Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-03-2012, n. 4236 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 27 gennaio 2005 n. 1656 questa Corte nei procedimenti riuniti intestati da Ma.St., M.M. L. e N.S. (o N., come indicato altrove negli atti) e dal Seminario Vescovile di Todi nonchè da M.B. e B.T. accoglieva in parte i ricorsi proposti nei confronti della Regione Umbria, e rinviava alla Corte di appello di Roma.

Nell’occasione, la Corte:

a) dichiarava inammissibile e rigettava il ricorso proposto dai Ma. e dal N. per mancata specificazione dei motivi;

b) statuiva che in base alla normativa vigente il giudice del rinvio doveva accertare la responsabilità della Regione Umbria, che aveva rilasciato le autorizzazioni all’esercizio della Mostra-mercato dell’antiquariato di Todi, durante la cui effettuazione sì era verificato un incendio in cui vi erano state delle vittime, accogliendo il secondo motivo dei ricorsi proposti da M. B. e, B.T. e dal Seminario vescovile.

Riassumevano il giudizio nei confronti della Regione Umbria il Seminario e M.B. e B.T..

Nel giudizio intervenivano Ma.St., e N.S., in proprio e quale erede di Ma.Ma.Lu., proponendo le stesse conclusioni delle parti in riassunzione.

Con sentenza del 5 ottobre 2009 la Corte territoriale dichiarava:

a) inammissibili le domande proposte dal N. in proprio e quale erede di M. L. Ma. e da Ma.St.;

b) rigettava le impugnazioni proposte da M.B. e dal Seminario Vescovile e condannava la Regione Umbria in solido con i soggetti già condannati nei precedenti gradi al risarcimento dei danni a favore di B.T. che liquidava complessivamente in Euro 380.548, 30 compensando tra le parti integralmente le spese dei gradi del giudizio. Avverso siffatta decisione propongono distinti ricorsi per cassazione il Seminario Vescovile di Todi, affidandosi a quattro motivi, nonchè M.B. e B. T., affidandosi a cinque motivi, di cui uno – il quinto – proposto dalla sola B.T..

A questi ricorsi resiste la Regione Umbria che propone, a sua volta, ricorsi incidentali, affidandosi negli stessi ad un unico articolato motivo. Le parti costituite hanno depositato rispettive memorie.

Motivi della decisione

La Corte ai sensi dell’art. 335 c.p.c., riunisce i ricorsi incardinati con n. 9326/10 e n. 9328/10.

Nell’esaminare i due ricorsi, proposti rispettivamente dal Seminario e da M.B. e B.T., il Collegio osserva quanto segue.

La Corte di cassazione con sent. n. 1656/05 aveva cassato la sentenza della Corte di appello di Perugia del 3 aprile 2002 e aveva rinviato alla Corte di appello di Roma perchè il giudice dell’appello "non ha tenuto conto che l’attività della Regione, in materia di mostre e mercati, è assai più penetrante di quanto ritenuto, sicchè l’omesso controllo delle strutture e dei servizi della Mostra di Todi si poteva risolvere in "fatto" – per dirla con l’art. 2043 cod. civ. – potenzialmente fonte di responsabilità civile, in relazione agli eventi dannosi che gli attori avevano lamentato.

Sotto questo profilo, la decisione adottata doveva essere resa alla luce del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 50 e 51, in base ai quali doveva essere condotto l’accertamento della posizione della Regione Umbria, che aveva rilasciato le autorizzazioni all’esercizio della Mostra mercato nazionale dell’ antiquariato.

In questo senso il capo della decisione censurato con il secondo motivo del ricorso che si sta esaminando deve essere cassato con rinvio alla Corte di appello di Roma".

In tali termini, questa Corte accoglieva anche il secondo motivo del ricorso proposto dal Seminario vescovile (p.17-18 della sentenza rescindente).

Veniva, così delimitato l’ambito del giudizio alla sola questione "responsabilità" della Regione, precludendosi ogni altra indagine sulla completezza o meno della istruttoria o sulle istanze istruttorie proposte durante la prima fase del giudizio.

2.-Ciò posto in rilievo, osserva il Collegio che punto centrale dei ricorsi riuniti è costituito dalla censura, secondo la quale il giudice del rinvio avrebbe violato gli artt. 384 e 394 c.p.c., sotto un triplice aspetto – primo motivo dei ricorsi.

Infatti, assumono i ricorrenti che la Corte di Cassazione aveva delimitato l’ambito del giudizio rescissorio alla sola questione di responsabilità della Regione, precludendo qualsiasi indagine anche sulla completezza o meno della istruttoria o sulle istanze istruttorie proposte durante la prima fase del giudizio di merito solo si consideri, ad avviso dei ricorrenti, che la sentenza appellata in precedenza si riferiva alla pronuncia non definitiva.

Ed, infine, il giudice del rinvio avrebbe deciso in contrasto con il giudicato interno formatosi subito dopo la sentenza del Tribunale di Perugia, che aveva disposto per il prosieguo del giudizio per determinare l’entità dei danni da risarcire e nessuna delle parti l’aveva impugnata sul punto.

L’effetto sarebbe che la Corte territoriale non poteva rigettare le domande, affermando, invece, che gli attori avrebbero potuto proporre istanze istruttorie con le conclusioni avanti al Tribunale.

In altri termini, la Corte di appello di Roma avrebbe dovuto limitarsi a decidere se la Regione Umbria fosse o meno stata responsabile dei danni cagionati dall’incendio sviluppatosi il 25 aprile 1992 all’interno del Palazzo del (OMISSIS), di proprietà del Seminario vescovile, che provocò la morte di trentacinque persone, lesioni gravissime ad altre e danneggiamento all’edificio.

3.-La censura va accolta per quanto di ragione.

Infatti, la sentenza della Corte perugina, cassata in parte qua era una sentenza non definitiva, perchè emessa a seguito della sentenza non definitiva del Tribunale di Perugia del 3 gennaio 1997, che aveva deciso sull’an in relazione ad alcuni soggetti, ma aveva disconosciuto ogni responsabilità in capo alla Regione Umbria e che aveva con ordinanza disposto " per il prosieguo".

Ciò posto, non è contestato tra le parti che il Tribunale avesse sospeso il giudizio in attesa della definizione della sentenza non definitiva (v. p. 11 e p. 12 dei ricorsi).

Il giudice del rinvio,quindi, per come delimitato l’ambito del suo intervento da questa Corte con la sentenza rescindente, non poteva procedere anche al "merito" della vertenza, definendo la controversia "sulla base degli atti di causa" (p.9 sentenza impugnata).

Infatti, va affermato il principio: "a seguito della cassazione della sentenza con cui il giudice del merito ha limitato la pronuncia alla condanna generica e disposto – con separata ordinanza – che il procedimento continui per l’ulteriore istruttoria riguardante la eventuale liquidazione del danno. il giudice del rinvio può pronunciarsi solo su quei punti della controversia che siano inscindibilmente collegati e dipendenti dalle parti cassate (e non anche, pertanto, sul quantum dei danni).

Nella specie, la sentenza di appello della Corte perugina non riguardava affatto una espletata istruttoria della vertenza, ma – per quel che interessa in questa sede – solo l’esclusione di ogni responsabilità in capo alla Regione Umbria ed era una sentenza di appello impugnata dagli interessati su tale esclusione statuita dal Tribunale.

Ne consegue che la Corte di appello ha violato gli artt. 384 e 394 c.p.c. e, quindi, vanno accolti il primo motivo del ricorso del Seminario e il primo motivo del ricorso M. – Ba., restando, assorbiti tutti gli altri presenti nei due ricorsi sopra indicati.

Per l’effetto la sentenza impugnata va cassata senza rinvio nella parte, in cui, da un lato, ha condannato la Regione Umbria al risarcimento dei danni in favore di B.T. dall’altro, ha rigettato la domanda di danni proposta dal Seminario.

Non può trovare accoglimento – integrando una domanda nuova, mai proposta in sede di merito e facendone, comunque,difetto i presupposti di legge – l’istanza della B. (quinto motivo del ricorso proposto solo dalla stessa – p. 18 ricorso M. – B.) perchè le somme già attribuite dalla sentenza dei giudici di rinvio, ora cassata, siano riconosciute spettare a titolo di provvisionale ex art. 278 cod. proc. civ., u.c..

4.-I ricorsi incidentali della Regione Umbria, invece, vanno respinti, nei termini di seguito indicati. Infatti, l’unico motivo del ricorso incidentale contenuto nei controricorsi, propone due questioni diverse.

Da una parte attiene a questione decisa dal giudice del rinvio sulla base ed in ossequio al dictum di questa Corte, allorchè ridiscute della carenza di responsabilità della Regione, e sotto tale profilo è da respingere, dall’altra nella parte in cui pone in discussione la liquidazione del danno in favore della B. è assorbito dall’accoglimento del primo motivo dei ricorsi riuniti.

La complessità della vicenda circa la individuazione della responsabilità della Regione Umbria, che ha trovato alterno esito nelle fasi di merito giustifica, ad avviso del Collegio, la compensazione integrale tra le parti delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, accoglie il primo motivo degli stessi, assorbiti tutti gli altri e, per l’effetto, in relazione al motivo accolto, cassa senza rinvio la impugnata sentenza; rigetta nei sensi di cui in motivazione i ricorsi incidentali della Regione Umbria; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *