T.A.R. Sicilia Palermo Sez. I, Sent., 10-11-2011, n. 2022 Armi da fuoco e da sparo Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, notificato il 21 agosto 2008 e depositato il 17 settembre successivo, il signor M.R. ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali il Prefetto e il Questore di Agrigento hanno, rispettivamente, disposto il divieto di detenzione armi e munizioni e la revoca della licenza di porto di fucile uso caccia allo stesso intestata.

Tali provvedimenti sono stati motivati con riferimento alla segnalazione dello stesso per violazione dell’art. 75 del DPR 309/1990 e per la frequentazione di pregiudicati.

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, di tali provvedimenti per il seguente unico articolato motivo:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 43 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.). Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 per insufficiente e contraddittoria motivazione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto del presupposto, erroneità ed arbitrarietà.

Sussisterebbe carenza di istruttoria e di motivazione.

Per le Amministrazioni intimate si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato.

Con ordinanza n. 1111 del 7 ottobre 2008, l’istanza cautelare è stata rigettata.

Con memoria depositata in vista della udienza, il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2011, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il gravame è stato posto in decisione.

Motivi della decisione

La controversia ha ad oggetto il divieto di detenzione armi e munizioni adottato dalla Prefettura di Agrigento e la revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia disposto dalla Questura di Agrigento.

Tali atti sono stati adottati nei confronti del ricorrente e motivati con riferimento alla frequentazione di persone controindicate ed alla segnalazione dello stesso per violazione dell’art. 75 del DPR n. 309/1990.

Con unico articolato motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 43 del TULPS, nonché il difetto di motivazione ed istruttoria.

Orbene, l’art. 11 del RD 18 giugno 1931, n. 773 (c.d. TULPS) prevede che le autorizzazioni di polizia devono essere negate, oltre che negli specifici casi indicati, anche "a chi non può provare la sua buona condotta" e che le stesse devono essere revocate quando vengono a mancare i requisiti previsti per il loro rilascio, nonché "vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell’autorizzazione".

Il successivo art. 39 prevede che il Prefetto ha la facoltà di vietare la detenzione delle armi "alle persone ritenute capaci di abusarne", mentre l’art. 42 statuisce che il Prefetto ha la facoltà di concedere, in caso di dimostrato bisogno, licenza di portare rivoltelle o pistole di qualunque misura.

Infine, l’art. 43 prevede, oltre alle generali ipotesi comportanti il diniego di rilascio o di rinnovo delle autorizzazioni di Pubblica Sicurezza di cui all’art. 11, ulteriori specifiche ipotesi indicate al comma 1, nonché, al comma 2 che "la licenza può essere ricusata… a chi non da affidamento di non abusare delle armi".

Invero, secondo un consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che il rilascio della licenza a portare le armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia, che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva, la quale già fa parte della sfera del privato, ma assume contenuto permissivo in deroga al generale divieto di portare armi sancito dall’art. 699 c. p. e dall’art. 4, comma 1, della l. n. 110/1975, cosicché, in tale quadro normativo, il controllo effettuato al riguardo dall’autorità di pubblica sicurezza viene ad assumere connotazioni particolarmente pregnanti e severe, essendo la stessa titolare di un ampio potere discrezionale di valutazione in ordine alla affidabilità del soggetto di non abusare delle armi (in tal senso, ex plurimis, Consiglio di Stato, VI, 22 maggio 2008, n. 2450, C.G.A., sez. giur., 28 gennaio 2003, n. 35; TAR Calabria Catanzaro, I, 4 maggio 2004, n. 1007; TAR Lombardia Milano, III, 28 aprile 2004, n. 1531).

Ne deriva: sotto un primo profilo, che l’Amministrazione di P.S. è tenuta ad indicare gli aspetti concreti, che fungono da presupposti per la formulazione di un giudizio di non affidabilità, evidenziando, con motivazione adeguata, le ragioni che consentono di pervenire, proprio sulla base degli aspetti indicati, ad un giudizio (attuale e prognostico) di segno negativo in ordine alla affidabilità del richiedente la licenza (o il suo rinnovo) (vedi TAR Campania Napoli, V, 2 marzo 2009, n. 1185); sotto un secondo profilo, che tale giudizio largamente discrezionale non può essere sindacato se non sotto il profilo del rispetto dei canoni di ragionevolezza e della coerenza o del travisamento dei fatti (TAR Liguria Genova, II, 14 febbraio 2008, n. 253).

Nella specie, come emerge dalla documentazione versata in atti, il giudizio negativo è stato fondato sui seguenti elementi:

– segnalazione, in data 30 settembre 1998, per la violazione dell’art. 75 della l. n. 309/1990 (uso di sostanze stupefacenti);

– notifica, in data 8 maggio 2000, del decreto prefettizio di intimazione a non fare uso di sostanze stupefacenti o psicotrope;

– identificazione: in data 13 dicembre 2004, con soggetto segnalato per rifiuto dell’accertamento del tasso alcolemico nella guida e per guida sotto l’influenza dell’alcool; in data 14 luglio 2003 e in data 3 luglio 2001, con soggetto "positivo" per calunnia, falsità ideologica commessa da privato e porto abusivo d’armi.

Trattasi, a ben vedere, di elementi, che cumulativamente considerati sono stati non irragionevolmente ritenuti indicativi di una situazione di non piena affidabilità nell’uso delle armi, con la conseguenza che va ritenuto insussistente il dedotto difetto di istruttoria e motivazione.

Concludendo, per le ragioni suesposte, il ricorso è infondato e va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Pone a carico della parte soccombente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori, se e in quanto dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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