Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-03-2012, n. 4245 Prelazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ai fini che ancora rilevano nel presente giudizio, la domanda di riscatto agrario, rispetto a un fondo acquistato dai coniugi D. C.D.F. a Z.A.M., avanzata da M. C., quale coltivatore dello stesso fondo, veniva rigettata dal giudice di primo grado e ritenuta inammissibile, perchè nuova, dalla Corte di appello di Ancona.

In esito ad accoglimento del ricorso per cassazione presentato dal M., la Corte cassava la suddetta sentenza e rinviava alla Corte di appello di Bologna perchè provvedesse ad un nuovo esame della domanda di riscatto.

La Corte di appello di Bologna, decidendo in sede di rinvio, riteneva non sussistenti i presupposti per l’esercizio del riscatto (sentenza del 9 ottobre 2009).

2. Avverso la suddetta sentenza, M.R. – quale uno degli eredi di C., deceduto nelle more dei termini per l’impugnazione – propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria.

I coniugi D.C. resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale condizionato.

Motivi della decisione

1. La decisione ha per oggetto i ricorsi riuniti proposti avverso la stessa sentenza.

Il collegio ha disposto l’adozione di una motivazione semplificata.

1.1. E’ priva di fondamento l’eccezione di difetto di legittimazione attiva avanzata dai controricorrenti. Il ricorrente ha richiamato in ricorso e depositato, unitamente al ricorso, la documentazione attestante la propria legittimazione (certificato di morte del padre e attestazione della qualità di erede, insieme ad altri).

2. La Corte di merito ha preliminarmente rigettato la richiesta di prove testimoniali e consulenza tecnica, avanzata dal M., in ragione del carattere "chiuso" del giudizio di rinvio.

Quindi, ha ritenuto il mancato assolvimento dell’onere probatorio, a carico de retraente, in ordine alle condizioni per l’esercizio dell’azione di riscatto; tanto in base alla ragione che, al contrario di quanto sostenuto dal retraente, tali presupposti non potevano considerarsi pacifici, in quanto non contestati, atteso che, sulla base della giurisprudenza, possono ritenersi non contestati solo in presenza di una ammissione esplicita, o implicita attraverso l’esplicazione di una linea difensiva incompatibile, nella specie non sussistente.

3. Con il primo motivo di ricorso principale, prospettando la violazione degli artt. 394, 115 e 345 cod. proc. civ., si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto inammissibili le prove chieste nel giudizio di appello in sede di rinvio, deducendo l’assenza del carattere di novità di tali richieste, per essere state formulate in primo grado, ma disattese dal giudice.

3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, in riferimento all’art. 366 cod. proc. civ., n. 6.

Pur fondando la censura sulla avvenuta richiesta di prove nel pregresso giudizio di merito di primo grado, non indica, nè riproduce, l’atto /gli atti processuale/i in cui tale richiesta sarebbe stata avanzata (Sez. Un. 25 marzo 2010, n. 7161).

4. Con il secondo e terzo motivo del ricorso principale, strettamente connessi, il ricorrente – prospettando la violazione di molteplici norme ( L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, della L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7, artt. 61, 112, 115 e 167 cod. proc. civ., art. 2697 cod. civ.), unitamente a vizi motivazionali – sostiene che, erroneamente, la Corte di merito non ha ritenuto non contestate le condizioni dell’azione, atteso che gli acquirenti, in primo grado, non le hanno contestate, neppure genericamente, nella comparsa di risposta, e le hanno esplicitamente ammesse nella comparsa conclusionale.

4.1 Il motivo, anche prescindendo dalla contestuale denuncia di error in procedendo e vizi motivazionali, è inammissibile per mancanza di decisività.

Ammesso che quanto allegato dai ricorrenti rispetto alla non contestazione delle condizioni dell’azione da parte della controparte in primo grado potesse ritenersi come "non contestazione e ammissione esplicita", la circostanza non è decisiva ai fini della riforma della sentenza impugnata. Infatti il ricorrente non dice nulla sulla posizione processuale degli acquirenti in appello; mentre, nel controricorso si allega l’avvenuta contestazione in appello. Tale mancanza è, invece, decisiva perchè, sulla base del regime processuale applicabile alla causa, iniziata nel 1987 – quindi precedentemente alla riforma operata con L. 26 novembre 1990, n. 353 (a decorrere dal 30 aprile 1995) – gli acquirenti avrebbero potuto contestare ancora in appello la assenza dei requisiti.

Infatti, rispetto ai processi iniziati prima del 30 aprile 1995, costituisce principio consolidato quello secondo cui, i requisiti previsti dalla legge perchè possa trovare accoglimento una domanda di riscatto agrario costituiscono condizioni dell’azione (o fatti costitutivi del diritto) e devono essere accertati dal giudice d’ufficio. Il giudice d’appello ha detto potere solo se la questione non sia stata espressamente esaminata dal giudice di primo grado; se esercita detto potere, non incorre nel vizio di ultrapetizione, nè viola il giudicato interno; nel caso in cui la questione sia stata esaminata in primo grado, è onere della parte soccombente proporre specifici motivi d’appello, onde evitare la formazione del giudicato (esemplificativamente, si v. Cass. n. 3757 del 2007, in fattispecie di accoglimento della domanda; Cass. n. 4908 del 2003, in fattispecie di rigetto della domanda).

Ai fini della individuazione del thema probandum i suddetti principi si coniugano, nell’ambito di fattispecie cui sono applicabili (come nel nostro caso) le norme processuali precedenti la riforma introdotta con la L. n. 353 del 1990, con quello secondo cui, l’onere di fornire la prova dei requisiti prescritti per l’esercizio del diritto incombe al retraente, secondo il principio generale di cui all’art. 2697 c.c.; tale onere viene meno nell’ipotesi in cui l’esistenza dei fatti costitutivi del diritto azionato debba ritenersi ammessa, espressamente o implicitamente, dal convenuto (attraverso un’impostazione delle sue difese incompatibile con la negazione o contestazione della stessa), e non anche in presenza di un mero ritardo nella contestazione, configurandosi quest’ultima, sul piano processuale, non come eccezione in senso proprio, ma come mera deduzione difensiva, rilevabile d’ufficio, rientrando entro i confini del thema decidendum (Cass. n. 5253 del 2006).

5. Dalla inammissibilità del ricorso principale, deriva l’assorbimento del ricorso incidentale, espressamente condizionato.

6. Le spese processuali del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE pronunciando sui ricorsi riuniti, dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna M.R. al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *