.

La Corte territoriale ha evidenziato come nella specie emergano tutti gli estremi del reato contestato di truffa, atteso:

-che gli imputati hanno usato l’artificio di far credere esistente l’attività di vendita di autovetture, utilizzando una ditta – che ancorchè iscritta presso la Camera di Commercio – di fatto aveva cessato di esistere (pag. 3 motivaz.).

-che gli imputati si sono adoperati nei confronti della parte offesa "con una concorrente e sinergica condotta ….volta a procurarsi l’ingiusto profitto della somma complessivamente versata dalla G.";

-che era evidente la piena partecipazione di B.G. che aveva supportato la richiesta alla parte offesa di ulteriori acconti sul prezzo di una autovettura che però "non sarà mai consegnata".

La motivazione impugnata risulta ancorata a precisi dati fattuali ed immune da illogicità evidenti perchè coerente con le emergenze processuali, anche in relazione ad un’eventuale ipotesi di appropriazione indebita, implicitamente esclusa stante la precisa indicazione delle condotte fraudolente adottate dal ricorrente, proprie del delitto di truffa.

In realtà i motivi di ricorso sono sostanzialmente generici, perchè – a fronte della precisa motivazione impugnata – si limitano ad indicare una diversa interpretazione dei fatti, dimenticando che in tema di sindacato del vizio della motivazione la Corte di cassazione non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione di merito, nè può stabilire se questa propone la migliore ricostruzione delle vicende che hanno originato il giudizio, ma deve limitarsi a verificare se la giustificazione della scelta adottata in dispositivo sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. (Cassazione penale, sez. 2 21/09/2010. n. 36276).

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Bo.Gi. e dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Catania per l’ulteriore corso.

Dichiara inammissibile il ricorso di B.G. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2011

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