Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-03-2012, n. 4239 Recesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.A. e H.L.C.E. convennero, davanti al tribunale di Cagliari, la Fiditalia spa e la ISA srl chiedendo l’accertamento della invalidità e/o inesistenza o inefficacia del contratto concluso con la ISA srl e di quello ritenuto collegato, concluso con Fiditalia spa, nonchè la condanna al rimborso, in favore della H., delle somme pagate alle due società per i rispettivi titoli.

Il tribunale, con sentenza del 23.6.2006, rigettò la domanda.

Ad eguale conclusione pervenne la Corte d’Appello che, con sentenza del 14.1.2010, rigettò l’impugnazione proposta dal L. e dalla H..

Questi ultimi hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi illustrati da memoria.

Resistono con controricorso Fiditalia spa ed ISA srl in liquidazione, che ha anche presentato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (questione del modulo contrattuale).

Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (comportamento delle parti successivo alla stipula del contratto).

Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1411, 1321 e 1326 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1411, 1321, 1326 e 1350 c.c., in relazione all’art. 10 Condizioni Generali del contratto CEPU e D.Lgs. n. 50 del 1992, art. 6. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (questione del recesso del L.).

Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (sul contratto di finanziamento collegato a quello CEPU).

Le censure proposte con i detti motivi, in realtà, al di là delle pretese violazioni di norme di diritto e di vizi motivazionali, si risolvono nella prospettazione di una diversa analisi del merito della causa ed in una critica dell’apprezzamento delle risultanze probatorie, come operato dal Giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se, come nella specie, sorretto da motivazione adeguata ed immune da errori di diritto o da vizi logici.

Il sindacato di legittimità sul punto – deve ripetersi – è limitato al riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esauriente motivazione, che consenta di individuare le ragioni della decisione ed il percorso argomentativo seguito dal giudice del merito.

I ricorrenti, in sostanza, prospettano una diversa lettura del quadro probatorio – in particolare del modulo contrattuale "CE n. 665" sottoscritto dalla ricorrente H., ma l’interpretazione e la valutazione delle risultanze probatorie sono affidate al Giudice del merito e costituiscono un insindacabile accertamento di fatto.

La sentenza impugnata – è principio di diritto perfino ovvio da ripetersi – non è suscettibile di cassazione per il solo fatto che gli elementi considerati dal Giudice del merito siano, secondo l’opinione dei ricorrenti, tali da consentire una diversa valutazione, conforme alla tesi dagli stessi sostenuta.

Nel caso in esame, i supposti vizi di motivazione e le dedotte violazioni di legge non sussistono.

La sentenza impugnata è corretta e si sottrae alle critiche di cui è stata oggetto, e che presuppongono una ricostruzione dei fatti di causa diversa da quella – condivisibile – effettuata dal Giudice di secondo grado.

In particolare, dopo avere esaminato puntualmente il modulo contrattuale in oggetto, la Corte di merito è pervenuta alla conclusione che dallo stesso testo contrattuale risultava "che la H. era beneficiarla della prestazione, ma anche tenuta personalmente ai conseguenti obblighi contrattuali nei confronti della ISA s.r.l. e, sotto tale aspetto era, dunque, anche "cliente".

La stessa Corte ha ulteriormente sottolineato che "il fatto che il modulo utilizzato fosse stato impostato per l’ipotesi di scissione delle due posizioni (come chiarito dalla difesa di controparte sovente sono "clienti" i genitori e "beneficiari" i figli) non impedisce di ritenere che, di fatto, le parti abbiano concluso e firmato un accordo diverso, come si deduce da un lato per il fatto che la H. ha sottoscritto nelle due vesti e dall’altro dalla mancanza della sottoscrizione di colui che avrebbe dovuto essere, eventualmente, il "cliente" (stipulante" ex art. 1411 c.c., secondo la prospettazione degli appellanti), ovvero il L. che non risulta essere stato neppure presente alle trattative".

Trattasi di motivazione corretta, condotta sulla base del testo letterale del documento contrattuale, come tale incensurabile, in questa sede.

Neppure condivisibile appare la censura relativa al comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto, posto che, da un lato – come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata – l’esame di questo ulteriore profilo dei canoni di ermeneutica contrattuale non era neppure necessitato a fronte delle conclusioni raggiunte in ordine al primo, relativo al tenore testuale del documento contrattuale e, dall’altro, nessun rilievo potevano rivestire le missive in data 30.7.2001 e 13.12.2001 tendenti entrambe a conseguire, con il recesso dal contratto concluso, la restituzione delle somme versate.

Nè, sotto quest’ultimo profilo, è condivisibile la censura relativa alla missiva ISA del 19.11.2001, la cui intestazione non acquista alcun rilievo nell’economia argomentativa che ha condotto la stessa Corte di merito – con una convincente e corretta motivazione – a ritenerla priva di rilevanza; così come ad eguale conclusione deve giungersi con riferimento alla successiva missiva del 15.3.2002, i cui profili debbono ritenersi già assorbiti nelle considerazioni rese in ordine alla precedente.

Quanto alle censure relative al supposto contratto a favore di terzo, sussistente – secondo la tesi dei ricorrenti – nella specie, deve rilevarsi che la stessa tesi – oltre ad essere stata negata dal giudice di merito – è contraddittoria rispetto alle precedenti difese degli stessi ricorrenti che, da un lato, affidano le censure avanzate alla mancata sottoscrizione da parte del L. – che giustificherebbe la ritenuta invalidità del contratto – e, dall’altro ritengono, sulla base del contratto a favore di terzi ex art. 1411 c.c., che non sarebbe stata necessaria la redazione del contratto concluso in forma scritta.

D’altra parte, per la configurabilità di un contratto a favore di terzi, non è sufficiente che il terzo riceva un vantaggio economico indiretto dal contratto intervenuto tra altri soggetti, ma è necessario che questi ultimi abbiano inteso direttamente attribuirglielo, nel senso che i soggetti stessi, nella qualità di contraenti, abbiano previsto e voluto una prestazione a favore di un terzo estraneo al contratto, come elemento del sinallagma (v. Cass. 19.8.1997 n. 7693); ciò che nella specie, in ogni caso, non risulta minimamente provato.

Quanto all’invocato collegamento negoziale – oggetto del quinto motivo – da un lato, deve sottolinearsi una carenza di interesse al suo esame in considerazione delle conclusioni raggiunte in ordine al contratto I.S.A. srl ed alla sua piena validità; dall’altro deve rilevarsene la sua infondatezza.

La Corte di merito, infatti, con motivazione puntuale e condivisibile, ha escluso che il L. potesse essere considerato parte del contratto sottoscritto dalla sola H., ritenendo, invece, che "… per il resto è evidente, invece, che egli, avendo sottoscritto il contratto di finanziamento, in relazione a quel contratto ha assunto specifici e diretti obblighi verso la Fiditalia s.p.a.".

Il L., infatti, – circostanza questa pacifica – come correttamente argomentato nella sentenza impugnata – se anche non poteva essere considerato parte del contratto con I.S.A. s.r.l., ha concluso un valido contratto di finanziamento con Fiditalia s.p.a., avente ad oggetto l’acquisto di servizi CEPU, e come tale era tenuto al rispetto delle obbligazioni dallo stesso contratto di finanziamento nascenti.

Gli ulteriori profili di censura restano assorbiti. Conclusivamente, il ricorso è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico solidale dei ricorrenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese che liquida in favore di ISA srl in liquidazione in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per spese; ed in favore di Fiditalia spa in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per spese; il tutto oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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