Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-09-2011) 11-10-2011, n. 36538 Attenuanti comuni generiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

p. 1. Con sentenza del 29/06/2010, la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza pronunciata in data 11/04/2003 dal Tribunale della medesima città, così decideva:

– assolveva Z.D. dal delitto di rapina aggravata per non aver commesso il fatto e, riqualificato il fatto come ricettazione, lo condannava alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione ed Euro 600,00 di multa;

– rideterminava la pena per il delitto di cui all’art. 416 c.p. nei confronti di P.G. e L.M.G. in anni uno, mesi otto di reclusione. p. 2. Avverso la suddetta sentenza gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione. p. 2.1. Z. ha dedotto i seguenti motivi:

1. violazione dell’art. 649 c.p.p.: sostiene il ricorrente che, nonostante la stessa Corte territoriale avesse dato atto che, per lo stesso fatto, era stato promosso un autonomo procedimento penale presso il Tribunale di Catania – sezione distaccata di Mascalucia – che si era concluso con una condanna, sebbene non esecutiva, per ricettazione, ad anni due di reclusione ed Euro 1.000.00 di multa, la Corte aveva ugualmente ritenuto di procedere in spregio all’art. 649 c.p.p. in base al quale, anche alla luce della sentenza n. 34655/2005 delle SSUU, avrebbe dovuto, invece, una volta riqualificato il fatto come ricettazione, pronunciare sentenza di non procedibilità. 2. VIOLAZIONE DELL’ART. 157 C.P. per non avere la Corte dichiarato la prescrizione del reato di ricettazione. p. 2.2. P.G., con unico motivo, ha dedotto MANCANZA E MANIFESTA illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato associativo, non essendo stati indicati "episodi, prove di qualsiasi genere (testimonianze, intercettazioni ed altro) atte a dimostrare "al di là di ogni ragionevole dubbio" l’esistenza di un affectio nei confronti di una societas costituita allo scopo di commettere una serie indeterminata di reati". p. 2.3. L.M.G. ha dedotto i seguenti motivi:

1. mancanza di motivazione in ordine al ruolo svolto dal ricorrente all’interno dell’associazione e del motivo per cui non era applicabile l’attenuante di cui all’art. 114 c.p..

2. ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e rideterminazione della pena in senso più favorevole.

Motivi della decisione

p. 1. Z.. p. 1.1. violazione dell’art. 649 c.p.p.: la doglianza è fondata per le ragioni di seguito indicate.

In punto di fatto, va osservato che, come rilevato dal ricorrente, la Corte territoriale, dopo aver riqualificato il fatto di cui al capo a) dell’imputazione, come ricettazione, lo ha condannato per il suddetto reato, nonostante l’imputato, in data 13/11/2001, fosse già stato condannato per lo stesso fatto e lo stesso reato dal Tribunale di Catania, Sezione di Mascalucia (cfr sentenza prodotta). La Corte territoriale, in ordine all’eccezione di ne bis in idem ha osservato che "valuterà poi il giudice dell’esecuzione la possibilità di una declaratoria di ne bis in idem allorchè le due sentenze emessa a carico di Z. per il medesimo reato diverranno esecutive".

Sennonchè, come correttamente obiettato dal ricorrente, sul punto, soccorre il principio di diritto – statuito da questa Corte a Sezioni Unite, con sentenza del 28 giugno 2005, n. 34655, Donati, massima n. 231800 – secondo il quale "non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M.", con la conseguenza che "nel procedimento eventualmente duplicato (..), se l’azione penale sia stata esercitata, deve essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità". Opera, infatti, la "preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal Pubblico Ministero" che si configura nelle "situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale", laddove non trovano applicazione "le disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano, invece, applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente".

Di conseguenza, va disposto l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata, perchè l’azione penale non doveva essere esercitata, avendola il Pubblico Ministero già promossa e, pertanto, consumato il relativo potere. p. 1.2. violazione DELL’ART. 157 C.P.: la censura, nei termini in cui è stata dedotta, è manifestamente infondata atteso che la prescrizione (per i reati di cui al capo A2) è stata genericamente dedotta non avendo il ricorrente tenuto conto dei periodi di sospensione, fra cui quello per l’astensione degli avvocati dalle udienze, a seguito della quale l’udienza del 28/05/1999 fu rinviata al 3/11/2000 con conseguente sospensione di un anno, mesi cinque e giorni sei che, già di per sè, esclude la maturazione della causa estintiva. L’annullamento senza rinvio relativamente al solo reato di cui al capo A) della rubrica, comporta la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Catania per la rideterminazione della pena relativamente ai reati di cui ai capi A2) (solo porto e detenzione di armi: cfr sentenza impugnata nella parte relativa alla determinazione della pena) e A3) (il quale è passato in giudicato non essendo stata proposta avverso la condanna, alcuna doglianza). p. 2. P..

La censura, nei termini in cui è stata dedotta è manifestamente infondata.

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte territoriale, dopo aver descritto le modalità con le quali le truffe venivano perpetrate, in modo ampio, ha evidenziato i numerosi elementi di prova a carico dell’imputato definito (insieme a M. S., altro coimputato) l’ideatore e fondatore della struttura criminale che, avvalendosi di vari soggetti, ognuno dei quali era preposto a svolgere determinati compiti, aveva come finalità il compimento di truffò che, in effetti, vennero commesse in numero considerevole.

La censura, quindi, a fronte di un cospicuo compendio probatorio (intercettazioni telefoniche nonchè dichiarazioni confessorie degli stessi imputati: cfr sentenza impugnata), valutato in modo logico, coerente ed esaustivo, va ritenuta generica ed aspecifica. p. 3. L.M.. p. 3.1. mancanza di motivazione in ordine alla consapevolezza di partecipare ad un’associazione a delinquere: sul punto la Corte, dopo avere chiarito quale fosse il ruolo dell’imputato nella struttura criminale (autista per i trasporti della merce e collaboratore del L. e B. (altri coimputati) nel disbrigo delle pratiche bancarie) ha concluso – anche sulla base del contenuto delle intercettazioni telefoniche riportate nella sentenza di primo grado – che ognuno degli imputati (e, quindi, anche L.M.), proprio per la predisposizione dei mezzi adoperati e la natura dell’attività svolta (predisposta al compimento delle truffe) aveva "la consapevolezza di far parte del sodalizio criminoso con il proposito di partecipare alla realizzazione e attuazione del programma criminale". La suddetta motivazione, pertanto, essendo logica e coerente con gli evidenziati elementi fattuali, si sottrae alla generica censura riproposta in questo grado di giudizio. p. 3.2. Violazione dell’art. 114 c.p.: la doglianza è manifestamente infondata atteso che la suddetta attenuante non si applica nè alle ipotesi di concorso di persone ove i concorrenti siano più di cinque, (come nel caso di specie; combinato disposto art. 114 c.p., comma 2 e art. 112 c.p., n. 1), nè al reato associativo.

Infatti questa Corte ha ritenuto, che "la circostanza attenuante della minima partecipazione al fatto, di cui all’art. 114 cod. pen., non può trovare applicazione in relazione a fattispecie di partecipazione ad associazioni delinquenziali, consistendo la detta partecipazione nell’adesione del singolo al patto sociale, con il che si è al di fuori della figura del concorso di cui all’art. 110 cod. pen. e, conseguentemente, al di fuori della sfera di applicabilità della citata attenuante, posto che mediante quest’ultima è stata introdotta una correzione al principio generale della equivalenza delle cause e della unitarietà del reato concorsuale; principio in forza del quale l’apporto di ciascuno alla realizzazione dell’illecito è considerato ad un tempo atto proprio e comune a tutti i concorrenti, con l’implicazione di una tendenziale equivalenza anche sul piano sanzionatorio. Il giudice può pertanto valutare la portata concreta della partecipazione di ciascuno all’associazione, graduando conseguentemente la pena e riconoscendo, eventualmente, le attenuanti generiche, ma non può riconoscere l’esistenza di una circostanza legata alla disciplina del concorso nel reato laddove concorso non c’è": Cass. 8042/1992 Rv. 191300;

Cass. 29821/2001 Rv. 221210; Cass. 15086/2011 Rv. 249911. p. 3.3. violazione DEGLI ARTT. 62 bis E 133 C.P.: anche la suddetta doglianza è manifestamente infondata in quanto la Corte territoriale, fattasi carico della censura, l’ha disattesa in modo ampio, logico e coerente alla stregua degli evidenziati elementi di segno negativo caratterizzanti la condotta degli imputati (e, quindi anche del L.M.). Va, infine, dato atto che sul punto il ricorrente, nonostante lamenti la mancata verifica di elementi positivi, si è ben guardato dall’indicarli.

P.Q.M.

ANNULLA senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Z. D.C. limitatamente al delitto di ricettazione di cui al capo A) dell’imputazione come riqualificato dalla Corte di Appello di Catania, perchè l’azione penale non doveva essere esercitata;

DICHIARA Inammissibile nel resto il ricorso;

DISPONE la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Catania per la rideterminazione della pena relativa ai capi A2) e A3) del l’imputazione;

DICHIARA inammissibili i ricorsi di P.G. e L.M. G. che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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