Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-09-2011) 11-10-2011, n. 36535

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

p. 1. Con sentenza in data 24/03/2010, la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza pronunciata in data 30/01/2008 con la quale il Tribunale della medesima città aveva ritenuto P.R. responsabile del delitto di cui all’art. 648 c.p. per avere ricevuto o acquistato un assegno bancario provento di furto denunciato il 25/10/2000. p. 2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi (ribaditi ed ulteriormente illustrati con memoria difensiva):

1. CONTRADDITTORIETA’, ILLOGICITA’ E CARENZA DELLA motivazione:

sostiene il ricorrente di essere stato condannato in carenza di ogni riscontro oggettivo. Infatti, pur avendo evidenziato nei motivi di appello che mancava il riscontro della coincidenza della foto apposta sulla carta di identità con il volto della persona che aveva esibito il suddetto documento, la Corte aveva contraddittoriamente affermato, da una parte, che "i dati della carta corrispondevano al P., pregiudicato, e la foto era falsa" e, dall’altra, che si poteva "con certezza ascriversi la penale responsabilità del reato di ricettazione all’odierno appellante in quanto egli, proprio utilizzando una carta di identità dove la foto era la sua, aveva potuto trarre in inganno la parte lesa". Tuttavia, dell’affermazione della Corte non vi era traccia nelle testimonianze assunte nel corso del dibattimento in quanto la persona offesa, T.G., non solo non aveva mai riferito di avere visto la parte interna del documento e la fotografia ivi apposta, ma neppure le era mai stata mostrata, durante l’individuazione fotografica, la foto del P. apposta sul documento d’identità. L’individuazione fotografica, poi, non costituiva un serio indizio di colpevolezza essendo stata eseguito a tre mesi di distanza dal fatto.

2. violazione dell’art. 648 c.p. per non avere la Corte ritenuto l’ipotesi lieve di cui al comma 2. 3. violazione dell’art. 69 c.p. per non avere la Corte territoriale ritenuto la prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata recidiva.

Motivi della decisione

p. 1. CONTRADDITTORIETA’, ILLOGICITA’ E CARENZA DELLA motivazione: la censura è manifestamente infondata.

Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, la Corte ha preso in esame lo specifico motivo di appello e l’ha disatteso osservando che "la spendita dell’assegno rubato avveniva mediante consegna a T.I., addetta al negozio, in data 10 novembre 2000 mediante una carta di identità intestata a tale S.V. e millantando la conoscenza di carabinieri e compilando tutto l’assegno. Il Mar. M. riferiva che i dati della carta corrispondevano al P., pregiudicato, e la foto era falsa. La T. riconosceva in foto detto imputato che le si era presentato come S.. Ritiene questa Corte che possa con certezza ascriversi la penale responsabilità del reato di ricettazione all’odierno appellante in quanto egli, proprio utilizzando una carta di identità dove la foto era la sua, aveva potuto trarre in inganno la parte lesa".

La censura riproposta nel presente grado di giudizio è fuorviante rispetto alla ratio decidendi: infatti, come risulta dalla motivazione, letta cum grano salis, avvenne che l’imputato utilizzò una carta d’identità sulla quale era apposta (ovviamente) la sua foto ma con dati identificativi falsi essendo corrispondenti a quelli di tale S.: sul punto e cfr anche sentenza di primo grado che ricostruisce, in modo accurato, l’accaduto. Sulla base di tale dato fattuale nonchè alla stregua delle dichiarazioni del m.llo N. e della parte lesa T., la Corte territoriale è, quindi giunta a ritenere la colpevolezza del ricorrente.

Le censure, quindi, riproposte con il presente ricorso, vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva. p. 2. violazione dell’art. 648 c.p.: in ordine alla richiesta di ritenere l’ipotesi lieve, la Corte territoriale ha così motivato:

"II fatto reato non è di lieve entità, ove si consideri che l’autore ha dispiegalo una serie di comportamenti millantatori molto gravi, ivi compresa la falsificazione del documento e la pretesa qualità di Carabiniere con analoghe conoscenze".

La suddetta motivazione deve ritenersi incensurabile essendo stati evidenziati numerosi elementi fattuali tali da far ritenere, appunto, il fatto – complessivamente considerato – di non particolare tenuità alla stregua di quanto ritenuto dalla sentenza delle SSUU n 35535/2007 Rv. 236914 secondo la quale "in tema di delitto di ricettazione, ai fini della sussistenza della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, non rileva solo il valore economico della cosa ricettata, ma anche il complesso dei danni patrimoniali oggettivamente cagionati alla persona offesa dal reato come conseguenza diretta del fatto illecito e perciò ad esso riconducibili, la cui consistenza va apprezzata in termini oggettivi e nella globalità degli effetti". p. 3. violazione dell’art. 69 c.p.: anche la suddetta censura è manifestamente infondata atteso che la motivazione addotta dalla Corte territoriale ("La equivalenza delle attenuanti generiche a una chiara recidiva è fin troppo equanime nei confronti di un imputato, gravato da precedenti penali, e la pena è del tutto equa e proporzionata all’accertata responsabilità") è logica e coerente con gli evidenziati dati fattuali e, quindi, incensurabile in questa sede di legittimità. p. 4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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